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Come i russi aggirano la severa censura governativa su Internet

di Marco Cochi

La VPN è una “rete privata virtuale” (Virtual Private Network), che grazie a un particolare sistema chiamato tunneling, permette di rendere invisibili le proprie attività in rete a occhi indiscreti e di mascherare l’indirizzo IP da cui si accede a Internet bypassando, quindi, i blocchi regionali imposti da alcuni siti Internet.

Il canale di comunicazione riservatoprotegge il traffico di dati e informazioni personali da attacchi esterni, criminalità informatica e sistemi poco chiari; oltre a consentire di aggirare la censura degli organi governativi. Ed è per questo che dopo l’invasione dell’Ucraina, milioni di russi si stanno rivolgendo alle reti private virtuali per aggirare la stretta su Internet imposta dal governo.

Secondo i dati, le prime 10 app VPN nell’App Store di Apple e nel Google Play Store in Russia hanno catalizzato quasi 6 milioni di download. I dati diffusi a riguardo da SensorTower per CNBC sono inequivocabili: nel periodo compreso tra il 24 febbraio e l’8 marzo, in Russia le prime 10 app VPN nell’App Store di Apple e nel Google Play Store hanno registrato quasi 6 milioni di download. Un aumento del 1.500% rispetto alle prime 10 app VPN scaricate nei 13 giorni precedenti al 24 febbraio, giorno in cui il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di invadere l’Ucraina.

L’esponenziale incremento dei download delle VPN evidenzia che molti russi non si accontentano della semplice propaganda di regime e bypassando i controlli cercano di avere informazioni più affidabili su ciò che sta realmente accadendo sul fronte di guerra.

Il web in Russia è soggetto da anni a una stretta censura, anche se prima dello scoppio del conflitto tutte le principali piattaforme occidentali come Facebook, Twitter e Google erano  liberamente accessibili, a differenza della Cina dove sono completamente oscurate. Tuttavia, in Russia, i tre giganti dei social media hanno sempre operato sotto la minaccia di blocchi, nel caso della pubblicazione di contenuti critici nei confronti del Cremlino.

Il controllo è diventato più serrato a partire dal primo maggio 2019, quando Putin ha promulgato la legge sulla sovranità digitale, che ha conferito alle autorità di Mosca ampi poteri per cercare di isolare RuNet dal resto del mondo. Un controverso provvedimento indubbiamente teso a limitare l’autonomia della società russa, introdotto sotto l’altisonante denominazione di “Programma nazionale di economia digitale” o legge dell’“internet sovranista”, come è stata ribattezzata da alcune testate italiane.

La misura ha permesso a Roskomnadzor, l’agenzia statale russa a supervisione delle telecomunicazioni, di assumere il controllo di internet, gestendone tutti i contenuti con la motivazione ufficiale di proteggere RuNet da attacchi informatici.

Tra i motivi che hanno spinto il governo di Mosca a operare questo giro di vite sulla rete c’è anche l’Euromaidan, la serie di violente manifestazioni pro-europeiste, iniziate in Ucraina nella notte tra il 21 e il 22 novembre 2013, che secondo i russi erano state sobillate da settori oltranzisti del governo di Washington. In realtà, le imponenti mobilitazioni fecero seguito alla decisione del governo del presidente filorusso Viktor Yanukovich di sospendere le trattative per la conclusione di un accordo di associazione con l’Unione europea.

Nonostante la durissima repressione da parte delle forze governative appoggiate dal Cremlino, le proteste di piazza, protrattesi per oltre tre mesi e concentratesi nella piazza Maidan di Kiev (da cui l’hashtag #Euromaidan che ha dato nome al movimento), nel febbraio 2014, hanno portato alla deposizione del presidente Yanukovich e all’assunzione del potere da parte di Petro Poroschenko, il predecessore di Volodymyr Zelensky.

Mentre prosegue incessante ed estende l’offensiva militare contro tutta l’Ucraina, la Russia cerca di limitare ulteriormente l’accesso alle piattaforme Internet straniere. Le autorità di Mosca hanno disposto il blocco di Facebook, che è stato oscurato il 4 marzo e secondo Top10VPN, già nel giorno successivo la domanda di VPN da parte degli utenti russi è aumentata di oltre 10 volte.

La scure del governo russo si è abbattuta anche su Twitter, che ha reagito lanciando una versione del suo sito su Tor, un servizio in grado di crittografare il traffico Internet in maniera tale da aiutare a mascherare l’identità degli utenti e impedire che possano essere sorvegliati.

Una reazione molto diversa da quella di Facebook, che per volontà del suo fondatore Mark Zuckerberg, ha deciso di liberalizzare su Facebook il cosiddetto hate speech contro la Russia. In pratica, la piattaforma di Meta ha disposto la rimozione temporanea dei limiti ai messaggi di odio contro i militari russi sarà valida. La decisone riguarda Armenia, Azerbaigian, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina, dove sarà inoltre possibile, insultare a piacimento e spingersi a invocare la morte di Vladimir Putin, del suo omologo bielorusso Alexander Lukashenko e di altre figure di rilievo della nomenclatura moscovita, purché le minacce non contengano riferimenti ad altri soggetti o non risultino credibili sulla base di indicatori come la sede o la metodologia.

Una decisione che ha spinto l’ufficio del procuratore generale russo a chiedere il riconoscimento di Meta come organizzazione estremista e la sua perpetua messa al bando dalla rete russa.

Tuttavia, la perenne messa al bando della piattaforma social della compagnia di Menlo Park ha subito provocato un’ulteriore impennata delle reti private virtuali in Russia. Come conferma la società VPN Surfshark, secondo cui le sue vendite settimanali nel paese euroasiatico sono aumentate del 3.500% dal 24 febbraio, con i picchi più significativi registrati dal 5 marzo al 6 marzo, quando Facebook è stato bloccato. A riprova che chi vive in Russia è attivamente alla ricerca di modi per evitare la sorveglianza e la censura del governo.

Mentre la Russia si è attivata per bloccare le piattaforme social occidentali, si allunga la lista di aziende tecnologiche occidentali che hanno deciso di sospendere la vendita dei loro prodotti in Russia, tra queste c’è anche Netflix, che dal 6 marzo ha sospeso il suo servizio di streaming in Russia in segno di protesta contro l’aggressione armata dell’Ucraina.