Cognitive warfare: manipolare i numeri per condizionare l’opinione pubblica globale. Come Hamas ha ingannato i media occidentali.
di Claudio Bertolotti.
Tratto dal libro di C. Bertolotti C. (2024), Gaza Underground: la guerra sotterranea e urbana tra Israele e Hamas. Storia, strategie, tattiche, guerra cognitiva e intelligenza artificiale, ed. START InSight, Lugano, pp. 325. VAI AL LIBRO.
Abstract
L’articolo analizza l’emergere della “guerra cognitiva” come strategia moderna che sfrutta tecnologie avanzate e tecniche psicologiche per manipolare la percezione pubblica, superando la tradizionale disinformazione. In questo contesto, Hamas ha adottato tali tattiche per influenzare l’opinione pubblica globale durante il conflitto con Israele. Utilizzando simboli, narrazioni emotive, e campagne mediatiche, Hamas ha manipolato le informazioni per ottenere supporto internazionale. L’articolo esamina anche la manipolazione dei dati sulle vittime del conflitto da parte di Hamas, evidenziando incongruenze statistiche che suggeriscono la falsificazione deliberata per confondere e condizionare la percezione globale degli eventi.
La guerra cognitiva e le sue potenzialità a favore del terrorismo di Hamas.
Nell’era digitale, la guerra non è più confinata ai campi di battaglia fisici. Al centro del conflitto contemporaneo emerge il concetto di “guerra cognitiva”, una strategia sofisticata che mira a influenzare, modellare e talvolta controllare la percezione e il comportamento umano. La guerra cognitiva si distingue per l’uso di tecnologie avanzate e tecniche psicologiche per infiltrarsi nelle menti degli individui. Questo approccio va oltre la semplice disinformazione o propaganda; «include l’uso di intelligenza artificiale, algoritmi di apprendimento automatico per influenzare il pensiero e le decisioni delle persone senza il loro consenso esplicito» (Farwell, J. 2020). Questo tipo di guerra si avvale della vulnerabilità delle società moderne all’overload informativo, utilizzando le stesse piattaforme che facilitano la comunicazione globale e l’accesso all’informazione per diffondere contenuti mirati a destabilizzare.
L’articolo che segue analizza come l’attore para-statale Hamas abbia adottato strategie di guerra cognitiva per avanzare i suoi obiettivi geopolitici, economici e sociali. Attraverso il caso studio della guerra Israele-Hamas in corso e analisi teoriche, esploriamo come queste tattiche vengano impiegate in uno scenario di conflitto ibrido, caratterizzato dalla manipolazione.
Questa articolo, frutto di attività di ricerca e tratto dal volume “Gaza Underground: la guerra sotterranea e urbana tra Israele e Hamas”, non solo mette in luce le capacità distruttive della guerra cognitiva, ma promuove anche un dibattito critico sulle norme internazionali e le politiche necessarie per regolamentare l’uso delle tecnologie cognitive in contesti bellici.
La guerra cognitiva rappresenta una frontiera critica e inquietante del conflitto moderno. La nostra comprensione di questo fenomeno è essenziale per la salvaguardia delle democrazie e per il mantenimento della pace e della stabilità globale.
L’influenza delle opinioni pubbliche amiche e avversarie
Nel corso del conflitto con Israele, Hamas ha adottato varie strategie di cognitive warfare – la guerra cognitiva – per influenzare l’opinione pubblica, sia arabo-musulmana che occidentale, al fine di ottenere sostegno per la propria causa.
Un elemento chiave è stato l’uso di simboli e narrazioni. Hamas ha adottato simboli e narrazioni tesi a suscitare empatia o sostegno per la propria causa, cercando di creare un legame emotivo tra il pubblico e la sua lotta. Una scelta che ha contribuito a plasmare le opinioni delle persone attraverso un’identificazione emotiva con la causa di Hamas.
