10. la manovra pluriarma

Guerra russo-ucraina: da Kiev al Donbas. Parte prima: la battaglia di Kiev e le ragioni del suo fallimento

di Fabio Riggi

La battaglia del Donbas ha raggiunto il suo apice

A quasi quattro mesi dall’inizio del conflitto, con gli sviluppi delle operazioni per il controllo delle località di Severodonetsk e Lysychansk la battaglia del Donbas, che si è confermata la regione dove si concentrano gli sforzi principali di entrambi i contendenti, ha raggiunto il suo apice. Quest’ultimo ciclo operativo si è concluso, alla fine, nella giornata del 24 giugno con l’annuncio delle autorità ucraine del definitivo ritiro delle proprie forze dal pericolo saliente che si era venuto a creare, e che vedeva alla sua estremità orientale proprio la città industriale di Severodonetsk, uno dei maggiori centri urbani della regione. Nei giorni successivi, mantenendo il loro “momentum” offensivo, le forze russe hanno continuato i loro attacchi in direzione ovest, riuscendo il 3 luglio a conquistare anche la cittadina di Lysychansk, completando così di fatto l’occupazione del territorio della repubblica separatista di Lugansk. In questo momento, le forze russe attaccanti nel Donbas sembrano aver intrapreso una pausa operativa, in previsione di ulteriori operazioni volte all’acquisizione della parte restante della repubblica separatista di Donetsk, e in particolare a superare l’allineamento Sloviansk-Kramatorsk-Toretsk, a ovest del quale il terreno potrebbe risultare maggiormente favorevole per una prosecuzione dell’offensiva in direzione del Dnepr.

Le quattro fasi della guerra

Oggi, al punto in cui è giunta la guerra, è possibile ripartirne il corso seguito finora in quattro fasi principali. La prima è stata caratterizzata dalle iniziali operazioni offensive russe, altamente dinamiche, con profonde avanzate nelle regioni nord-orientali e meridionali del paese, e ha interessato il periodo compreso tra il 24 febbraio e la prima decade del mese di marzo. La seconda, a partire dalla seconda decade di marzo e fino alla fine dello stesso mese, ha visto il raggiungimento del cosiddetto “punto culmine” (parametro concettuale che definisce il momento nel quale, specie in attacco, uno dei due contendenti non dispone più del potenziale necessario per il conseguimento dei suoi obiettivi, a causa del tendere di quest’ultimo a equivalersi con quello dell’avversario) degli sforzi offensivi delle forze di Mosca, a fronte di un’efficace e abile difesa delle unità ucraine, specie nei settori nord-orientali, e si è conclusa con l’ordinato ripiegamento di tutte le Grandi Unità russe impiegate negli attacchi alle regioni settentrionali di Kiev, Chernihiv e Sumy. La terza, iniziata i primi giorni di aprile, e protrattasi per tutto quello stesso mese, ha visto il complesso e articolato rischieramento di buona parte delle forze russe utilizzate nelle operazioni nell’Ucraina nord-orientale nei settori a est e sud-est, gravitando definitivamente, con il rinforzo di queste, per iniziare un nuovo ciclo operativo volto al completamento dell’occupazione dell’intera regione del Donbas. Contestualmente, nel quadrante orientale di Kharkiv, e in quello meridionale di Kherson, le forze russe hanno assunto una postura difensiva, configurando conseguentemente il proprio dispositivo, e fronteggiando, nel contempo, contrattacchi ucraini di una certa importanza e consistenza. La quarta fase, iniziata tra la seconda metà di aprile e i primi giorni di maggio, e che si può considerare tutt’ora in corso, ha visto l’inizio dell’offensiva russa nel Donbas, il termine dell’assedio di Mariupol con la definitiva conquista di questa città da parte dei russi, e ha poi avuto il suo apice con la caduta di Severodonetsk e Lysychansk, e parrebbe ora volgere al termine con l’inizio di una pausa operativa del grosso delle forze russe attaccanti che vi hanno partecipato.

