Sviluppi sul campo: le difficoltà russe e il
tentativo di accerchiamento (ora ridotto)
Sino a pochi giorni fa eravamo tutti concordi sul fatto
che lo sforzo maggiore da parte delle forze russe si sarebbe concentrato
sull’area di Izyum che, con i suoi snodi viari e le potenzialità tattiche, era
indicato quale obiettivo operativo di maggiore interesse per Mosca, poichè la
sua conquista avrebbe garantito al grosso delle forze russe di aggirare quelle
ucraine schierate (sul fronte di Luhansk e Donesk). Ed è per questo che su
entrambi i fronti la lotta si è fatta accanita.
Ora questo obiettivo, consistente nel completare un
accerchiamento su larga scala di unità ucraine dalla città di Donetsk a Izyum, sarebbe
stato abbandonato dai russi, in virtù dell’accanita resistenza ucraina e della controffensiva subita dai russi intorno a Kharkiv.
L’alternativa si è dunque ridimensionata a un’azione di
accerchiamento più ridotta, forse sempre più ridotta a causa delle gravi
perdite e delle limitazioni in termini di capacità di manovra. Questo potrebbe indurre
lo stato maggiore russo ad avviare una nuova operazione su Severodonetsk, da
nord e da sud, via Rubhizne, il che porterebbe ad ottenere un accerchiamento
delle truppe ucraine molto più ridotto rispetto a quanto inizialmente previsto.
Uno stallo? Si, ma a svantaggio della Russia (grazie
all’aiuto statunitense)
Di fatto la guerra di logoramento e attrito impone il
consolidamento delle linee del fronte, con poche puntate offensive, da entrambe
le parti, costringendo i contendenti a consumare le proprie forze con una
conseguente diretta riduzione della capacità operativa. Però, c’è un però. Da
un lato le forze russe, che comunque
mantengono un vantaggio tattico che si riduce sempre più, hanno attinto a una
parte consistente della riserva operativa (comprese le milizie e le compagnie
private di sicurezza); dall’altro lato le forze ucraine stanno ricevendo sempre
più consistenti e rilevanti aiuti dall’Occidente, in particolare da parte degli
Stati Uniti: artiglierie, carri armati, intelligence per un valore complessivo di
circa 40 miliardi di dollari, aiuti che vanno a sommarsi a quelli già donati.
Il budget russo per la difesa nel 2021 è stato di 65,9
miliardi di dollari (per farci un’idea quello italiano è di meno di 25 miliardi
di euro).
Questo dovrebbe darci un’idea di quelli che potrebbero
essere gli effetti devastanti per la Russia, in termini militari, di una guerra
di medio respiro in cui potrebbe precipitare Mosca. Va detto che, in termini di
capacità militare, produzione di armamenti e disponibilità di equipaggiamenti
la Russia avrebbe un’autonomia di almeno un anno. Il che si potrebbe tradurre
in uno scenario di guerra molto più duraturo di quanto non ci sarebbe aspettsti
all’inizio del conflitto con tutte le incognite del caso, incluso il ruolo
giocato da potenziali combattenti stranieri. Meno preoccupante dovrebbe essere
invece, ma il condizionale è d’obbligo, il ricorso all’armamento nucleare,
previsto dalla dottrina russa solo a determinate condizioni che, al momento,
non sono all’orizzonte (rischio esistenza dello stato o disfatta militare).
Svezia e Finlandia nella NATO? Pro e contro di un
allargamento
Dobbiamo essere molto cauti nel valutare pro e contro di
questo processo di allargamento della Nato. Una valutazione complessiva deve
tener conto di tre elementi cardine: il primo è il maggior onere per l’Alleanza
atlantica, i cui confini di prossimità con la Russia aumenterebbero, e con loro
anche lo sforzo in termini contributi militari, a cui solo in parte Svezia e
Finlandia riusciranno a compensare. Dall’altro lato, questo è il secondo punto,
è indubbio l’indebolimento oggettivo a cui la Russia sta andando incontro: un
indebolimento politico ed economico di medio-lungo periodo che sarà difficile
da recuperare. Infine, terzo elemento, va tenuto conto del non facile processo di
adesione di Finlandia e Svezia alla Nato, la cui praticabilità passa attraverso
il consenso unanime degli alleati, e la Turchia ha già manifestato le proprie
riserve in merito: questo non vuol dire che i due nuovi paesi non saranno
ammessi, ma è certo che ciò avverrà a conclusione di trattative e negoziati che
Ankara non mancherà di mettere sul tavolo, anche in virtù dei vantaggi e delle
opportunità di un dialogo parallelo tra Russia e la stessa Turchia.
curato dall’Osservatorio REACT e pubblicato da START InSight
Intervengono Angelino Alfano, Presidente della Fondazione Claudio Bertolotti, Direttore dell’Osservatorio REACT Chiara Sulmoni, giornalista e analista, START InSight Andrea Molle, docente di Scienze Politiche, Chapman University Modera Mattia Caniglia responsabile del Desk Geopolitica e Sicurezza della Fondazione De Gasperi
Con il conflitto tra Russia
e Ucraina giunto a quasi un mese e mezzo dal suo inizio è possibile esprimere
alcune considerazioni, e soprattutto formulare alcune ipotesi, riguardanti una
dimensione alquanto misconosciuta, anche da parte di alcuni addetti ai lavori,
nel dibattito in corso sulle attività belliche in corso: quella relativa al
livello operativo della pianificazione e della condotta della campagna militare
russa. A tale riguardo è bene ricordare come le moderne dottrine militari
identificano nel livello operativo una dimensione intermedia tra quella
strategica, superiore, che attiene alla definizione e al perseguimento degli
scopi generali della guerra, e quella tattica, inferiore (beninteso, non per
importanza) che attiene specificamente all’impiego delle forze in
combattimento. Il livello operativo, relativamente recente rispetto a quelli
strategico e tattico, ambiti tradizionali nello studio e nell’interpretazione
dell’arte della guerra fin dai secoli più remoti, è stato introdotto a partire
tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo anche grazie allo sviluppo concettuale
che si svolse su questo tema negli anni ’20 e ’30 dello scorso secolo in Unione
Sovietica.
I dubbi
sugli obiettivi operativi della campagna russa
Il ripiegamento delle
forze russe dai settori nord (area di Kiev) e nord-est (aree di Chernihiv e
Sumy), completato negli ultimi giorni dopo una prolungata fase di logoramento,
sta facendo sorgere molti quesiti riguardanti quali siano i reali obiettivi
operativi della campagna russa in Ucraina (secondo diversi analisti essi sono
significativamente cambiati rispetto al suo inizio), soprattutto tenendo
presente che questi sono sempre, e necessariamente, strettamente correlati a
quelli fissati a livello strategico. Infatti, lo scopo precipuo della
pianificazione e dell’impiego delle forze a livello operativo è quello di
condurre “campagne” indirizzate al conseguimento degli obiettivi strategici
generali del conflitto.
