CARRO_UCRAINA

Controffensiva ucraina? Non ancora, ma… Il commento di C. Bertolotti a SKY Tg24

Due gli scenari possibili: ma anche se la controffensiva avesse successo, la guerra durerà ancora a lungo


LINK all’intervista di Roberto Tallei al direttore Claudio Bertolotti, SKY tg24 Mondo (puntata del 5 giugno 2023)

È davvero iniziata la controffensiva tanto attesa?

Intesa come controffensiva in grado di ricacciare indietro i russi imponendo l’abbandono del fronte, quella ucraina rimane un miraggio perché il potenziale militare ucraino è adeguato per una guerra difensiva, tuttalpiù per azioni offensive limitate, contrattacchi, ma difficilmente potrebbe sostenere un’azione in profondità su tutto il fronte. In ogni caso, una controffensiva – e non una più semplice e limitata serie di azioni di contrattacco – può richiedere giorni, o addirittura mesi, prima di dare ottenere concreti.

Guardando alla situazione attuale, non abbiamo conferme ma i numeri delle truppe sul terreno e l’intensità del fuoco suggeriscono che ci si possa trovare di fronte a ciò che anticipa una possibile controffensiva e non ancora l’offensiva stessa. Quello che possiamo osservare potrebbero dunque essere azioni con un duplice scopo: il primo è saggiare la consistenza del sistema difensivo russo; il secondo è avviare una serie di azioni di inganno, come parte di un piano ben strutturato che ha per scopo quello di confondere i russi, obbligandoli a trasferire truppe e a indebolire i settori del fronte dove potrebbe poi concentrarsi la maggiore pressione ucraina. Dunque potremmo davvero iniziare a fare i conti sui risultati di una possibile controffensiva quando quei numeri cambieranno, passando da alcuni battaglioni, come oggi sembrerebbe il livello delle unità impegnate in azioni di contatto al fronte, con le brigate schierate in ordine di battaglia e impegnate in grandi manovre offensive.

Perché l’annuncio arriva da Mosca e perché Kiev nega?

Questo è un aspetto che rientra nella capacità di governare la comunicazione e la narrazione della guerra. Da una parte Kiev tiene il segreto sulle proprie operazioni, e questo è ben comprensibile, per una ragione di sicurezza delle unità sul terreno e perché sulla sorpresa si basa il successo di qualunque operazione militare. Dall’altra parte, Mosca nell’annunciare un’offensiva ucraina in realtà enfatizza la capacità russa di contenerne la spinta, presentando così all’opinione pubblica russa l’incapacità di Kiev di scardinare la tenuta delle posizioni delle stesse forze armate russe. Insomma, una strategia comunicativa in cui la Russia è soggetto attivo e passivo al tempo stesso.

Qual è l’obiettivo della controffensiva? Isolare la Crimea?

La questione non è quale sia l’obiettivo della controffensiva in sé, perché non è operativa la questione, bensì strategica. Dunque non tanto quante città, o porzioni di territorio verranno conquistate, bensì quanto l’operazione militare sarà in grado di scardinare il ben consolidato sistema difensivo russo e quanto, nel caso di successo, questo dovesse avere ripercussioni politiche sull’impegno militare russo in Ucraina. La controffensiva non deve necessariamente riconquistare i territori perduti, ma deve fiaccare il morale, scardinare il sistema militare russo in Ucraina, condizionare le scelte politiche di Mosca. E questo potrebbe avvenire colpendo in maniera rilevante la logistica, dunque l’autostrada M-14, cruciale asse stradale per la logistica russa, potrebbe essere un obiettivo primario, e la costa del Mar d’Azov tra le città di Berdyansk e Melitopol sarebbero probabili obiettivi in caso di una grande offensiva ucraina verso sud, questo al fine di isolare la Crimea e, di fatto, dividere lo sforzo russo, moltiplicandone i costi e gli sforzi logistici e operativi e colpendo, al tempo stesso, quello che è il simbolo principale della presenza russa in Ucraina, la Crimea.

Unità partigiane russe a supporto di Kiev?

Parliamo di elementi del Corpo dei volontari russi filo-ucraini (RDK) e della Legione della Libertà di Russia (LSR) che hanno condotto raid limitati nell’Oblast di Belgorod il 4 giugno e, secondo quanto riferito, continuerebbero a operare in un’area di confine all’interno del territorio russo usando le basi di partenza ucraine.

Non imbarazzano Kiev?

Oltre a ciò che accade sul campo di battaglia, siamo nel bel mezzo di una guerra cognitiva. Occorre dunque essere molto prudenti nel valutare le dichiarazioni di due parti in guerra. Certo, potrebbe essere imbarazzante, ma di fatto le unità partigiane non sono inserite organicamente nelle forze armate convenzionali. E questo fa di loro un jolly su cui, sul piano formale, la capacità di comando e controllo potrebbe essere limitata. Ma è davvero così? Difficile dirlo, certo è che fa comodo a tutti (governo ucraino in primo luogo) dichiarare di non averne il diretto controllo, per poi godere del vantaggio strategico che queste unità posso dare: in particolare il non diretto coinvolgimento di soldati ucraini in Russia, a fronte di un risultato dal forte impatto morale sull’opinione pubblica russa e d’immagine a danno della leadership russa che appare incapace di garantire la sicurezza all’interno dei propri confini.

Due scenari possibili: cosa accadrà?

L’offensiva ucraina che nelle prossime ore e giorni si potrebbe sviluppare sul fronte è la migliore ma anche l’unica chance che Kiev ha per dare una svolta alla guerra. Kiev dovrà ottenere con questa operazione un risultato straordinario, l’alternativa, in caso di insuccesso o successo parziale, è quella di mantenere la guerra nello stato attuale, dove attaccanti e difensori non saranno in grado di imporre la propria volontà sull’altro, ma con un vantaggio strategico da parte di Mosca che ha e continua ad avere una predominanza quantitativa di mezzi e materiali, sebbene abbia perso anch’essa la possibilità di imporre una svolta decisiva. Ma è ben chiaro, e non può essere diversamente, che una controffensiva non produrrà un risultato militarmente decisivo e che nessuna delle due parti ha la capacità, anche con l’aiuto esterno, di ottenere una vittoria militare decisiva sull’altra.

Ora, a fronte di questa occasione unica che ha Kiev, e che non potrà essere ripetuta, ci troviamo di fronte a due scenari possibili.

Primo scenario: il successo ucraino. Il primo è quello di un’Ucraina in grado di imporre una un risultato soddisfacente a livello operativo, con la rottura del fronte, l’arretramento dei russi e la fine del sogno di gloria da parte di Mosca. E questo risultato sarebbe, sul piano strategico, la premessa per indurre Stati Uniti e Cina a spingere i loro alleati verso un tavolo negoziale che, da qualunque parte lo si guardi, sembra essere sempre svantaggioso per Kiev.

Secondo scenario: Kiev fallisce. Il secondo scenario, quello non auspicabile per l’Ucraina, è lo scenario peggiore, ossia quello del fallimento della controffensiva da cui deriverebbe di fatto la perdita di capacità offensiva e darebbe a Mosca la possibilità di tentare a sua volta una spallata risolutiva: Mosca ha i numeri per poterlo fare, pur a fronte dell’enorme e ulteriore sacrificio che dovrà accettare.

Ma in entrambi i casi, non si verrebbe fuori dallo stato cronico di guerra di attrito e logoramento in essere dallo scorso anno.




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