ucraina2

La guerra russo-ucraina (D+7): analisi operativa

di Fabio Riggi, Analista indipendente

Pur tenendo conto della perdurante fluidità delle operazioni in corso, e anche del contesto strategico di riferimento, è ora possibile sviluppare un apprezzamento operativo, seppur sommario e basato su ipotesi e lineamenti tendenziali, piuttosto che su fatti ed elementi consolidati, impossibili da individuare e analizzare con ragionevole certezza.

Il piano politico-strategico

Dal punto di vista politico-strategico, per più di due giorni, una molteplicità di fonti e analisti (anche autorevoli) si sono uniti un coro quasi unanime nel giudicare negativamente l’andamento delle operazioni militari russe. Questo perché esse avrebbero fallito nel conseguire l’obiettivo di una vittoria immediata (vincere nell’arco di 24-48 ore, in un conflitto di questa portata, non può che essere definita in questo modo: non “lampo” bensì “istantanea”), ottenuta mediante il collasso delle forze armate ucraine e il conseguente/parallelo crollo del vertice politico. Ora, se è certo possibile che il piano della campagna si sia basato su questa “Assumption” (elemento concettuale proprio dell’attività di pianificazione a questo livello) di livello operativo-strategico (forze militari e istituzioni politiche ucraine che crollano a seguito di operazioni rapide e in profondità in 24-72 ore) è altrettanto verosimile che i pianificatori al medesimo livello abbiano sviluppato una robusta “Branche” (altro preciso elemento tecnico-concettuale del processo decisionale di pianificazione) nell’ambito dell’“operational design” della campagna, nel caso l’Assumption iniziale non si verificasse veritiera, come poi effettivamente è avvenuto. Se così non fosse (ma diversi indicatori invece sembrano confermare che invece lo abbiano fatto) ci troveremmo di fronte a una clamorosa dimostrazione di dilettantismo a tutti i livelli della catena di comando russa, e al momento una simile conclusione è prematura. E’ chiaro che in questa disamina ho usato una terminologia e fatto riferimento a un modello propri del processo decisionale di pianificazione operativa, “Comprehensive Operational Planning” (COP) della NATO, strumenti che ovviamente non sono quelli seguiti (quantomeno nel dettaglio e nei termini utilizzati) dai pianificatori russi.

Gli obiettivi strategici e operativi

Dal punto di vista degli obiettivi strategici e operativi, è ormai chiaro in modo netto che la campagna russa persegue degli obiettivi territoriali posti esclusivamente nella parte orientale dell’Ucraina, tutto ciò che è oltre la sponda est del Dnepr, per intenderci, fatta eccezione, forse (e ripeto forse) per la fascia costiera nella regione di Odessa. E’ qui che verosimilmente i russi hanno fissato i loro “Decisive Point”, che portano al “Center of Gravity” dell’avversario da neutralizzare, a seguito del quale si materializzerebbe l’“End state” strategico che farebbe considerare conclusa con successo la campagna (altri elementi tecnici propri dell’attività di pianificazione). Questi obiettivi, che emergono con una chiarezza piuttosto nitida dallo sviluppo delle operazioni, come si dettaglierà in seguito, sembrano essere prioritariamente volti alla realizzazione della continuità territoriale tra il Donbass e la Crimea (con un’ampia fascia a nord di questa, dove si trova il canale Dnepr-Crimea essenziale per il rifornimento idrico della regione), lungo la sponda del Mar d’Azov. In questo settore si starebbero sviluppando gli “sforzi principali” offensivi russi, dove si troverebbero le forze meglio preparate e dove, di conseguenza, stanno ottenendo i maggiori successi. Non siamo in presenza, dunque, di un’invasione completa e totale dell’Ucraina.