Le attività online hanno rappresentato un’altra tattica importante. Hamas ha saputo ben sfruttare le piattaforme in rete per diffondere messaggi, coinvolgere l’opinione pubblica e coordinare attività di propaganda. Una presenza virtuale che ha garantito al gruppo di raggiungere un vasto pubblico in tutto il mondo.
La messa in scena di eventi mediatici è un’altra strategia impiegata da Hamas, che ha saputo organizzare con cinica maestria eventi o situazioni mirate a generare un’ampia e favorevole copertura mediatica o a suscitare emozioni di sdegno – verso Israele – e di solidarietà – verso i palestinesi. Questi eventi sono stati progettati per influenzare l’opinione pubblica attraverso una narrazione a supporto della causa di Hamas, volutamente sovrapposta e confusa con la cosiddetta “causa palestinese”. Un target, quello di Hamas, che è solo secondariamente interno poiché l’obiettivo primario è il coinvolgimento dell’opinione pubblica internazionale. Hamas ha così tentato di ottenere sostegno a livello globale coinvolgendo organizzazioni internazionali, governi o gruppi di pressione: una strategia che ha mirato ad ampliare il sostegno internazionale alla sua causa, influenzando così la percezione globale del conflitto. In sintesi, attraverso l’uso coordinato di queste strategie, Hamas ha cercato di modellare la percezione del pubblico a livello locale e internazionale, puntando ad ottenere il più ampio sostegno possibile contro Israele (Bachmann, 2024)
Una delle principali strategie è stata proprio la propaganda mediatica, basata sull’utilizzo dei media per diffondere un’interpretazione favorevole della causa di Hamas. Attraverso interviste, comunicati stampa e altri mezzi, i funzionari di Hamas hanno cercato di plasmare la percezione del pubblico a loro favore. Nel corso del conflitto Hamas ha così sfruttato i media per diffondere immagini e storie progettate per suscitare empatia e sostenere la propria narrativa, inclusa la presentazione di immagini di vittime civili o situazioni drammatiche, spesso senza contestualizzazione o con informazioni frammentate.
Inoltre, aspetto maggiormente rilevante – e in parte già accennato – Hamas ha adottato la disinformazione come “tecnica di combattimento”, diffondendo deliberatamente informazioni false o fuorvianti per confondere e manipolare la percezione degli eventi. Un approccio che ha creato un ambiente caratterizzato da una verità sfocata, mettendo in dubbio la credibilità delle fonti di informazione e complicando la comprensione dei fatti da parte del pubblico.
Un esempio: il cosiddetto Ministero della Salute di Gaza, di fatto controllato e gestito da Hamas, ha dichiarato, al 1 marzo 2024, un numero di morti superiore a 30.000, principalmente donne e bambini. È credibile? No, non lo è.
Abraham Wyner, professore di statistica e data science presso la Wharton School dell’Università della Pennsylvania e condirettore della facoltà di Sports Analytics and Business Initiative, ha condotto uno studio sulla questione utilizzando i dati forniti da Hamas dal 26 ottobre al 10 novembre 2023, pubblicato in forma sintetica nell’articolo How the Gaza Ministry of Health Fakes Casualty Numbers. The evidence is in their own poorly fabricated figures (Wyner, 2024), le cui conclusioni si riportano qui in forma sintetica.