Errore strategico russo: successo
iniziale ma pochi soldati
Un elemento fondamentale,
materializzatosi concretamente dopo oltre 5 settimane di guerra, ma facilmente
prevedibile anche prima del suo inizio, è quello relativo ai rapporti di forze
complessivi. Dalle fonti più accreditate risulta che le forze terrestri russe
lanciate nell’offensiva ammontino all’equivalente di circa 115 gruppi tattici di
manovra a livello di battaglione, per un totale di 175.000-190.000 uomini,
affiancati da due corpi d’armata delle repubbliche separatiste di Lugansk e
Donetsk, con altre circa 20.000 effettivi. Dal canto suo, l’esercito regolare ucraino
contava già da prima del conflitto (secondo l’ordine di battaglia riferito al
2016) su un totale di 23 brigate di manovra (meccanizzate, motorizzate,
corazzate, d’assalto aereo e di fanteria di marina) cui si aggiungono numerosi
altri battaglioni indipendenti (“separati” secondo la terminologia organica
russo-ucraina) per un totale di 125.600 effettivi nell’esercito e altri circa
20.000 nelle forze aviotrasportate (che costituiscono una forza armata
indipendente). A questa forza già considerevole si aggiungono 11 brigate e 13
reggimenti della Guardia Nazionale, una componente definita “paramilitare” ma
che all’atto pratico dispone di materiali e capacità del tutto equiparabili
alle formazioni da combattimento regolari, insieme alle unità speciali della
polizia, per un totale di altri 102.000 uomini (dati tratti dalla pubblicazione
“Military Balance” 2021).
In esito a ciò, per quanto riguarda le
forze terrestri, è di tutta evidenza l’assenza di un rapporto di forze
favorevole, da parte russa, per la condotta di un’invasione su vasta scala
dell’Ucraina, anche se limitata alla sua parte orientale. Da un punto di vista
puramente militare, quindi, le operazioni offensive condotte dalle truppe di
Mosca sono iniziate (e sono tutt’ora in corso) in condizioni tutt’altro che
favorevoli, se non addirittura proibitive, da questo punto di vista. La proiezione,
insita nell’immaginario collettivo occidentale, delle forze quantitativamente
schiaccianti che “l’orso russo” ha tradizionalmente messo in campo nella storia
delle guerre che lo hanno visto protagonista, è quindi piuttosto distante dalla
attuale realtà dei fatti se è vero che l’esercito russo nel suo complesso conta
in totale su circa 280.000 effettivi (dati Military Balance 2021). Alla luce di
ciò, è anche possibile concludere che le avanzate, tutt’altro che trascurabili,
realizzate dalle forze russe nei primi giorni della campagna, soprattutto nel
settore sud, (di oltre 200 Km, ad esempio, sulle direttrici di Zaporozhie e
Mariupol) sono da considerare di tutto rilievo e relativamente sorprendenti. Di
fatto, solamente una decisione presa
d’imperio dal vertice politico, molto probabilmente basata su presupposti che
andavano ben al di là delle condizioni puramente strategico-militari,
nettamente non favorevoli, ha potuto giustificare l’inizio di un’impresa molto
rischiosa e sicuramente densa di insidie come gli sviluppi sul campo si
stanno incaricando di dimostrare.
Errore operativo russo: troppe
direttrici di attacco, ma coerente con la dottrina
Sulla base di quanto esposto riguardo le
forze in campo, è dunque opportuno abbozzare alcune ipotesi riguardo il
“design” a livello operativo della campagna russa. Uno degli aspetti maggiormente
criticati è stato quello relativo ai molteplici assi d’attacco seguiti dalle
forze attaccanti, la pluralità dei quali non avrebbe consentito la
realizzazione di una gravitazione sufficiente a ottenere una superiorità di
forze decisiva in nessuno dei settori entro cui si sono sviluppati. Inoltre,
l’andamento ad ampio arco della linea di confine tra l’Ucraina, la Bielorussia
e la Russia, sommata alla scelta dello stato maggiore generale russo (organo di
vertice che sulla base del ben noto modello del “Generalstab” prussiano/tedesco
è quello deputato al pieno sviluppo della pianificazione a livello strategico-operativo)
di mettere in atto più sforzi offensivi, consente tutt’ora alle forze ucraine
il vantaggio della “manovra per linee interne”, mentre, specularmente, quelle
russe sono costrette allo svantaggio della “manovra per linee esterne”.
Tuttavia, un concetto operativo, come quello dei molteplici sforzi offensivi,
che intuitivamente e a una prima analisi è sembrato a giudizio di vari
commentatori un evidente errore di pianificazione e suddivisione delle forze, a
ben guardare è proprio dello schema tradizionalmente previsto da quella che era
“l’arte operativa” di scuola sovietica, il cui retaggio è ancora ben presente
nello stato maggiore generale di Mosca. Molte delle grandi operazioni offensive
condotte dall’Armata Rossa nella seconda guerra mondiale, dall’operazione
Uranus dell’autunno-inverno 1942-43, che portò alla vittoria di Stalingrado,
all’operazione “Bagration”, in Bielorussia, nell’estate 1944, fino ad arrivare
all’operazione “Berlin”, ossia l’offensiva finale che culminò con la caduta di
Berlino nella primavera del 1945, sono state condotte esattamente con uno modello
operativo che prevedeva più sforzi offensivi lungo altrettante direttrici
d’attacco. D’altro canto, sin dall’inizio dello scorso XX secolo (come
illustrato, ad esempio, in un articolo del 1921 da un ufficiale britannico, il
Lt.Col J.C. Dundas), era ben nota la differenza tra una campagna offensiva
condotta “per linee interne”, ossia lungo un singolo (o solo altri pochi e ben
coordinati, assi d’attacco) e quella invece sviluppata “per linee esterne”,
ossia su diverse e molteplici direttrici. Nel primo caso l’attaccante può
concentrare le proprie forze per penetrare rapidamente nel territorio
dell’avversario, dividerne le forze e godere del vantaggio di poter concentrare
le proprie risorse logistiche lungo poche e più ravvicinate linee di
comunicazione. Lo svantaggio è che anche il difensore può concentrare le sue
forze sulla singola direttrice d’attacco dell’avversario, e da ciò ne discende
che quest’ultimo deve poter contare su una significativa superiorità numerica
(concetto già valido di per sé come regola generale universalmente riconosciuta
in offensiva) per avere ragionevoli probabilità di prevalere. L’approccio
offensivo “per linee esterne”, invece, consente all’attaccante di costringere
il nemico a dividere le proprie forze, imponendogli il dilemma di dove
focalizzare le priorità per l’impiego di queste, e lasciandolo per quanto
possibile nell’indeterminatezza di capire quali siano realmente gli sforzi
offensivi principali del nemico. Tuttavia, una campagna offensiva sviluppata
con il secondo tipo di approccio crea la difficoltà di dover gestire diverse
linee di comunicazione, estese e molto più articolate rispetto a quelle
sufficienti a gestire un singolo asse di penetrazione, che sono necessarie per
l’alimentazione tattica e logistica delle forze in attacco, e presenta la
necessità, anche in questo caso, di una superiorità numerica idonea alla
realizzazione di una adeguata gravitazione su ogni singola direttrice.
Rapporto di forze sfavorevole
alla Russia
Sulla base di queste argomentazioni
teoriche, è possibile supporre che nel momento in cui il vertice
politico-strategico di Mosca ha imposto la sua volontà sull’inizio di
un’offensiva su larga scala per la conquista, posta come prioritaria, delle
aree meridionali dell’Ucraina, per realizzare la contiguità territoriale tra
Crimea e Donbass e occupare totalmente quest’ultima regione (basandosi, anche,
come insistono nell’affermare diversi analisti autorevoli, sull’ “assumption”
di uno sfaldamento in poco tempo dell’intero apparato politico-militare di Kiev
sotto i colpi delle prime, rapide operazioni), lo stato maggiore generale russo
ha dovuto forzatamente elaborare un disegno della campagna a livello operativo
in condizioni non favorevoli in termini di rapporti di forze sull’avversario.