Le direttrici d’attacco russe: sforzi offensivi, simultanei e convergenti

I lineamenti principali delle operazioni offensive russe continuano a essere quelli di una serie di sforzi offensivi, simultanei e convergenti, lungo 5 direttrici d’attacco principali: a nord, dalla Bielorussia, su Kiev, a nord-est, in direzione dell’allineamento Chernihiv-Sumy (su ampio fronte), ancora a nord-est, su Kharkiv, a sud-est, dal Donbass, e da sud-sud-ovest, dalla Crimea. Con questo vasto schema di manovra, le offensive su Kiev e su Chernihiv-Sumy sarebbero sforzi sussidiari/concorrenti, quelli su Charkhiv (di crescente importanza) dal Donbass e dalla Crimea, sarebbero sforzi principali funzionali a una forma di manovra di doppio avvolgimento, volta a chiudere in una sacca quello che viene riportato come il meglio dell’esercito ucraino, “fissato” sulla vecchia linea del cessate il fuoco, e avvolto sui due fianchi dalle forze provenienti da Kharkiv (nord-est) e dalla Crimea (ovest). In tale quadro, i più significativi risultati ottenuti dai russi sarebbero la conquista della città portuale di Berdyansk (e del suo aeroporto), di Melitopol, e l’uscita di forze separatiste dalla testa di ponte del Donbass (ieri sera segnalate già a Volnovakha, a nord di Mariupol). Con ciò, l’importante città costiera di Mariupol sarebbe virtualmente già accerchiata.

Nessun rallentamento: l’avanzata russa prosegue veloce secondo i piani

In tutto questo, nonostante ancora ieri molti analisti abbiano voluto enfatizzare un “rallentamento”, o più precisamente una “pausa operativa” delle operazioni offensive russe (c’è una netta distinzione tra “pausa operativa” e “punto culmine” di un’offensiva, ma su questo ora non mi soffermo), nel loro complesso, sembrerebbe, soprattutto in relazione alla reiterazione degli attacchi nel sud, che nell’arco delle ultime 72 ore i russi abbiano mantenuto sufficientemente quel “momentum” nello sviluppo dell’offensiva già citato in precedenza. Ora, sempre seguendo ciò che è previsto dalla dottrina russa, essi starebbero immettendo quello che è il 2° scaglione operativo (indicatore chiaro: la chilometrica colonna in marcia su Kiev) e i necessari reparti per il ripianamento logistico, attività di certo necessaria dopo 5-6 giorni di offensiva. A nord, in ogni caso, il rallentamento, necessario per la complessa fase di “scavalcamento” delle forze in 1° scaglione (quelle che hanno attaccato inizialmente e sono prevedibilmente logorate) da parte di quelle in 2° scaglione, sarebbe effettivamente in corso.

Il fattore tempo: “guerre lampo” a confronto

Un opportuno termine di paragone riguardo una variabile fondamentale: il tempo. Si è parlato ancora molto di “guerra lampo” (Blitzkrieg). A tale riguardo, alcuni paragoni storici sono utili. Questo termine (di origine non militare, bensì giornalistico-storiografica) nasce a seguito della vittoriosa invasione tedesca della Polonia (operazione “Fall Weiss”): inizia il 1° settembre 1939 e si conclude il 6 ottobre 1939. Sempre nella seconda guerra mondiale, l’offensiva a occidente della Wehrmacht, (operazione Fall Gelb): inizia il 10 maggio 1940 e si conclude il 25 giugno: è senz’altro una delle più spettacolari vittorie militari della storia. L’operazione Iraqi Freedom, anch’essa conclusasi (di certo nella sua parte “convenzionale”), con una fulminante vittoria, inizia il 20 marzo 2003 e termina il 1° maggio 2003. La guerra dei sei giorni, effettivamente, si è conclusa, nel giro di una settimana, ma su un teatro di operazioni dalle dimensioni significativamente più ridotte, rispetto a quello ucraino, soprattutto il Sinai, dove si sono sviluppate le principali operazioni offensive israeliane, che ha un’ampiezza massima di 200 Km, mentre tra la frontiera bielorussa e il Donbass la distanza è di circa 600 Km.




There are no comments

Add yours