Situazione e Apprezzamento al D+6 1 marzo

La campagna di Ucraina: analisi operativa al D+6

Un apprezzamento operativo dopo il primo incontro delle delegazioni russo-ucraina

di Luigi Chiapperini*

Dopo i primi incontri tra le delegazioni russe e ucraine molti si sono chiesti come mai sono proseguite, anzi si sono intensificate, le operazioni sul terreno. Il motivo è presto detto: le parti, in particolare chi ha in questo momento l’iniziativa e quindi i russi, intendono raggiungere posizioni di forza da presentare al tavolo delle trattative che si prospettano verosimilmente lunghe.

In mancanza di informazioni complete (solo oggi iniziano ad arrivare immagini satellitari rilasciate dagli USA), come si può spiegare cosa sta avvenendo sul terreno? Come sta agendo la macchina militare russa? Per fare questo bisogna necessariamente rifarsi alla dottrina del vecchio Patto di Varsavia aggiornandola sulla base delle più recenti tattiche che si sono potute apprendere osservando le esercitazioni delle forze armate russe e dei più recenti sistemi d’arma introdotti nelle loro fila.

Possiamo pertanto presumere che i russi organizzino le loro forze su due schiere, una avanzata su due scaglioni (primo e secondo), una seconda schiera arretrata e infine forze in riserva senza compiti specifici ma con orientamenti di impiego volti a coprire situazioni negative inaspettate o a sfruttare in profondità il successo dopo l’azione delle seconde schiere. Per chi ama la storia dell’antica Roma e solo per semplificare ancora di più il ragionamento, si può immaginare il dispositivo russo come quello delle legioni manipolari romane con la prima schiera costituita da velites (in primo scaglione) e hastati (in secondo scaglione), la seconda schiera con i principes meglio armati e più esperti dei primi e infine con i triarii, i veterani di tante battaglie e i più pesantemente armati, in riserva e poco spesso utilizzati in quanto quasi sempre le prime due schiere erano sufficienti ad aver ragione del nemico. Infatti quando ciò non avveniva e quindi dovevano intervenire i triari, significava che qualcosa stava andando storto e si diceva “Res ad triarios redire”, cioè affidare l’estremo tentativo di capovolgere le sorti della battaglia ai triari (le forze in riserva di oggi).

Un’invasione in due tempi

È possibile dire che probabilmente sinora sia stata immessa in Ucraina la prima schiera russa con unità esploranti che hanno effettuato unicamente la presa di contatto praticamente lungo tutto il confine a nord, ad est e a sud dell’Ucraina, seguiti dai cosiddetti BTG (ossia i Batalonnaja Takticheskaja Gruppa, gruppi tattici di livello battaglione), che rappresenta la vera novità rispetto al passato sovietico. Ciascun reparto russo è stato organizzato dal capo delle forze armate russe Valerij Gerasimov in modo da lanciare sul davanti questi battaglioni, con un misto di assetti letali delle varie tipologie. Costituiscono quindi il bulk della prima schiera russa e combattono in modo autonomo aprendo la strada alla seconda schiera costituita dal grosso delle forze. Secondo uno studio della Difesa svedese, i BTG russi ammassati al fronte prima dell’invasione sarebbero stati in grado di dominare un campo di battaglia profondo trecento chilometri e altrettanto largo: quasi tutta la pianura ucraina fino al fiume Dnepr. Ciò invece non è avvenuto. I BTG dovrebbero invece aver raggiunto gli obiettivi di primo tempo e cioè le periferie di Kiev, Karhov e Mariupol. Ecco quindi la sosta operativa del 28 febbraio, lo scavalcamento dei BTG da parte della seconda schiera e la ripresa ancora più violenta dei combattimenti proprio durante i colloqui di Gomol. L’immissione della seconda schiera è confermata dalle immagini delle lunghissime colonne di veicoli da combattimento russi che affluiscono in Ucraina e dalle foto che iniziano a pervenire di mezzi più moderni (tipo i carri armati T-90) rispetto a quelli che vedevamo nei giorni scorsi (i T-72B3M).

Ad oggi lo sforzo militare russo sembra svilupparsi, anche se sembra con qualche difficoltà di troppo che abbiamo visto, essenzialmente lungo quattro direttrici:

– da nord verso Kiev per stringere la capitale in una tenaglia;

– da nord est verso Kharkov, seconda città dell’Ucraina, in quanto possibile perno di manovra per successivi movimenti verso Kiev, il Donbass e il fiume Dnepr;

– quella da est nelle repubbliche indipendentiste del Donbass;

– da sud, essenzialmente dalla Crimea e supportate da operazioni anfibie, verso Odessa e verso est per ricongiungersi ragionevolmente alle forze che stanno attaccando Mariupol.

Poi ci sono una pletora di altre azioni minori volte presumibilmente a drenare forze ucraine dallo sforzo principale che ancora però non è possibile individuare: potrebbe essere quello che interessa il Donbass oppure l’attacco alla capitale.

Non è possibile neanche individuare al momento l’end state militare, cioè la situazione finale militare desiderata dai russi. Se torniamo all’inizio del conflitto, molti commentatori, tra i quali sommessamente il sottoscritto, avevano considerato l’invasione dell’intera Ucraina possibile ma poco probabile. Con gli attacchi da varie direzioni (forse troppe), incluso quello verso la capitale Kiev, la Russia sta invece rischiando. Con le forze disponibili, per l’esercito russo risulterebbe già complicato riuscire a penetrare molto in profondità nello schieramento ucraino (anche se lo ritengo ancora fattibile) ma si rivelerebbe ancor più problematico mantenere per lungo tempo il controllo dell’intero territorio ucraino che, lo ricordiamo, è il doppio di quello italiano. Più verosimilmente, l’attacco verso Kiev e verso altre aree chiave aveva lo scopo oltre che di acquisire territori, di far cadere il governo del presidente Zelensky, cosa che sinora non si è realizzata anche per la forte resistenza delle forze armate ucraine.

