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Azione israeliana in Libano e rischio di escalation regionale: il punto del Direttore.

Dall’intervista di Stefano Leszczynski a Claudio Bertolotti, per Radio Vaticana, trasmissione Il Mondo alla Radio del 3 gennaio 2024 (VAI AL PODCAST)

L’azione israeliana in Libano e il rischio di escalation.

Gli attentati a Beirut e in Iran infiammano la crisi medio orientale. La guerra di Israele tra battaglie nella Striscia di Gaza e omicidi mirati.

Federica Saini Fasanotti – storica militare e studiosa dell’ISPI

Eric Salerno – giornalista esperto di questioni medio orientali e relazioni internazionali

Claudio Bertolotti – direttore di Start Insight e ricercatore ISPI

Il 2 gennaio 2024, un attacco nel sud di Beirut, Libano, in cui è avvenuta l’uccisione del numero due di Hamas, Saleh al-Arouri, è stato attribuito a Israele e ha preso di mira una roccaforte del gruppo sciita e filo-iraniano Hezbollah. L’attacco ha causato anche vittime collaterali, suscitando la condanna di Hezbollah e la promessa che l'”assassinio” di al Arouri a Beirut non resterà impunito. Le forze armate israeliane hanno diffuso video dell’attacco, sottolineando il loro coinvolgimento nell’incidente. L’evento ha sollevato preoccupazioni riguardo a una possibile escalation tra Libano e Israele.

Dottor Bertolotti, c’è il rischio che le operazioni mirate israeliane come quella in Libano inneschino davvero un conflitto regionale?

Dal punto di vista razionale – secondo Bertolotti – nessuno degli attori coinvolti vuole un allargamento del conflitto a livello regionale. Non lo vuole Israele e non lo vuole l’Iran che, invece, punta a una serie di micro-conflitti e coinvolgimento dei piccoli attori regionali, dagli Houthi nello Yemen ad Hezbollah in Libano per distrarre lo sforzo militare di Israele, indebolendolo. Ma al di la della volontà razionale ci sono le scelte emotive, che spesso condizionano le dinamiche delle relazioni internazionali che possono portare ad effetti incontrollabili. E il rischio di un’escalation orizzontale a livello regionale, in questo senso, è un rischio possibile.

Dott. Bertolotti, la prudenza del governo libanese, che ha chiesto a Hezbollah di non reagire a Israele in maniera autonoma, che cosa suggerisce?

Il governo di Beirut è il primo a voler scongiurare un allargamento del conflitto, perchè ciò significherebbe il collasso dello stato libanese e l’avvio di una nuova guerra civile che sarebbe micidiale per la sopravvivenza dello stesso stato libanese. Questa la ragione per cui il governo libanese svolge un ruolo di intermediario con Hezbollah che noN è, come non è mai stato, sotto controllo governativo, ponendosi come milizia, esercito autonomo legato ai gruppi di potere sciiti a loro volta legati con l’Iran, che di Hezbollah ne sta facendo un uso opportunistico in funzione anti-israeliana, senza però farsi direttamente coinvolgere.

Direttore, la posizione di Ankara (membro della NATO) in questa crisi pone alcuni interrogativi sul proprio ruolo e affidabilità?

La Turchia persegue un proprio e ben definito progetto di proiezione di influenza in tutto l’arco mediterraneo allargato, dal Corno d’Africa ai paesi del Maghreb. La vicinanza ad Hamas, che si lega alla pericolosa organizzazione dei Fratelli Musulmani, è coerente con questa visione di potenza che prevede il consolidamento dei rapporti con i governi e le organizzazioni locali in un’ottica di ricostituzione di un perimetro geopolitico artificiosamente coerente con la storia e con l’ego sproporzionato del presidente Erdogan. Ma non illudiamoci che una qualsiasi alternativa a Erdogan possa avere una visione differente, questa è l’ambizione della Turchia contemporanea.