La battaglia di Kiev: le forze russe non erano sufficienti per realizzare un’offensiva

Il ripiegamento russo dalle aree nord-orientali ucraine attaccate inizialmente – e in particolare da quella di Kiev, dove l’ampia manovra di accerchiamento tentata sin dalle prime ore del conflitto non è mai giunta al suo effettivo compimento – è iniziato tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, e ha rappresentato un vero spartiacque nello sviluppo del conflitto. Sulle reali motivazioni di quello che appare innegabilmente come un insuccesso delle operazioni russe nell’Ucraina nord-orientale, è ora possibile iniziare a formulare delle prime valutazioni, per quanto ancora parziali a causa della perdurante mancanza di informazioni e di dati consolidati e verificati. Innanzitutto, da un punto di vista generale, alcune fonti accreditate stanno iniziando a riportare notizie, corredate da alcuni dettagli, su quella che è riconosciuta in modo unanime come “l’assumption” posta alla base della decisione da parte di Mosca di procedere con una serie di offensive anche nei quadranti settentrionali e della regione di Kiev, a fronte di obiettivi politico-strategici chiari e dichiarati posti in realtà nelle aree meridionali, corrispondenti alle regioni della Crimea e del Donbas, e soprattutto nonostante un rapporto di forze del tutto sfavorevole per una campagna offensiva di questa portata. Secondo questa ipotesi, la Russia avrebbe agito con queste modalità in virtù di informazioni e attività riguardanti una presunta “quinta colonna” presente in seno alle forze armate ucraine, con un certo numero di elementi che sarebbero stati pronti a passare dalla parte di quelle di Mosca, o quantomeno a non opporre resistenza all’invasione. In questo quadro potrebbe inserirsi anche l’invito rivolto espressamente ai militari ucraini, a poche ore dall’inizio delle ostilità, dallo stesso presidente Putin, affinché deponessero le armi o contribuissero addirittura a rovesciare il governo del primo ministro Zelensky.  Come noto ciò non è avvenuto, e anzi le truppe russe hanno da subito incontrato una forte resistenza, complice, sempre secondo la citata ricostruzione, una rapidissima epurazione degli elementi sospettati di collusione con il Cremlino, eseguita anche grazie al supporto dei servizi di Intelligence occidentali.

In ogni caso, dal punto di vista squisitamente militare, è ancora il caso di sottolineare come dal punto di vista quantitativo le forze schierate dalla federazione russa non erano sufficienti per realizzare un rapporto di forze favorevole per un’offensiva di queste proporzioni. È ormai chiaro a tutti che, già da 24 febbraio, l’Ucraina era lungi dall’essere quella nazione inerme e pronta a soccombere descritta da alcuni media generalisti. Nonostante ciò, nella prima settimana di operazioni le forze russe sono riuscite a realizzare rapide e profonde avanzate su diverse delle loro molteplici direttrici d’attacco. Subito dopo però, l’insufficienza delle forze impiegate, in primo luogo, e altri fattori quali l’efficace difesa opposta dagli ucraini e l’arrivo del disgelo primaverile, con la conseguente presenza del fango che rendeva difficoltosa, se non proibitiva, la manovra di grandi formazioni pesanti in campo aperto, ha condotto l’offensiva russa al raggiungimento del summenzionato punto culmine. In quei giorni, probabilmente condizionati dalla forte emotività scaturita dalla drammaticità degli eventi in corso, la maggior parte degli analisti occidentali si sono soffermati nel sottolineare la presunta incompetenza di quadri e truppe delle forze armate di Mosca, tralasciando così di valutare compiutamente elementi quali il contesto ambientale e operativo, e soprattutto le azioni e i risultati ottenuti da quelle ucraine, che solo ora vengono descritti con la dovuta attenzione.