Il conteggio delle vittime civili a Gaza ha catturato l’attenzione internazionale sin dall’inizio della guerra. La principale fonte di dati a cui i media e la politica a livello globale hanno fatto riferimento è stata il Ministero della Salute di Gaza controllato da Hamas, il quale ha sostenuto – alla data del 1° marzo 2024 – un dato di oltre 30.000 morti, la maggioranza dei quali costituita da bambini e donne. La stessa amministrazione statunitense, guidata dal presidente Joe Biden, ha dato credibilità ai dati di Hamas. Durante un’audizione alla commissione dei servizi armati della Camera alla fine di febbraio, il Segretario alla Difesa Lloyd Austin ha affermato che il numero di donne e bambini palestinesi uccisi dal 7 ottobre fosse “oltre 25.000”; affermazione a cui è seguita la pronta precisazione del Pentagono in cui si evidenziava che il Segretario avesse citato «una stima del Ministero della Salute di Gaza controllato da Hamas». Lo stesso presidente Biden aveva precedentemente menzionato quella cifra, sottolineando che «troppi, degli oltre 27.000 palestinesi uccisi in questo conflitto [fossero] civili innocenti e bambini». Affermazione, anche in questo caso, a cui è seguita la nota stampa della Casa Bianca riportante il fatto che il presidente avesse fatto «riferimento a dati pubblicamente disponibili sul numero totale di vittime» (Wyner, 2024).
Il problema con questi dati è evidente: i numeri non sono veritieri. Una considerazione che partendo dall’analisi di dati e informazioni disponibili, suggerisce come le vittime non possano essere in prevalenza donne e bambini ma, al contrario, combattenti di Hamas.Se i numeri di Hamas sono in qualche modo alterati o fraudolenti, questo è verificabile attraverso l’analisi degli stessi dati, i quali, anche se limitati, sono comunque sufficienti. Vediamo come Wyner ha potuto verificarne l’attendibilità.
Dal 26 ottobre al 10 novembre 2023, il Ministero della Salute di Gaza ha pubblicato giornalmente cifre sulle vittime, includendo sia il numero totale sia quello specifico di donne e bambini. Il primo elemento su cui Wyner (2024) ha posto l’attenzione è il numero “totale” di morti riportato che, come illustrato nel grafico in Figura 10, mostra un aumento costante nel tempo, quasi lineare.
Questa costanza nell’andamento delle morti mostra elementi incoerenti che suggeriscono un elevato grado di non genuinità. In altri termini, non sarebbero veritieri. Ci si aspetterebbe una certa variazione giorno per giorno, ma la media del conteggio giornaliero delle vittime durante il periodo in esame è di circa duecentosettanta, più o meno il quindici percento: una variazione sorprendentemente minima perché ci si aspetterebbero giorni con almeno il doppio della media (o più) e altri con la metà (o meno). Ciò che emerge è la probabilità che il ministero di Gaza abbia diffuso numeri giornalieri falsati, che variano troppo poco rispetto al normale andamento statistico e ciò sarebbe conseguenza del fatto che, da parte di chi avrebbe prodotto quei dati, vi sarebbe una mancanza di comprensione del comportamento dei numeri che si verificano naturalmente. Pur a fronte dell’assenza di dati di controllo verificati, i dettagli dei conteggi giornalieri rendono i numeri quantomeno sospetti (Wyner, 2024).
Entrando più nel dettaglio, rileva Wyner, dovremmo osservare variazioni nel numero di vittime bambini che seguono la variazione nel numero di donne. Questo perché la fluttuazione giornaliera nei conteggi delle morti è causata dalla variazione nel numero di attacchi su edifici residenziali e contro i tunnel, il che dovrebbe risultare in una considerevole variabilità nei totali ma con una variabilità inferiore nella percentuale di morti tra i gruppi (uomini, donne, bambini): è un principio statistico basilare sulla variabilità casuale. Di conseguenza, nei giorni con molte vittime donne dovrebbero esserci grandi numeri di bambini vittime, e nei giorni in cui si riporta un basso dato di donne uccise, dovrebbero essere riportati solo pochi bambini. Questa relazione può essere misurata e quantificata dal coefficiente di determinazione (R-quadrato) che indica quanto siano correlati i conteggi giornalieri delle vittime donne con i conteggi giornalieri delle vittime bambini. Se i numeri fossero reali, ci si aspetterebbe un R-quadrato sostanzialmente maggiore di 0, tendendo più vicino a 1,0. Ma il coefficiente di determinazione R-quadrato, indicato dal grafico in Figura 11, è 0,017, il che indica che sul piano statistico e sostanziale non differisce da 0 (Wyner, 2024).