In questo quadro, è possibile che nella visione dei pianificatori russi la
scelta, apparentemente più semplice, di lanciare un’offensiva “per linee
interne” su poche direttrici d’attacco tutte concentrate nel settore
meridionale, (dove peraltro era già schierato il meglio delle forze terrestri
ucraine), avrebbe consentito a sua volta all’avversario di concentrare le
proprie, non trascurabili, forze per contrastarlo efficacemente. Da qui,
probabilmente, la decisione di lanciare altri due attacchi, se non secondari
quantomeno “concorrenti”, a nord, lungo la sponda ovest del Dnepr (dove
peraltro il terreno è particolarmente difficile), su Kiev e a nord-est, lungo la
direttrice Sumy-Konotop-Nizhyn, verso i sobborghi orientali della capitale
ucraina. Su questi settori settentrionali potrebbe essersi anche innestato
l’obiettivo, altamente opportunistico, di provocare la caduta del governo
Zelensky dopo averlo sottoposto alla minaccia delle truppe di Mosca giunte sin
dalle prime ore dell’invasione a pochi Km da Kiev. Il recente, repentino,
ripiegamento delle forze russe dai settori nord e nord-est, pur pagato al
prezzo di un forte danno d’immagine, già scosso da “operazioni sulle
informazioni” ucraine aggressive e pervicaci sin dai primi giorni dell’invasione,
potrebbe essere un indicatore che effettivamente avvalora il quadro
tratteggiato secondo questi lineamenti.
Problemi logistici e resistenza
ucraina
Le comunque innegabili difficoltà delle
forze russe, incontrate in primo luogo nei settori nord e nord-est, che
probabilmente hanno determinato la decisione di ripiegare la gran parte delle
forze impiegate, deriverebbero da problematiche innescate proprio dai requisiti
richiesti da un disegno operativo “per linee esterne”. Le linee di
comunicazione che stanno alimentando gli sforzi offensivi russi sono estese per
centinaia di Km, dal territorio russo, già prima di oltrepassare il confine
ucraino, e soprattutto nel settore nord-est sono state per giorni soggette a
continui attacchi e minacciate dalle sacche di resistenza dove le unità
ucraine, seppur isolate, hanno continuato a operare con tenacia e abilità,
com’è accaduto in modo particolare a Chernihiv e Sumy. In aggiunta a ciò,
alcune criticità intrinseche al sistema logistico dell’esercito russo, che è
bene ricordare sta affrontando una campagna terrestre di così ampia portata per
la prima volta dal 1945, avrebbero già da sole provocato non pochi problemi.
Innanzitutto, la forte dipendenza dal trasporto ferroviario, e dalle relative
“teste di sbarco” in prossimità delle aree di operazioni, e una relativa
scarsità di reparti e organi logistici già nell’organico a livello di armata.
Questo fattore fondamentale, riferito alla logistica, enfatizzato da forze come
quelle russe altamente meccanizzate, sommato alle linee di comunicazione
“esterne”, numerose ed estese per poter alimentare i molteplici assi offensivi
previsti dal disegno operativo iniziale, potrebbe aver determinato il
raggiungimento del “punto culmine” dell’offensiva delle forze russe nella parte
settentrionale dell’Ucraina, e la conseguente necessità di ripiegarle per non
rischiare di perderne una parte significativa, anche di fronte a contrattacchi
ucraini che già si stavano manifestando in modo significativo.
Inizia la
terza fase offensiva russa
Dopo il
ripiegamento delle forze russe dai settori nord e nord-est la campagna è
entrata in una nuova fase (che potrebbe essere numerata come la terza
dall’inizio del conflitto) che dopo quella di attrito, prolungatasi per almeno
3-4 settimane, ora vede le truppe di Mosca cercare di applicare il principio
dell’economia delle forze (universalmente riconosciuto tra quelli fondamentali
dell’arte militare) per concentrare il massimo della potenza di combattimento
nei settori sud e sud-est, quelli verosimilmente riconosciuti, sin dall’inizio,
come prioritari. L’esito di questa ampia manovra, realizzata di certo dai russi
al fine di mantenere l’iniziativa operativa e strategica, non potrà che essere
fornito dalle inappellabili sentenze che il campo di battaglia emetterà nelle
prossime settimane.
Conferenza – Da Washington alla guerra in Ucraina. Le dimensioni della disinformazione
Una conferenza aperta al pubblico organizzata in collaborazione tra Università della Svizzera Italiana – ASIS Svizzera – START InSight
Giovedì 31 marzo dalle 18.00 alle 20.00 Aula A21 Palazzo rosso del Campus Ovest Università della Svizzera Italiana (Lugano)
Programma
Introduzione 18.00-18.15 Jean-Patrick Villeneuve Professore e Direttore dell’Istituto di comunicazione e politiche pubbliche, USI Luca Tenzi Security Strategist e Responsabile di ASIS Svizzera Italiana
Interventi
18.15-18.30 Andrea Molle (in collegamento) Docente di Scienze Politiche, Chapman University e ricercatore, START InSight L’uso strategico della disinformazione: dalle elezioni americane alla guerra in Ucraina L’intervento illustra i fondamenti dell’attività strategica di disinformazione, con particolare attenzione alle fake news e al memetic warfare, al fine di creare polarizzazioni e conflitti sociali ovvero supporto per attori statali e non statali impegnati in un conflitto. Gli esempi portati nella presentazione vanno dalle elezioni presidenziali americane del 2016 all’attuale conflitto in Ucraina e includono gli eventi che hanno condotto alla sommossa del 6 Gennaio 2021 a Capitol Hill (Washington DC).
18.30-18.45 Philipp Di Salvo (in collegamento) Ricercatore presso l’Istituto di Media e Giornalismo, USI e Visiting Fellow al Department of Media and Communications della London School of Economics and Political Science (LSE) Hacks e leaks: strategie cyber per il conflitto informativo L’intervento tratterà il ruolo generale degli hackers e delle fughe strategiche di notizie, degli attacchi informatici e dell’hacktivismo. Quella ucraina non è (ancora) una guerra cibernetica, ma il conflitto sta offrendo spunti interessanti sull’uso delle strategie informatiche da parte di diversi attori, specialmente quando si tratta di hack & leak e del ruolo dei giornalisti / media.
18.45-19.00 Claudio Bertolotti Analista strategico e Direttore di START InSight I foreign fighters nel conflitto ucraino La guerra in Ucraina sta mobilitando combattenti stranieri su entrambi i fronti, suscitando interrogativi che vanno dalla legalità della loro partecipazione a operazioni militari all’estero, alla natura della guerra, al rischio rappresentato dai foreign fighters legati a gruppi estremisti violenti. L’intervento spiegherà la situazione attuale e le prospettive future.
19.00-19.15 Chiara Sulmoni (in presenza) giornalista, analista START InSight I nuovi orizzonti della radicalizzazione e dell’estremismo Negli ultimi anni instabilità politica, crisi e pandemia hanno portato a una crescita della polarizzazione sociale e degli estremismi violenti di ogni orientamento. L’intervento dà conto di questo contesto generale -presentato anche nel Rapporto #ReaCT sul Terrorismo e il Radicalismo in Europa 2022- dentro il quale si inserisce oggi il richiamo esercitato della guerra in Ucraina -con le sue narrative- sui militanti.
