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Designare Antifa come un’organizzazione terroristica? Implicazioni legali, strategiche e politiche

di Andrea Molle dagli Stati Uniti

La recente decisione dell’amministrazione Trump di designare Antifa come organizzazione terroristica solleva DIVERSI interrogativi sull’uso degli strumenti dell’antiterrorismo nel contesto domestico. A differenza di gruppi stranieri tradizionalmente soggetti a tale designazione, Antifa non costituisce un’entità strutturata, provvista di un minimo livello di leadership centralizzata, di un’appartenenza ben definita o di un apparato finanziario coerente. È più appropriato descriverla come un movimento sociale decentralizzato, contraddistinto da un’auto-proclamata ideologia antifascista, da reti locali e da un repertorio eterogeneo di pratiche che spaziano da forme di protesta pacifica fino a modalità di confronto violento. Questa ambiguità strutturale è al centro delle sfide e delle controversie legate alla sua designazione.

Antifa non è un’organizzazione strutturata ma piuttosto un movimento sociale decentralizzato contraddistinto da un’auto-proclamata ideologia antifascista, da reti locali e da un repertorio eterogeneo di pratiche che spaziano da forme di protesta pacifica fino a modalità di confronto violento.

Dal punto di vista legale, la decisione si muove su un terreno controverso. Il quadro legislativo federale conferisce chiaramente l’autorità per designare organizzazioni terroristiche straniere ai sensi della Sezione 219 dell’Immigration and Nationality Act. Non esiste invece un quadro normativo del tutto equivalente sul versante domestico, anche se sia l’amministrazione Obama che quella Biden, hanno considerato il terrorismo interno una priorità fondamentale per la sicurezza nazionale. La National Strategy for Counterterrorism del 2011 dell’amministrazione Obama riconosceva esplicitamente la potenziale minaccia della violenza ideologicamente motivata all’interno degli Stati Uniti, pur evitando di proporre un quadro formale per tale designazione. Piuttosto, privilegiava l’impegno comunitario e le iniziative di contrasto alla radicalizzazione. L’amministrazione Biden, a sua volta, nel 2021 ha pubblicato la prima National Strategy for Countering Domestic Terrorism, che individuava l’estremismo violento a motivazione razziale o etnica, così come i movimenti anti-governativi e anarchici, come sfide urgenti. Quel documento destinava risorse al miglioramento della condivisione di intelligence, al coordinamento tra forze dell’ordine e ai programmi di prevenzione ma -aspetto cruciale- ribadiva che la legge statunitense vigente non prevede alcun meccanismo per designare gruppi domestici come organizzazioni terroristiche nello stesso modo in cui le entità straniere possono essere inserite nella lista, ai sensi della Sezione 219 dell’Immigration and Nationality Act. Questa continuità evidenzia il gap strutturale: amministrazioni di entrambi i partiti hanno riconosciuto la rilevanza della violenza estremista interna ma non hanno cercato di creare un quadro legale per tale designazione, in gran parte a causa di vincoli costituzionali e politici.

Applicare la designazione di “organizzazione terroristica” a un movimento informale interno implicherebbe probabilmente il fatto di dover ampiamente reinterpretare statuti già esistenti, come quelli relativi al sostegno materiale o alla cospirazione. Il Primo Emendamento limita fortemente la portata dell’azione governativa in quest’area: l’espressione di opinioni politiche, anche radicali o offensive, è protetta. Per reggere sul piano giudiziario, le accuse dovrebbero dimostrare un coinvolgimento concreto in atti di violenza o la fornitura di assistenza materiale ad attività illegali. Questa soglia probatoria elevata limita l’applicabilità pratica della designazione.

Sul piano strategico, la designazione offre comunque alcuni vantaggi. Invia un segnale di deterrenza, sia ai partecipanti sia a chi valuta un sostegno finanziario o logistico. Espande la gamma di strumenti investigativi a disposizione delle forze dell’ordine, tra cui un’autorità di sorveglianza ampliata e la possibilità di perseguire canali di finanziamento. Fornisce inoltre una vittoria simbolica a quei decisori politici che intendono dimostrare fermezza contro la violenza politica.

Allo stesso tempo, l’approccio comporta diversi rischi. Poiché Antifa manca di coesione organizzativa, la designazione potrebbe rivelarsi più simbolica che operativa. Eventuali procedimenti basati sulle leggi antiterrorismo rischiano di incontrare ostacoli costituzionali e di generare precedenti controversi. L’applicazione estesa dell’etichetta terroristica a un movimento che include anche attività di protesta legittime rischia di raffreddare il dissenso legittimo ed espandere la sorveglianza statale in modi difficili da contenere. Esiste inoltre un costo strategico di disallineamento: dare priorità ad Antifa potrebbe distogliere risorse dall’affrontare altre minacce statisticamente più significative.


Poiché Antifa manca di coesione organizzativa, la designazione potrebbe rivelarsi più simbolica che operativa.
L’applicazione estesa dell’etichetta terroristica a un movimento che include anche attività di protesta legittime rischia di raffreddare il dissenso legittimo ed espandere la sorveglianza statale in modi difficili da contenere.

Le implicazioni di policy si estendono anche agli ambienti digitali. Espressioni online di simpatia o identificazione con Antifa potrebbero, a seconda della discrezionalità dei procuratori, essere interpretate come “sostegno materiale”. Anche se i tribunali finissero per restringere la definizione, la percezione del rischio potrebbe scoraggiare individui dall’esercitare un diritto legittimo, producendo un effetto dissuasivo incompatibile con le norme democratiche. Questa dinamica evidenzia la tensione tra obiettivi di controterrorismo e protezione delle libertà civili quando strumenti concepiti per minacce estere vengono applicati al contesto interno.

Questa dinamica evidenzia la tensione tra obiettivi di controterrorismo e protezione delle libertà civili quando strumenti concepiti per minacce estere vengono applicati al contesto interno

In sintesi, dichiarare Antifa un’organizzazione terroristica mette in luce le difficoltà di adattare i quadri normativi antiterrorismo a movimenti diffusi, basati su reti e radicati all’interno di società democratiche. La policy potrà produrre benefici simbolici e in termini di deterrenza, ma si scontra con ostacoli giuridici, operativi e normativi rilevanti. L’impatto a lungo termine sarà determinato dall’interpretazione giuridica, dalle modalità di applicazione delle norme e dal fatto che questa misura riesca a contenere la violenza o finisca per accentuare la polarizzazione e compromettere le garanzie costituzionali.




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