Questa assenza di correlazione costituisce il secondo indizio circostanziale che confermerebbe la non autenticità dei numeri forniti dal Ministero della Salute di Gaza.
Un’analisi approfondita richiede di considerare un fattore aggiuntivo significativo: considerata la dinamica del conflitto, ci si aspetterebbe un numero giornaliero di vittime di sesso femminile strettamente legato al numero di vittime di sesso maschile, escludendo donne e minori. Questa ipotesi si basa sul presupposto che le variazioni nella frequenza e nell’intensità dei bombardamenti e degli attacchi influenzino uniformemente i conteggi giornalieri di entrambi i sessi. Contrariamente a tale aspettativa, l’analisi dei dati non rivela una correlazione diretta tra i due; anzi, emerge una marcata correlazione inversa (come illustrato nel grafico in Figura 12). Questo risultato appare incoerente con le previsioni e suggerisce ancora una volta che i dati riportati potrebbero non riflettere la realtà, offrendo un terzo indizio a supporto della possibile mancata autenticità delle cifre comunicate.
Wyner ha poi identificato ulteriori incongruenze nei dati analizzati: ad esempio, le cifre relative alle vittime maschili del 29 ottobre sembrano contraddire quelle del giorno precedente, suggerendo il paradosso che ventisei uomini siano tornati in vita o, piuttosto, la discrepanza potrebbe derivare da errori di attribuzione o di registrazione. Inoltre, ci sono giornate in cui il numero di uomini segnalati come vittime è insolitamente basso, quasi nullo; se si trattasse di semplici errori di registrazione, ci si aspetterebbe che, in queste occasioni, il numero di vittime femminili fosse normale, almeno in media. Tuttavia, rileva Winer, si è osservato che nei tre giorni in cui il conteggio degli uomini è vicino allo zero, il che suggerisce un errore, il numero di vittime femminili è insolitamente alto. Curiosamente, i tre picchi giornalieri più elevati di vittime femminili coincidono proprio con queste anomalie, come evidenziato dal grafico in Figura 13) (Wyner, 2024).
Cosa dovrebbero indurci a pensare queste osservazioni? Anche se le evidenze non sono conclusive, sembra fortemente indicativo che i numeri siano stati generati attraverso un metodo poco o per nulla legato alla realtà effettiva. Sembra che ci sia stata una decisione arbitraria da parte del Ministero della Salute di Hamas nel fissare un numero totale di vittime giornaliero. Questo si deduce dall’eccessiva regolarità con cui i totali giornalieri aumentano, il che rende poco credibile la loro autenticità. Successivamente, sembra che abbiano attribuito casualmente circa il settanta percento di queste cifre totali alle donne e ai bambini, variando questa distribuzione di giorno in giorno. Infine, il numero delle vittime maschili è stato adattato per raggiungere il totale prefissato. Questo spiegherebbe il perché di dati così incoerenti e delle evidenti anomalie osservate.[1]
Vi sono anche altre evidenti “bandiere rosse”. Il Ministero della Salute di Gaza ha costantemente sostenuto che circa il settanta percento delle vittime siano donne o bambini, un dato molto più alto rispetto ai numeri riportati nei conflitti precedenti con Israele. Inoltre, se il settanta percento delle vittime sono donne e bambini e il venticinque percento della popolazione è composto da uomini adulti, ciò suggerisce che i numeri riportati siano almeno grossolanamente inaccurati e molto probabilmente falsificati. Infine, il 15 febbraio, Hamas ha ammesso di aver perso 6.000 propri combattenti, un dato che corrisponde a più del venti percento del totale delle vittime riportate, il che pone in evidenza ulteriori incongruenze. Detto in altri termini: se Hamas riporta che il settanta percento delle vittime sono donne e bambini, ma anche che il venti percento sono combattenti, lo scenario descritto è alquanto improbabile da riscontrare in occasione di un confronto armato in territorio urbano, a meno che Israele non abbia in qualche modo volutamente evitato di uccidere uomini non combattenti, oppure che Hamas voglia lasciar intendere che quasi tutti gli uomini di Gaza siano combattenti di Hamas.