19.15-19.30 Conclusioni generali
19.30 Dibattito con il pubblico presente in sala
Potete partecipare alla conferenza anche da remoto collegandovi con questo link
Allentato l’assedio a Kiev? Mosca guarda a sud. Il commento di C. Bertolotti. RaiNews 24, 24 2022
Le forze armate ucraine sfondano la sottile linea d’assedio dei russi a nord-ovest di Kiev imponendo un arretramento alla 35a armata combinata russa, schierata in posizione difensiva (e non offensiva). Grande impatto emotivo e mediatico, ma i russi mantengono l’iniziativa sul fronte più importante, quello meridionale dove, con la caduta di Mariupol, Mosca ottiene la continuità territoriale dalla Crimea al Donbass.
In attesa dei rinforzi provenienti dai distretti orientali e con la riorganizzazione delle forze in campo rimane incerto l’esito di un conflitto che le sole forze ucraine non potranno risolvere attraverso una controffensiva: mancano le forze, i mezzi e le risorse. Al contrario, gli ucraini hanno la sola capacità di rallentare le operazioni russe.
Il commento di Claudio Bertolotti ospite di RaiNews 24; puntata del 24 marzo 2022.
A quasi un mese
dall’inizio del conflitto, è più che consolidata la fase di logoramento e
attrito che sta caratterizzando l’andamento generale delle operazioni, seppur in
presenza di azioni offensive e controffensive condotte da entrambi i
contendenti. In questo quadro, le forze
russe mantengono l’iniziativa, fattore certamente importante ma,
contrariamente a quanto avvenuto nelle prime fasi, quando mantenevano un
elevato ritmo operativo su tutti e cinque i loro assi di penetrazione, ora da alcuni giorni stanno concentrando i
propri sforzi in primo luogo su un unico settore, quello sud-est del Donbass,
che si è sostanzialmente integrato con gli attacchi portati da quello est dalle
forze operanti nella regione di Kharkiv, le quali hanno da più di una settimana
effettuato la conversione verso sud in direzione di Izium e Severdonetsk. In
tal modo, essi continuano a perseguire l’intento di avvolgere da nord le
posizioni delle brigate ucraine schierate lungo la linea di contatto del
Donbass, situazione che rappresenta l’elemento più critico e passibile di
negativi sviluppi per le forze di Kiev. Inoltre, i russi hanno lanciato quello
che pare essere il definitivo assalto a Mariupol, la cui caduta sembra essere
imminente. Dal canto loro, le forze
ucraine continuano a mostrare significative capacità operative e restano
altamente reattive, come dimostrato in modo particolare dal contrattacco
lanciato nel settore di Mikolayv, che dopo quello che appariva come un iniziale
successo sta producendo ora risultati altalenanti ancora difficili da valutare.
Stallo
a nord, successo a sud per i russi
Sempre con
riferimento ai 5 sforzi offensivi russi, a Nord, lungo la sponda destra (ovest)
del Dnepr, a nord-ovest e ovest di Kiev, si sono registrati scontri locali ma
senza alcuno sviluppo tattico particolarmente significativo. A nord-est, in
direzione del lato orientale di Kiev, le unità russe sono rimaste statiche
sulle posizioni precedentemente raggiunte nell’area di Brovary, continuando a
mantenere isolata la sacca di Chernihiv-Nizhyn e quella di Sumy. Nel settore
est, le forze russe si sono impegnate particolarmente nell’attacco alla
posizione chiave di Izium, per conseguire l’avvolgimento del fianco sinistro
delle forze ucraine schierate nel Donbass e proiettarsi poi in direzione della
riva sinistra (est) del Dnepr. A sud-est, nel settore del Donbass, le unità
russe e quelle delle repubbliche separatiste si sono impegnate in una serie di
attacchi sistematici che sono scaturiti in furiosi combattimenti, riuscendo a
ottenere la conquista di una serie di posizioni, realizzando una lenta e
contrastata avanzata di alcuni chilometri; sempre in questo settore, con
l’assalto a Mariupol e la conquista di parte dell’area urbana, prodromo alla
definitiva caduta della città, si prefigura il consolidamento del “land Bridge”,
il collegamento geografico tra quest’ultima regione e la Crimea, obiettivo di
rilevanza strategica della campagna. Nel settore sud, lo sviluppo tattico più
importante è stato il contrattacco ucraino nel settore di Mikolayv, che ha conseguito
un iniziale successo con una limitata avanzata con la quale è stata molto
probabilmente alleggerita la pressione sulla città; nonostante ciò, le forze
russe in questo settore continuano a esercitare una pressione verso nord in
direzione di Kryvyi Rih.
Kiev:
russi sulla difensiva
Nel settore nord di
Kiev, le unità della 35a armata combinata russa sono rimaste
sostanzialmente statiche sulle loro posizioni nell’area di Irpin-Bucha, così
come quelle della 36a armata combinata, disposte più a ovest,
nell’area di Makariv. Entrambe sono operanti sul lato ovest di Kiev e del
Dnepr, e oltre a non aver condotto nessun attacco significativo sembrano essere
entrate in una fase di transizione passando a una postura difensiva, il cui
indicatore sarebbe l’osservazione dell’allestimento di posizioni organizzate in
tal senso. Analogamente, sul lato orientale della capitale ucraina le unità
della 2a armata combinata della guardia rimangono sulla difensiva
nell’area di Brovary, dove sembrano comunque aver ottenuto il risultato di
tagliare le importanti strade M-03, che collega Kiev con Poltava, Kharkiv e il
Donbass, e la E-95, che corre a nord verso il confine bielorusso. Sempre nel
settore nord-est di Kiev, le forze ucraine nella sacca di Chernihiv-Nizhyn
restano ancora pienamente operative e pare abbiano allargato il loro perimetro
verso sud, in direzione di Pryluki, anche se rimangono sempre isolate e
fronteggiate dalle unità russe della 41a armata combinata, che ne
sigillano ancora il perimetro e le sottopongono a ripetute azioni di fuoco di
artiglieria.
Nord-est:
russi in difficoltà e “istrici” ucraini
Nel settore
nord-est, le unità russe della 1a armata carri della guardia e della
2a armata combinata della guardia sono sempre impegnate a contenere
e ridurre la sacca di Sumy, ma anche quelle più ridotte di Konotop e Lebedyn.
Lungo questo lungo asse sembrerebbe che tatticamente gli ucraini stiano
vincendo la corsa sul tempo innescata tra la prolungata resistenza di queste
loro “istrici”, leggasi posizioni arretrate che si difendono su tutti i lati, e
gli sforzi russi di neutralizzarle e annientarle al fine di recuperare capacità
offensiva. Questa precisa situazione tattica, che assorbe un’aliquota molto
significativa di unità attaccanti (sembra non meno di quasi 20 gruppi tattici a
livello battaglione) è quella che di fatto ha smorzato in modo rilevante
l’offensiva russa sul lato orientale di Kiev.