La riorganizzazione della difesa ucraina: ristrutturazione, ammodernamento, nuove dottrina e procedure tecnico-tattiche

Secondo gli osservatori più attenti, i comandi di Kiev, all’indomani dell’amara esperienza del conflitto del 2014-15, oltre ad aver avviato un programma di ristrutturazione e ammodernamento dello strumento militare, ne hanno anche in parte modificato la dottrina e le procedure tecnico-tattiche. Facendo tesoro di quei costosi insegnamenti (scaturiti dalle dolorose sconfitte subite per opera delle stesse forze russe, soprattutto quando queste ultime entrarono direttamente in azione a partire dal settembre 2014), a partire dai primi giorni di marzo le forze ucraine si sarebbero concentrate particolarmente in una serie di attacchi alle iper-estese linee di comunicazione logistiche delle unità russe, irrigidendo la propria resistenza in corrispondenza dei principali centri urbani, realizzando così delle “istrici” difensive che reiteravano la difesa anche dopo essere state isolate dalle unità avanzanti. Questo è ciò che è accaduto in primo luogo nei settori dell’Ucraina nord-orientale, dove risulterebbe che per l’attacco ai convogli di rifornimenti avversari gli ucraini abbiano impiegato in ruolo tattico anche elementi delle proprie preparate e capaci forze speciali (che sono state lungamente addestrate secondo gli standard e con il pieno supporto occidentale) coadiuvate da numerosi distaccamenti dei reparti della difesa territoriale, conoscitori del terreno e dei luoghi in cui agivano. Operando disperse, queste unità sono riuscite ad annullare virtualmente la minaccia della potente artiglieria russa, che peraltro nel dinamico contesto di profonde operazioni offensive non era nella condizione migliore per poter ammassarsi e ottenere così la massima efficacia. Con il passare delle settimane di marzo, a nord, la protratta resistenza delle “istrici” di Chernihiv, Sumy, Konotop, e soprattutto della grande piazza di Kiev, dove l’accerchiamento della città non si completerà mai, ha trascinato le operazioni delle unità russe a un sanguinoso stallo.

Le cinque ragioni del fallimento nella battaglia per Kiev

In sintesi, il fallimento delle offensive delle forze di Mosca in Ucraina nord-orientale, e lo speculare successo di quelle ucraine, in modo particolare nella battaglia di Kiev, può essere attribuito essenzialmente a cinque fattori:

  • In primo luogo, il mancato verificarsi dell’ipotesi operativa di base iniziale (“assumption”) sulla base della quale gli attaccanti avevano basato la loro pianificazione, andando ad agire in presenza di un rapporto di forze non favorevole per un’offensiva da condurre contro un avversario ben organizzato, equipaggiato, addestrato e determinato a resistere, come hanno dimostrato di essere le forze armate ucraine;
  • Le condizioni ambientali e di terreno hanno visto l’avvio (deciso presumibilmente in quella data dall’imprescindibile volontà del livello politico-strategico) della campagna russa all’approssimarsi della stagione del disgelo (la celebre “rasputitsa”), elemento che ha creato tutta una serie di problemi alla manovra in campo aperto delle grandi unità pesanti (meccanizzate/”motorizzate” e corazzate). E quest’ultimo fattore, anche tenendo conto del fatto che il movimento su strada è ancora espressamente previsto dalla dottrina tattica russa per le operazioni offensive, ha molto probabilmente giocato un suo ruolo nello smorzare l’impeto e il ritmo delle forze di Mosca. Inoltre, il terreno lungo l’asse a occidente di Kiev, sulla sponda destra del Dnepr, su una delle due direttrici seguite per ottenere l’accerchiamento della capitale ucraina, è punteggiato da fitte aree boscose e acquitrinose, corsi d’acqua (si tratta in buona sostanza della propaggine meridionale della vasta regione delle paludi del Prjpiat, che si estende verso nord in territorio bielorusso) e vede la presenza di importanti centri abitati, tutti elementi che hanno ostacolato le azioni delle unità attaccanti e favorito quelle dei difensori; questi ultimi, alla fine, sono riusciti a irrigidire la propria difesa lungo il fiume Irpin, un affluente del Dnepr che scorre lungo una diagonale a sud-ovest di Kiev, e appoggiandosi su questo ostacolo hanno inflitto una battuta d’arresto definitiva al braccio occidentale della “tenaglia” che minacciava di chiudersi sulla capitale ucraina;
  • Il sapiente utilizzo da parte ucraina di efficaci tattiche per l’attacco alle linee di comunicazione dell’avversario, che ne hanno resa difficoltosa, se non proibitiva, l’alimentazione tattica e logistica delle forze, unitamente all’elevato spirito combattivo e all’eccellente addestramento di buona parte delle proprie truppe;
  • Il significativo contributo apportato al potenziale di combattimento delle unità ucraine dalle forniture di armi occidentali, in modo particolare per ciò che riguarda i moderni sistemi controcarro, con le quali hanno avuto modo di imporre un non trascurabile tasso di attrito ai veicoli da combattimento russi;
  • Da ultimo, ma non certo per ordine di importanza, il sostanziale “dominio informativo” appannaggio degli ucraini, conseguito grazie al fondamentale supporto in termini di assetti ISR (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance) e di Target Acquisition (TA) messi a disposizione dalla NATO (e in primis da Stati Uniti e Regno Unito). 

