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Ucraina: la Russia di Putin e la visione di Macron

di Claudio Bertolotti

Il discorso del Presidente russo Vladimir Putin del 9 maggio, in occasione della parata per celebrare la vittoria sul nazismo nella seconda guerra mondiale, è stato volutamente rassicurante nei confronti dell’opinione pubblica russa, e volutamente contenuto. E al contempo è stato coerente con la visione russa di quanto sta accadendo e di come la sua classe dirigente, e con essa anche il suo popolo, percepisce l’ipotesi di una minaccia permanente. La frase pronunciata da Putin – cito – di un “pericolo cresciuto ogni giorno, la Russia ha dato un colpo preventivo” si colloca esattamente all’interno di questa percezione, che è nota come la sindrome da “fortezza sotto assedio”, una percezione storicamente presente all’interno della società russa e che per questo motivo ha definito la propria politica estera e scritto la dottrina strategica militare prevedendo “azioni preventive” in un’ottica difensiva. È una lettura interessante, che non si limita ad osservare quanto accade dal punto di vista ucraino o occidentale. Questo non vuol dire giustificare, ma offre uno strumento di lettura che spiega il relativo sostegno del sistema e del popolo russo a questa guerra.

Dal punto di vista operativo, lo scontro si è ormai consolidato come guerra di attrito e logoramento e si sta trasformando in una sciagura per la Russia, almeno rispetto alle aspettative iniziali. Russia che mantiene il vantaggio tattico ma con un’Ucraina, sempre più sostenuta dagli Stati Uniti e il Regno Unito e dagli altri paesi occidentali e della Nato, che si rafforza sempre più e che, da una posizione di difesa, sta assumendo una postura attiva caratterizzata da alcune azioni di contrattacco, non rilevanti sul piano generale ma certamente significative e galvanizzanti per il morale delle truppe di Kiev.

LE CONDIZIONI PER UN NEGOZIATO

E allora si guarda al negoziato, al momento lontano dal potersi realizzare perché un negoziato, per essere tale, deve porre sullo stesso piano, in posizione paritaria, i due contendenti; altrimenti è l’imposizione della resa e come tale non verrà accettata da entrambi i soggetti. È necessario trovare una soluzione mediata che consenta a Mosca e a Kiev di uscire a testa alta nei confronti dei rispettivi cittadini. Detto in altri termini, la Russia – e Putin per primo – non accetterà una soluzione che imponga un ritiro senza l’ottenimento di un risultato concreto. Un risultato che non potrà escludere il controllo della Crimea da parte della Russia, e con essa la continuità territoriale con il Donbas.

MACRON: UNA RISPOSTA PRAGMATICA DA LEADER EUROPEO

Il presidente francese Emmanuel Macron ha dato una risposta da leader europeo, forte, pragmatica, razionale e molto lontana dall’idealismo di chi chiede il ritiro incondizionato della Russia e vuole una partecipazione europea che continui a insistere su un dialogo che parta dal presupposto dell’accordo politico come presupposto all’arresto delle manovre militari. Macron sa, e lo esplicita, che la Russia non farà un passo indietro che possa essere recepito o letto come un’umiliazione. Sostenere l’Ucraina affinchè la Russia non vinca è l’unica opzione per portare a uno stallo operativo da cui partire. Detto in altri termini: è dal campo di battaglia, e dai territori materialmente occupati, che si definisce la base di un accordo negoziale e non il contrario.

E Macron ha l’ardire, o l’onestà intellettuale, di evidenziare un altro aspetto chiave: gli interessi dell’Unione europea non sono gli stessi degli Stati Uniti. E questo spiega la ragione dei diversi approcci, visioni, e partecipazione.

GLI INTERESSI DELL’UNIONE EUROPEA NON SONO QUELLI STATUNITENSI

Guardando alla guerra in Ucraina, gli Stati Uniti hanno una priorità: indebolire la Russia. Una volontà, quella di Washington (e dell’amministrazione guidata da Joe Biden), che non considera le priorità europee e che percepisce la guerra ucraina come un’occasione per porre un freno, economico prima che militare, all’attivismo russo sul piano delle relazioni internazionali; anche a costo di un prolungamento forzato della stessa guerra. Non che la Russia rappresenti una minaccia diretta per gli Stati Uniti, ma l’occasione è quella di rendere Mosca l’anello debole di una possibile coalizione russo-cinese in un’ottica di competizione tra Washington e Pechino. Una competizione che ha ormai da tempo spostato l’asse strategico sull’Oceano Pacifico, relegando il Vecchio Continente in una posizione subordinata e secondaria, ma comunque utile e funzionale agli obiettivi di medio-lungo periodo.

Al contrario, i buoni rapporti tra la Russia e l’Unione Europea, o meglio con alcuni paesi dell’Unione europea – per ragioni prevalentemente commerciali ed energetiche –, rappresentano un potenziale ostacolo a una posizione europea unitaria in termini di sanzioni nei confronti di Mosca. Questo è un limite che lo stesso presidente francese, Emmanuelle Macron, ha posto in evidenza, ancora una volta, invitando gli alleati e i partner ad agire in maniera coerente con quelli che sono i principi e gli interessi di quella stessa Unione che, al contrario degli Stati uniti, ha molto da perdere dal perdurare di un conflitto ai propri confini e che coinvolge un paese, l’Ucraina, che ha espresso il desiderio di entrare a far parte dell’Unione.




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