Est:
a Kharkiv bloccata la progressione russa. In attesa dei rinforzi
Nel settore est,
nell’area di Kharkiv, le unità della 1a armata carri della guardia
che vi operano non hanno condotto attacchi di una qualche importanza in
direzione della città, mostrando anche di aver subito un sostanziale logoramento
causato dal precedente contrattacco ucraino a nord di quest’area, fattore che
le starebbe costringendo a una prolungata fase di riordino e ripianamento delle
perdite. Tuttavia, come indicato nei precedenti apprezzamenti, questa controffensiva
ucraina non ha portato a una vera riconquista delle posizioni lungo il confine,
ma si è configurata come una puntata che ha raggiunto lo scopo di bloccare la
progressione avversaria infliggendogli perdite non trascurabili. In ogni caso,
in questo settore le unità della 6a e 20a armata combinata
(144a divisione motorizzata e 3a divisione motorizzata, entrambe
appartenenti alla 20a armata combinata, unità che nei precedenti
apprezzamenti erano state indicate erroneamente come corazzate) hanno
notevolmente intensificato i loro sforzi offensivi verso sud, per conquistare
Izium e Severdonetsk e compromettere così il fianco sinistro delle brigate
ucraine schierate sul fronte del Donbass. Su queste due località si sono accesi
violenti scontri, con le unità ucraine che hanno cercato in ogni modo di
bloccare questo tentativo ed evitare così la perdita di queste due località,
che costituiscono due fondamentali perni di manovra per la tenuta di tutta la
difesa del Donbass. Su questo cruciale settore, la difesa delle forze di Kiev è
appoggiata sul corso del fiume Donets, lungo l’allineamento Izium- Severdonetsk,
linea su cui le forze russe stanno esercitando una forte pressione. Parte della
città di Izium sembra ormai sotto controllo russo, ma a partire dalla giornata
del 17 marzo un contrattacco congiunto lanciato da parte ucraina con la 81a
e 95a brigata d’assalto aereo avrebbe imposto una battuta d’arresto
alla 3a divisione motorizzata che stava cercando di sfruttare il
successo avanzando verso sud. Sempre lungo la linea del Donets, al centro, la
57a brigata motorizzata ucraina (pare coadiuvata da un battaglione
carri della 17a brigata corazzata) tiene e rafforza la posizione di
Sloviansk, mentre a est, su Severdonetsk, le forze ucraine sono quelle della 79a
brigata d’assalto aereo, dalla 111a brigata della difesa
territoriale e del battaglione “Donbas”, che fronteggiano l’attacco su tre lati
di altre unità russe della 3a e della 150a divisione
motorizzata. In ultima analisi, la cruenta battaglia in corso lungo questo tratto
del Donets rappresenta la situazione che nei prossimi giorni potrà portare ai
più importanti sviluppi tattici, passibili di tramutarsi in effetti a livello
operativo. In questo settore il secondo importante evento è costituito
dall’assalto finale a Mariupol, che si è sviluppato particolarmente il 19
marzo, e che ha portato le unità russe della 150a divisione
motorizzata (sul lato est), insieme alla 810a brigata di fanteria di
marina (da nord), a reparti ceceni di fanteria leggera, e altre unità della 19a
divisione motorizzata (che attaccano sul lato ovest), a penetrare e prendere
possesso di ampie porzioni dell’area urbana. Le unità ucraine che ancora
resistono in alcuni settori della città sono quelle della 56a
brigata motorizzata, del reggimento Azov, e della 36a brigata di
fanteria di Marina, ma nonostante la loro estrema difesa la caduta di Mariupol
pare ormai sempre più prossima. In generale, la “manovra sul Donbass”, che
inizialmente si stava configurando come un doppio avvolgimento su entrambi i
fianchi, si sta ora sviluppando come un singolo tentativo di avvolgimento del fianco
nord ucraino, probabilmente perché la “branca” meridionale russa si è dovuta
pesantemente impegnare nell’attacco a Mariupol. Proprio riguardo a quest’ultima
operazione, è presumibile che quando questa città cadrà i russi potranno
riorganizzarsi e reimpiegare le forze che vi hanno partecipato per rinnovare i
loro sforzi offensivi verso altre direzioni, a condizione però che non siano
state troppo logorate da questa dura e impegnativa battaglia urbana.
Mikolayv:
il contrattacco ucraino
Nel settore sud,
nell’area di Mikolayv, nella giornata del 17 marzo le forze ucraine hanno
sferrato un importante contrattacco che ha conseguito un iniziale successo con
la riconquista della cittadina di Posad-Pokrovske. Le unità russe che le
fronteggiano sarebbero quelle operanti sotto il controllo operativo della 58a
armata combinata, e segnatamente la 7a divisione d’assalto aereo e altri
gruppi tattici motorizzati a livello battaglione (BTG), un’aliquota di forze
che sarebbe stata rinforzata anche dalla 336a brigata di fanteria di
marina. Il contrattacco ucraino ha senz’altro conseguito il risultato di
alleggerire la pressione su Mikolayv, ma i suoi ulteriori sviluppi sono ancora
incerti. Unità russe risultano però ancora impegnate nel premere lungo la direttrice
nord, in direzione di Kryvyi Rih, ma senza aver progredito particolarmente. L’entità
e l’importanza attribuita dai comandi russi a questo particolare asse
offensivo, che è bene ricordare corrisponde alla direttrice che porta a Odessa,
costituiscono il tema più enigmatico e dibattuto, in quanto come già ricordato
in precedenza esso è quello “divergente” rispetto a quello indirizzato a nord-est
e su Mariupol, e non vi hanno mai operato forze sufficienti a realizzare una
superiorità decisiva. Secondo alcune ipotesi potrebbe trattarsi di uno sforzo
secondario volto a raccogliere informazioni, fissare forze avversarie nell’area
e cogliere eventuali opportunità, costituendo così una sorta di “corpo di
osservazione” (definizione propria di una terminologia militare di stampo
ottocentesco, ma adeguato alla circostanza) rivolto a quella direzione.
Meno
aerei e più missili: i russi sono coerenti
Sul versante delle
operazioni aeree e missilistiche, le forze russe hanno continuato e
intensificato i loro attacchi sfruttando soprattutto la seconda opzione, come
indicato in precedenza in ossequio a un loro definito e consolidato concetto
d’impiego dei vettori balistici tattici, ma facendo ampio ricorso anche ai loro
sistemi da crociera. In questo momento risulterebbero effettuati circa 800 lanci
di sistemi ISKANDER-M, cui si starebbero aggiungendo alcuni dei più vecchi OTR
21 “Tochka” (utilizzati anche dagli ucraini nel Donbass), un sintomo forse di
una certa scarsità che inizia a manifestarsi nelle scorte dei primi. Più
limitati sono stati invece gli attacchi condotti dai bombardieri strategici
Tupolev Tu-160 e Tu-95MS, con il lancio da parte di questi velivoli di missili
Kh-555 Kh-55SM e Kh-101, che continuano comunque ad avere un loro ruolo nella
campagna aero-missilistica russa. In tale quadro è stato molto importante e
pubblicizzato l’attacco condotto con l’impiego del missile ipersonico Kh-47M2 “Kinzhal”
contro un deposito munizioni a Delyatyn, nella regione di Ivano-Frankovsk, non
lontano dal confine con la Romania. Il missile, accreditato come capace di
raggiungere la velocità di Mach 10-12, è stato probabilmente lanciato da un
caccia intercettore Mikoyan Mig-31K (variante appositamente modificata per
l’impiego di questa arma). Al di là della reale necessità tattica di utilizzare
un sistema ad alte prestazioni, è piuttosto evidente come l’intento di questo
attacco fosse principalmente rivolto a dimostrare la potenza e l’efficacia di
una delle armi più recenti e temibili dell’arsenale di Mosca. In questo campo,
quello dei vettori ipersonici, è ben nota la superiorità che i russi hanno
accumulato in anni recenti rispetto agli USA e all’occidente in generale,
creando un divario tecnologico che soprattutto gli statunitensi si stanno
impegnando particolarmente a colmare. L’impiego di velivoli da parte
dell’aviazione russa pare non sia stato particolarmente intenso negli ultimi
giorni (a parte le continue azioni di supporto aereo ravvicinato eseguite dagli
onnipresenti Sukhoi Su-25 in appoggio ai reparti terrestri) con una conseguente
limitazione delle perdite, mentre invece il rateo delle missioni degli
elicotteri da combattimento, rappresentati dai modelli Kamov Ka-52, Mil Mi-28N
e Mil Mi-24/35, rimane molto elevato sin dalle primissime fasi dell’invasione.