Ripiegamento da Kiev e rischieramento sul fronte meridionale

Nelle prime settimane di guerra, mentre gli attacchi delle forze russe giungevano a un irreparabile situazione di stallo nei quadranti settentrionali e a Kiev, nelle regioni del sud, le offensive russe erano condotte dalle unità del distretto militare meridionale (in primo luogo appartenenti alla 58a e 49a armata combinata e del comando delle forze aviotrasportate), descritte da più fonti come le più pronte e addestrate, e avevano conseguito i maggiori successi, in particolare la conquista dell’importantissima città di Kherson e, in corrispondenza di questa, la realizzazione di una testa di ponte oltre il Dnepr, unitamente all’accerchiamento della città costiera e industriale di Mariupol. Tuttavia, anche in questi settori meridionali, nel corso del mese di marzo il tentativo successivo di puntare su Odessa, tentato dalle forze che avevano realizzato la testa di ponte di Kherson, dovette arrestarsi di fronte alle munite difese di Mykolaiv, anche in questo caso soprattutto grazie alla tenacia dimostrata dai difensori e alla scarsità delle forze attaccanti.

Completato in relativamente poco tempo il ripiegamento delle forze impegnate nei settori nord-orientali – e dimostrando nel far questo comunque una notevole perizia nel condurre una manovra in ritirata, da sempre la più complessa e pericolosa da eseguire tra tutte le attività tattiche – le forze russe hanno iniziato a il rischieramento di buona parte di quelle stesse unità nelle aree a sud e sud-est di Kharkiv, iniziando a  gravitare con esse in quella direzione al fine di impostare un nuovo ciclo operativo, finalizzato all’esecuzione di nuove offensive aventi lo scopo di completare la conquista delle regioni del Donbas. In tale contesto, è importante sottolineare come a un innegabile successo ottenuto dagli ucraini nello stroncare il tentativo delle forze russe nell’assumere il controllo delle province settentrionali e orientali – e anche impedendogli di completare l’isolamento di Kiev – non è corrisposto un efficace inseguimento del nemico in ritirata, perdendo così probabilmente l’occasione per infliggere perdite che avrebbero potuto essere pesantissime a un avversario che si trovava con linee di comunicazione fatalmente allungate e molto vulnerabili. Una verosimile spiegazione di ciò può essere ricercata nella mancanza da parte ucraina di forze adeguate, e di un potenziale di combattimento idoneo al raggiungimento di un risultato che avrebbe potuto essere molto probabilmente decisivo, stante anche il logoramento e le perdite subite, di certo, dalla maggior parte di quelle stesse unità che avevano condotto una difficile difesa nel corso di dure e prolungate azioni di combattimento. Sono innumerevoli gli esempi, nell’ampio panorama della storia militare, nei quali un mancato inseguimento del nemico in ritirata non ha tardato di produrre negative conseguenze sugli sviluppi successivi delle operazioni. Uno dei più celebri, riguarda ciò che accadde all’indomani della battaglia di Ligny, del 16 giugno 1815, quando la sostanziale inazione di Napoleone nello sfruttare il successo ottenuto sull’armata prussiana del maresciallo Blucher non mancò di avere un effetto quasi certamente decisivo su ciò che accadde due giorni dopo, nella famosa e fatale giornata di Waterloo. Su ciò che accadrà, invece, a seguito di questa importante fase della guerra, sarà solo il successivo andamento, dal punto di vista strategico e operativo, del conflitto a svelarlo completamente.

(Segue: “Guerra russo-ucraina: da Kiev al Donbas. Seconda parte: la battaglia del Donbas”)