Ci sono numeri migliori a disposizione per chi vuole verificare la veridicità dei dati forniti da Hamas? Alcuni osservatori obiettivi hanno riconosciuto che i numeri di Hamas in precedenti conflitti con Israele fossero relativamente accurati. Tuttavia, la guerra Israele-Hamas iniziata nel 2023 si è imposta come un qualcosa di completamente diverso dagli eventi che l’hanno preceduta, per scala e per portata; gli osservatori internazionali che in passato hanno potuto monitorare gli scontri tra Israele e Hamas, sono stati completamente assenti nell’ultimo conflitto, quindi non è possibile fare affidamento sul passato come elemento di riferimento. La “nebbia della guerra” (fog of war) è particolarmente densa a Gaza, e ciò rende impossibile determinare rapidamente i totali delle morti civili con un adeguato grado di precisione. Inoltre, da un lato, i conteggi ufficiali delle morti palestinesi non distinguono tra soldati e bambini, dall’altro, Hamas incolpa Israele per tutte le morti, anche quelle causate dal lancio fallito di razzi da parte palestinese, esplosioni accidentali, omicidi deliberati o scontri intestini. A conferma di ciò, vi è un documento ufficiale di Hamas (in Figura 14), recuperato dalle forze israeliane a Gaza, che si riferisce apertamente alle vittime civili causate dal fallimento di lanci di razzi da parte del gruppo Jihad islamico palestinese e che confermerebbe la volontà di attribuirne la responsabilità a Israele.
Un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health ha confrontato i rapporti di Hamas con i dati sui lavoratori dell’Unrwa, sostenendo che, poiché i tassi di mortalità erano approssimativamente simili, i numeri di Hamas non sarebbero stati aumentati artificiosamente. Tuttavia, tale argomentazione si basa su un’assunzione non verificata, ossia che i lavoratori dell’Unrwa non siano in modo sproporzionato più inclini a essere uccisi rispetto alla popolazione generale; un’ipotesi che potrebbe essere confutata – evidenzia Wyner – dalla possibile affiliazione a Hamas di una frazione dei lavoratori dell’Unrwa, alcuni dei quali hanno partecipato attivamente al massacro del 7 ottobre (Wyner, 2024).
La verità sulla guerra Israele-Hamas è ancora sconosciuta e probabilmente rimarrà tale; ma è altresì probabile che il numero totale delle vittime civili sia enormemente esagerato. Israele stima che almeno 12.000 combattenti palestinesi siano stati uccisi: se anche solo questo numero fosse ragionevolmente accurato, il rapporto tra vittime non combattenti e combattenti sarebbe notevolmente basso, il che indica uno sforzo notevole per evitare perdite umane inutili mentre si combatte un nemico che si nasconde tra la popolazione civile (Wyner, 2024).
Bibliografia
Farwell J. (2020), Information Warfare: Forging Communication Strategies for Twenty-first Century Operational Environments, Doi:10.56686/9781732003095.
Bachmann S.D. (2024), Hamas-Israel: Tik Tok and the relevance of the cognitive warfare domain, Defense Horizon Journal.
Bertolotti C. (2024), Gaza Underground: la guerra sotterranea e urbana tra Israele e Hamas. Storia, strategie, tattiche, guerra cognitiva e intelligenza artificiale, ed. START InSight, Lugano, pp. 325.
Wyner A. (2024), How the Gaza Ministry of Health Fakes Casualty Numbers. The evidence is in their own poorly fabricated figures, The Tablet, 7 marzo 2024, in https://www.tabletmag.com/sections/news/articles/how-gaza-health-ministry-fakes-casualty-numbers.
[1] Ibidem.
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