Dal canto suo l’aviazione ucraina, seppur grandemente limitata, ha mostrato di
essere ancora attiva. Oltre al costante impiego dei sistemi UAS Bayraktar TB-2,
che continuano a operare con efficacia anche come piattaforme da combattimento,
destando una certa sorpresa le forze aeree di Kiev sono state infatti in grado
di condurre anche alcune missioni d’attacco con cacciabombardieri Sukhoi Su-24
e Su-25, che opererebbero dispersi su basi secondarie (ancora non colpite
quindi dagli attacchi di contro aviazione offensiva russi) nelle regioni
centro-occidentali del paese. Il mancato
annientamento dell’aviazione ucraina, peraltro, è il principale motivo alla
base di un’altra delle più importanti critiche rivolte alle forze russe
impegnate nel conflitto. Secondo queste analisi, il mancato conseguimento
di tale risultato (un commento che forse tradisce comunque un concetto e
un’esperienza molto “occidentali” nell’immaginare la quasi immediata “Air
Dominance” nelle prime fasi di qualsiasi conflitto) dimostrerebbe una carenza
nelle capacità dell’aviazione russa di condurre una complessa campagna aerea in
un moderno scenario bellico.
Chi critica l’accostamento tra la crisi nei rapporti tra
Russia e Occidente, culminata nel conflitto in Ucraina, con la Guerra Fredda sostiene
che la situazione attuale non abbia la forma di un conflitto tra due blocchi
ideologici distinti e contrapposti. Si tratta di una conclusione affrettata e a
mio avviso molto superficiale, che ignora la realtà e gli effetti di decenni di
penetrazione nella società e nel sistema politico-militare russo di un apparato
ideologico e pseudo-religioso chiamato Neo-Euroasianesmo. Il rischio principale
nel non comprendere la dimensione ideologica della crisi è quello di guardare
all’invasione dell’Ucraina come una mera guerra territoriale ed essere
impreparati per gli scenari futuri che non potranno che vedere un aumento della
tensione dei rapporti tra Occidente e Russia.
Nella sua versione originale, l’Euroasianesimo fu un
movimento culturale e politico fondato sull’idea che la civiltà russa non fosse
né europea né asiatica, ma piuttosto una civiltà euroasiatica a sé stante. Sviluppatosi
negli anni ’20 del 1900, l’Euroasianesimo sostenne la rivoluzione bolscevica,
ma non il suo obiettivo di realizzare nel paese il comunismo, vedendo l’Unione
Sovietica unicamente come una tappa nel processo di ricostruzione dell’identità
nazionale e imperiale russa che riflettesse il carattere unico della sua
situazione geopolitica.
In seguito allo scioglimento dell’URSS, l’Euroasianesimo
entrò in una fase pragmatica, abbracciando l’idea di costituire delle
organizzazioni internazionali sul modello di quelle già esistenti in Europa e
Nord-America e la cui funzione era di aumentare i rapporti tra Russia e Oriente,
con particolare attenzione alla Cina. Tra queste vale la pena di menzionare l’Organizzazione
per la Cooperazione di Shanghai e l’Unione Euroasiatica.
Unitamente a questa sua versione pragmatica,
l’Euroasianesimo manteneva però una visione mistica. Il suo maggior esponente è
il fondatore del Neo-Euroasianesimo, Aleksandr Gelyevich Dugin. Il filosofo
politico, nato intellettualmente nel solco della corrente mistica e noepagana dell’Ortodossia
cristiana moscovita, è ben conosciuto anche in Italia grazie ai suoi
collegamenti con la cosiddetta “Lobby Nera” costituita da gruppi identitari e
tradizionalisti di estema destra. La versione dughiniana dell’Euroasianesimo,
detta anche Quarta Teoria Politica, è
una forma di ideologia neo-fascista il cui progetto politico consiste nel ricostruire
un Impero Eurasiatico totalitario, dominato dalla Russia, che si contrapponga
agli Stati Uniti e dai suoi alleati atlantisti. Secondo Dugin, nella visione
escatologica del movimento che abbonda di riferimenti biblici l’inevitabile
conflitto tra i due blocchi finirebbe per dare vita a una nuova “età dell’oro
dell’illiberalismo politico e culturale globale”, promuovendo un’era di pace
universale e di riaffermazione dei principi religiosi, tradizionali, di
convivenza tra gli uomini.
Non può dunque passare inosservato il fatto che Dugin
consideri l’attuale conflitto ucraino come l’inizio della fase bellica del “confronto
contro il globalismo come fenomeno planetario integrale”. Un conflitto che il
filosofo ritiene essere sia geopolitico che ideologico e che vede essere una
vittoria in tutti i paesi del mondo, inclusi Europa e Stati Uniti, di tutte le
forze da lui definite come alternative, sia di destra che di sinistra, creando
le condizioni per una nuova multipolarità. Infatti, nella visione
Neo-Euroasiatica, come fu nella visione ideologica comunista, la Russia viene
concepita come una civiltà destinata a salvare il mondo dal neoliberismo,
riportando l’Occidente a riabbracciare le proprie radici tradizionali greco-romane,
cristiane, bizantine, oggi incarnate dalla Russia in quanto erede sia
dell’Impero Romano che del Sacro Romano Impero. Mosca incarnerebbe così
l’eredità imperiare di Roma e conseguentemente il suo destino di grande
unificatrice e civilizzatrice.
Ma quanto è diffusa e influente questa visione nel
contesto del governo russo? Nel 1997 Dugin pubblicò un volume dal titolo “I
fondamenti della geopolitica: il futuro geopolitico della Russia” che esercitò
fin da subito un’influenza significativa sulle élite militari e di politica
estera del paese diventanto ben presto uno dei libri di testo nelle accademie
militari e di polizia del paese, anche grazie al supporto del Generale Nikolai
Klokotov. Grazie all’assenza di riferimenti esoterici e mistici, presenti in
molte delle sue opere precedenti, Dugin riuscì anche a far breccia nella società
civile, e il libro fu anche adottato in diversi curriculum scolastici arrivando
a contribuire a costruire l’attuale ceto dirigente russo e la percezione
popolare del paese. Quanto a Putin, sappiamo che Dugin ha esercitato sia
un’influenza diretta sul presidente russo, tramite il partito Eurasia fondato
nel 2002, che una indiretta, tramite molti dei suoi consiglieri personali che
seguono i precetti della Quarta Teoria Politica e la Chiesa Ortodossa Moscovita
che ne ha abbracciato la visione teocratica.