Quali territori intenderebbe occupare la Russia? Fin dove vorrebbe spingersi?

Qui si possono azzardare (perché di questo si tratta, di mere ipotesi) due possibili scenari futuri: i russi, oltre alla “liberazione” completa dei territori delle due repubbliche indipendentiste del Donbass, potrebbero occupare la parte meridionale dell’Ucraina dal Donbass stesso alla Crimea, trasformando così il Mare d’Azov in un Mare Nostrum russo.

Togliere all’Ucraina lo sbocco sul mare?

L’azione potrebbe estendersi ancora più a ovest verso Odessa e la Transnistria (regione questa che nel 2014, non dimentichiamolo, chiese la propria annessione alla Russia) in una sorta di continuum territoriale. In pratica, l’Ucraina diventerebbe una enclave terrestre, con meno sbocchi o, peggio ancora, con nessuno sbocco in mare. Questa potrebbe essere la linea di azione russa più pericolosa e penalizzante per l’Ucraina.

La linea del Dnepr che taglia in due il paese

Un’altra ipotesi vede invece il raggiungimento da parte delle forze russe del fiume Dnepr che taglia in due l’Ucraina da nord a sud.

In entrambi i casi si tratterebbe della realizzazione di una nuova “cortina di ferro”, intesa come nuovi confini più che dell’avvio di una nuova guerra fredda che non conviene a nessuno, almeno nel medio e nel lungo termine. Nel breve invece, come sappiamo, le sanzioni renderanno veramente distanti i due mondi come e forse più di trenta anni fa.

Sono solo ipotesi che servono a capire il perché delle richieste che avanzeranno russi e ucraini nei colloqui partiti il 28 febbraio. Più significativi saranno gli obiettivi militari acquisiti, più semplice sarà ottenere quelli politici. Quali potrebbero essere?

Sulla base dei discorsi di Putin del 21 e del 24 febbraio scorsi prima dell’avvio delle operazioni militari, i russi tenderanno verosimilmente a chiedere: il riconoscimento formale delle due Repubbliche popolari di Donetsk e di Luhansk, l’accettazione dell’annessione della Crimea alla Russia, l’esclusione dell’Ucraina da ogni piano di adesione alla NATO (Putin l’ha chiamata “smilitarizzazione”), nuove elezioni (nel suo gergo “de-nazificazione”). Putin aveva anche ribadito che non avrebbe occupato l’Ucraina (“i nostri piani non includono l’occupazione dei territori ucraini. Non imporremo nulla a nessuno con la forza.”) ma tra il dire e il fare… 

L’Ucraina avrà probabilmente più o meno margine di manovra negoziale a seconda della situazione militare sul terreno. Una completa sconfitta non lascerebbe spazio alla Ucraina che, anzi, potrebbe dover soffrire anche la perdita di ulteriori territori oltre al Donbass come sopra ipotizzato. Sarebbe in pratica la fine dell’Ucraina come l’abbiamo conosciuta, dimezzata, anche se il suo ingresso nell’Unione Europea potrebbe indorare la pillola.

Nel caso in cui le forze armate del coraggioso e sin qui audace presidente Zelensky dovessero invece resistere ancora per molto tempo tenendo in scacco le unità russe, allora è possibile che Putin si accontenti del risultato minimo, cioè il Donbass, l’annessione riconosciuta della Crimea e la promessa di non ingresso dell’Ucraina nella NATO. Ma, come detto, sono solo mere ipotesi.

I prossimi giorni saranno cruciali per capire meglio il futuro dell’Ucraina e non solo, poiché sono già entrati e probabilmente entreranno in gioco altri attori più o meno influenti tra i quali la Bielorussia (ancorata alla Russia), la Moldavia (con il problema della Transnistria), la NATO (che ha rafforzato il suo fianco est e che con gli aiuti diretti all’Ucraina sta anch’essa “azzardando”), l’Unione Europea (che forse ora sarà spinta ad adottare finalmente una politica estera e di difesa comune – il primo passo sarà lo Strategic Compass) e “last but not the least” la Cina (astenutasi nel Consiglio di sicurezza ONU e che continua a stuzzicare Taiwan facendola sorvolare, per ora, dai suoi cacciabombardieri).

La situazione militare sul terreno ci dirà nei prossimi giorni se Putin ha azzardato oppure centrato la mossa di attaccare massicciamente l’ormai ex sorella Ucraina.

*Generale di Corpo d’Armata Luigi Chiapperini, già pianificatore nel comando ARRC – Kosovo Force della NATO, comandante dei contingenti nazionali NATO in Kosovo nel 2001 e ONU in Libano nel 2006 e del contingente multinazionale NATO in Afghanistan tra il 2012 e il 2013, Vice Capo del Reparto Pianificazione Generale e Direzione Strategica / Politica delle Alleanze presso lo Stato Maggiore Difesa, Capo Ufficio Generale del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, attualmente membro del Centro Studi dell’Esercito, presidente dei lagunari dell’A.L.T.A. e collaboratore del Campus universitario CIELS di Padova.




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