La recente invasione dell’Ucraina potrebbe dunque essere coerente
con una strategia basata sull’ideologia Neo-Euroasiatica patrocinata da Dugin
per indebolire l’ordine liberale internazionale. Se così fosse, questa sarebbe
dunque solo una fase in una guerra più ampia e destinata a protrarsi nel tempo
irrigidendosi su linee ideologiche e pseudo-religiose.
Ucraina: aumentano i bombardamenti con artiglieria e missili ma rallenta l’avanzata terrestre.
Le forze militari russe intensificano i bombardamenti sul fronte meridionale, su Odessa e Mariupol, e sui fronti settentrionale e orientale, in particolare Kiev e Kharkiv.
Le limitate azioni tattiche russe a nord-ovest di Kiev potrebbero indicare le fasi preparatorie di un’offensiva su larga scala in tempi brevi o, in alternativa, una mossa volta a far credere ormai prossimo un attacco al fine di accelerare il processo negoziale a favore di Mosca.
Claudio Bertolotti
Le forze russe stanno affrontando crescenti difficoltà nel rimpiazzare le perdite in combattimento – stimate in circa 7.000 caduti, compresa la possibile morte del comandante della 150a divisione di fanteria meccanizzata vicino a Mariupol, oltre a mezzi da combattimento ed equipaggiamenti. Potrebbero non essere sufficienti gli sforzi russi per rischierare forze dall’Armenia, dall’Ossezia del Sud, dalla Georgia e dalle unità di riserva nel distretto militare orientale, nonché i richiami di riservisti e di leva e il dubbio trasferimento di combattenti siriani in Russia e Bielorussia.
L’intervento del Direttore Claudio Bertolotti ad Agorà Extra, Rai 3 del 17 marzo 2022.
A più di
due settimane dall’inizio delle operazioni, appare piuttosto chiara la tendenza
secondo la quale la campagna offensiva russa è entrata in una nuova fase.
Logoramento e attrito con “attacchi sistematici”
Dopo le
prime grandi operazioni manovrate, e le penetrazioni in profondità attuate
nella prima settimana dell’offensiva russa, ora molti indicatori mostrano come
si sia aperta una nuova fase di logoramento e attrito. Le forze attaccanti non
hanno mantenuto l’iniziale “momentum” del loro ritmo operativo, ma è dubbio
che, come dichiarato dal ministero della difesa ucraino, abbiano del tutto
“perso l’iniziativa”, perché in quasi tutti i settori esse continuano invece le
loro azioni, che si sviluppano in tutta una serie di “attacchi sistematici”,
tipici delle operazioni offensive contro posizioni fortemente organizzate a
difesa, quali sono ormai quelle ucraine, senz’altro sorrette, queste ultime, da
una ferma determinazione e una condotta abile dal punto di vista tattico. Dal canto
loro, in molti e importanti settori gli ucraini continuano a reiterare la
resistenza delle loro forze rimaste isolate nelle “sacche” venutesi a creare
nella prima settimana di combattimenti, fattore che ha contribuito in modo
determinante a smorzare lo slancio offensivo russo, complice, come già
menzionato nei precedenti apprezzamenti, una relativa scarsità di forze da
parte di questi per finalizzarne l’annientamento.
Confermati i cinque sforzi offensivi russi
Sono confermati i 5 sforzi offensivi russi: a Nord, lungo la sponda destra (ovest) del Dnepr, a nord-ovest e ovest di Kiev; a nord-est, in direzione del lato orientale dell’area di Kiev, ma con uno sforzo importante per ridurre il perimetro della sacca di Chernihiv. A est, nel settore di Kharkov, con un forte impegno a sud-est di questa, in direzione di Izium. A sud-est, nel settore del Donbass, dove avrebbero allargato il “land Bridge” tra quest’ultima regione e la Crimea e ridotto il perimetro di Mariupol; a sud, lungo il basso corso del Dnepr, dalla Crimea e in direzione di Odessa, ma con ormai quello che pare un nuovo asse offensivo in direzione nord-ovest, in direzione di Kryvyi Rih, importante snodo delle vie di comunicazione da e per la sponda destra (ovest) del Dnepr.
L’espansione russa in Ucraina (D+19)
Un finto attacco su Kiev e il supporto dell’intelligence occidentale
Nel
settore nord di Kiev, gli attacchi condotti nei giorni 8-10 marzo dalle unità
della 35a armata combinata russa, di entità pari a circa 5 gruppi
tattici a livello battaglione (BTG) nell’area di Irpin, a ovest di Kiev, sono
stati respinti, ma non è chiaro se si sia trattato di azioni dimostrative o di
un reale tentativo di sfondamento, dal momento che il rapporto di forze, viste
quelle contrapposte, pari ad almeno 2 brigate meccanizzate ucraine (14a
e 72a) non era certo favorevole per l’ottenimento di un risultato
decisivo. Inoltre, in questo settore gli ucraini hanno distrutto un ponte del
genio gittato dagli avversari sul fiume Irpin, dimostrando ancora una volta una
notevole capacità d’impiego del fuoco in azioni di interdizione su elementi del
dispositivo avversario al di là della linea di contatto. Ancora una volta, è
lecito pensare che il supporto di
assetti ISR (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance) NATO/USA abbia
giocato un ruolo importante in quest’azione. A est di Kiev, unità russe della 2a
armata combinata della guardia (l’identificazione di questa unità,
precedentemente indicata come “carri” è stata modificata in questi ultimi
giorni), indicate come appartenenti alla 2a divisione corazzata
della guardia e della 90a divisione corazzata, hanno condotto
attacchi in direzione di Brovary, azioni che hanno portato a risultati
parziali, con le avanguardie degli attaccanti che sono entrate nei sobborghi di
quest’ultima località, ma avrebbero anche subito perdite rilevanti. In
particolare, un attacco condotto il 10 marzo dal 6° reggimento corazzato della
guardia (90a divisione corazzata), proprio in direzione di Brovary,
è stato respinto con l’unità russa che ne è uscita notevolmente logorata.
L’ultimo aggiornamento del 14 marzo riporta comunque pesanti combattimenti in
corso ancora in quest’area, con le forze russe sempre in prossimità di Brovary. Le operazioni in questo
settore sarebbero particolarmente importanti, poiché questa città rappresenta un importante crocevia di importanti strade.
La M-03, che collega Kiev con Poltava e Kharkiv e poi con ll Donbass, mentre la
E-95, conduce a nord, verso il confine bielorusso; se questi assi stradali
venissero tagliati, le forze ucraine che ancora resistono nella sacca di
Chernihiv-Nizhyn sarebbero irrimediabilmente isolate, mentre allo stesso modo
la regione di Kiev sarebbe tagliata fuori dal resto dell’Ucraina orientale.
Settore nord-est: difesa a oltranza ucraina
Nel
settore nord-est, direttamente collegato alle azioni in corso a est di Kiev, le
unità russe della 1a armata carri della guardia, sono ancora
pesantemente impegnate a contenere e ridurre la sacca di Sumy. In essa a
resistere sarebbero i reparti della 92a brigata meccanizzata
ucraina, che continua a difendere tenacemente la sua “istrice” da elementi di
almeno 3 divisioni russe (4a divisione corazzata della guardia, 47a
divisione corazzata, 2a divisione motorizzata della guardia) e della
27a brigata motorizzata della guardia. Nondimeno, le forze ucraine
(reparti della 58a brigata motorizzata), che sono attestate
all’altezza delle località di Romny e Pryluky, e verosimilmente rafforzate da
elementi della difesa territoriale, continuano ad agire contro le lunghe linee
di comunicazione di questo esteso asse d’attacco dei russi. Sono proprio queste
azioni, condotte contro l’alimentazione logistica dei reparti russi che stanno
operando a est di Kiev e a Brovary, a ostacolarne lo slancio offensivo e
impedirne la concentrazione di forze per sferrare un’offensiva decisiva.
Inoltre, le forze ucraine isolate a nord-est di Kiev (nel settore sarebbe stata
identificata la 1a brigata corazzata ucraina), sono state comunque
molto attive e aggressive, tanto da sferrare, nella giornata dell’11 marzo, un
contrattacco con il quale hanno riunito le due sacche di Chernihiv e Nizhyn,
prima di allora rimaste separate.
Settore est: riorganizzazione russa per accerchiare gli ucraini nel
Donbass
Nel
settore est, nell’area di Kharkiv, due unità della 1a armata carri
della guardia che vi operano, la 200a brigata motorizzata e la 25a
brigata motorizzata, avrebbero perso molto della loro capacità operativa a
causa delle perdite subite, e sarebbero ora in una fase di riordino e di
riorganizzazione con rimpiazzi costituiti da riservisti. In ogni caso, forti
unità della 6a e 20a armata combinata (144a
divisione corazzata e 3a divisione corazzata della guardia) hanno da
tempo indirizzato i propri sforzi offensivi verso sud, al fine di conquistare
Izium e Severdonetsk, cosa che provocherebbe l’accerchiamento di ben 3 brigate
ucraine schierate sul fronte del Donbass: 24a, 53a e 30a
brigata meccanizzata. Nella giornata del 13 marzo unità russe erano penetrate
nei sobborghi di Izium, dove comunque sono ancora in corso aspri combattimenti,
mentre Severdonetsk sarebbe accerchiata da tre lati. Infine, nell’area della
accerchiata Mariupol, unità russe della 42a divisione motorizzata
della guardia e della 150a divisione motorizzata, unitamente alla
810a brigata di fanteria di marina, combattono per continuare a
stringere il cerchio attorno alla città, mentre avrebbero comunque allargato
verso nord la fascia di territorio che unisce il Donbass alla Crimea,
respingendo in questa direzione due brigata ucraine, la 54a brigata
meccanizzata e la 56a brigata motorizzata, che non sembrano così
avere più la possibilità di poter agire in soccorso della città assediata. In
generale, con non meno di 12 brigate
ucraine (tra le migliori) che sono ancora attestate e combattono duramente
lungo la linea di contatto del Donbass, e sono ancora minacciate di
accerchiamento, questo è il settore più
critico, passibile di produrre i maggiori sviluppi operativi nei prossimi
giorni, a condizione che i russi riescano a mantenere la capacità di mantenere
e possibilmente aumentare la pressione reiterando i loro sforzi offensivi.
Settore sud: i russi a fatica verso il Dniepr
Nel
settore sud, le forze russe della 58a armata sono sempre impegnate
sui due assi ampiamente divergenti di Mikolayv e Zaporizhya. Sul primo di essi,
le unità della 7a divisione d’assalto aereo premono ancora sul lato
orientale di Mikolayv, ma si sono proiettate anche verso nord-ovest, in
direzione di Voznesensk, sulla strada per Odessa, che però non hanno
conquistato, e poi verso nord-est, in direzione di Kryvyi Rih. Quest’ultima
direttrice condurrebbe lungo la sponda destra (ovest) del Dnepr, fino al lato
occidentale del passaggio sul grande fiume all’altezza di Zaporizhya, ma fino
ad ora risulta sbarrata dalla 17a brigata corazzata ucraina. La 7a
divisione d’assalto aereo, da sola, non è infatti una forza sufficiente per
attaccare lungo più assi, per giunta così divergenti e distanti tra loro. Sul quadrante est, infine, a premere su
Zaporizhya da sud sono pochi BTG della 42a divisione motorizzata
della guardia, che nel periodo considerato non hanno fatto progressi
significativi.
Aumenta l’uso dell’artiglieria e dell’aviazione
Da un punto di vista più generale, si è assistito da parte russa a un impiego crescente dell’artiglieria. Questa però, con una parte importante delle forze ucraine attestate nei centri abitati perde parte della sua efficacia, come ci hanno mostrato importanti battaglie urbane del passato, come Cassino, Ortona, Huè, Grozny ecc., e le più recenti Aleppo e Mosul. Analoga intensificazione si è vista nell’utilizzo del fuoco aereo, a riguardo del quale si è fatto un gran parlare della “mancata” supremazia aerea (concetto diverso dalla più limitata “superiorità”, avremo forse modo di precisare meglio in seguito questi concetti) non conseguita dai russi, ma questa ripetiamo, è dovuta esclusivamente al contrasto esercitato dai numerosi sistemi controaerei ucraini, peraltro quasi tutti di concezione sovietico-russa. Ciò non impedisce comunque ai russi di continuare a condurre continui attacchi d’interdizione in profondità (sempre con un ampio uso di missili balistici e da crociera che vanno a integrare le missioni aeree), anche nell’area a ovest del Dnepr, nell’ambito dei quali il pesante attacco al centro di addestramento/logistico di Yacoriv, nei pressi del confine polacco, è stato il più significativo e importante. Queste osservazioni sono così ampiamente coerenti con quanto premesso all’inizio di questo apprezzamento, nel momento in cui si è tratteggiato il fatto che le operazioni hanno ora assunto la forma di una lotta di logoramento, nella quale, come noto, la potenza di fuoco gioca un ruolo di primo piano
Segni di cedimento nella difesa ucraina: il rischio di accerchiamento russo. Il commento di C. Bertolotti a RaiNews24 (marzo 2022).
Nonostante le difficoltà logistiche e le azioni di disturbo ucraine, la manovra russa procede da est e da sud. Se Odessa cadesse, Kiev perderebbe lo sbocco al mare. Intanto, con la minaccia dell’assalto alla capitale, sul tavolo negoziale Putin può far pesare una posizione di forza.
Claudio Bertolotti
Il commento di Claudio Bertolotti, Direttore di START InSight, a RaiNews24 il 3 marzo 2022.
🔴 La Russia è in difficoltà? Quali scenari si prospettano per il futuro? Sarà una lunga guerra? Sulla carta (perlomeno) quali vie d’uscita ci sono? Estratti dall'intervista a @cbertolotti1 su #TeleTicino la scorsa settimana startinsight.eu/9-maggio-la-g…
Guerra russo-ucraina (D+65): la coerenza della dottrina militare russa e l’errata percezione occidentale (Seconda parte) | Di #FabioRiggi per Start Insight 👇startinsight.eu/guerra-russo-…
@afrofocus spiega che "nonostante il pressante impegno militare in Ucraina, Mosca sta cercando di preservare i suoi interessi diplomatici e militari in Mali e anche nel resto dell’Africa" ⬇ L'analisi per START InSight startinsight.eu/presenza-russ…
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