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Droni di Kiev su Mosca: una pressione sugli USA? Il commento al TG RSI.

Claudio Bertolotti (StartInsight) al TG della Radio e Televisione Svizzera Italiana, intervistato da Gianmaria Giulini

Vai al video sul sito della Radio e Televisione della Svizzera italiana (edizione del 9 agosto 2023)

Colpire la capitale russa con i droni non cambia il bilanciamento militare, ma ha un impatto psicologico e diplomatico

RSI – Svizzera, 9 agosto 2023. La strategia ucraina di aumentare gli attacchi con droni su Mosca e sul territorio russo, preannunciata il 30 luglio dal presidente Zelensky “è una strategia efficace a basso costo, manda un messaggio politico di forte impatto psicologico sulla popolazione moscovita, che è lontana dalla guerra, perché la maggior parte delle reclute mobilitate fino ad ora viene da distretti orientali e periferici del paese”. Lo dice al Telegiornale RSI il direttore di StartInsight Claudio Bertolotti.

Difficilmente attaccare la capitale russa e le forze armate di Mosca con droni determinerà una svolta sul campo di battaglia, ma ha un impatto sui russi e su chi sostiene Kiev. Come contropartita alla riduzione delle sue azioni sul suolo russo, Zelensky può chiedere ai suoi sostenitori – cominciando dagli USA – di fornirgli piu armamenti. E gli USA probabilmente lo ascolteranno perché non vogliono una guerra totale con il Cremlino.

Quanti sono stati gli attacchi dell’Ucraina sul suolo russo?

L’Ucraina celebra gli attacchi su suolo russo, ma non ne conferma mai la paternità, cioè  non rivendica ufficialmente le azioni. Questo per ovvie ragioni di opportunità: l’obiettivo è non garantire alla Russia l’escamotage formale di dirsi attaccata sul proprio suolo, il che le potrebbe anche consentire di sdoganare l’opzione atomica.

Possiamo contare alcune decine di attacchi diretti in territorio russo, prevalentemente attacchi con droni, che hanno colpito obiettivi, da un lato simbolici, nel cuore di Mosca, che si contrappongono agli obiettivi militari propriamente detti: infrastrutture, ponti, depositi di carburante, linee ferroviarie e aeroporti.

Tra i principali attacchi ricordiamo l’azione condotta con elicotteri da combattimento, nell’aprile del 2022, contro un deposito di carburanti russo vicino al confine con l’Ucraina; l’attacco missilistico sulla nave ammiraglia russa del Mar Nero, sempre ad aprile; l’attacco partigiano alla base aerea russa in Crimea, nell’agosto dello stesso anno; l’autobomba vicino a Mosca, in cui ha trovato la morte la figlia dell’ideologo Dugin, vicino a Putin; e ancora, ad ottobre, l’esplosione del ponte di Crimea; e poi, gli attacchi con droni marittimi, aerei contro infrastrutture logistiche, depositi di carburanti, ecc…

La guerra sta tornando sul territorio russo, questo è un processo inevitabile?

L’obiettivo che possiamo ritenere più logico è quello di imporre un aumento della pressione psicologica sull’aggressore che, in questo modo, viene colpito in casa propria. È un messaggio politico dal forte impatto psicologico su una popolazione – quella moscovita in particolare – che è la più lontana dal coinvolgimento diretto della guerra. La maggior parte delle reclute mobilitate viene dai distretti orientali e periferici, non da quelli della Russia occidentale.

Cosa cambia con questi attacchi per l’Occidente? Cosa si rischia?

Potremmo dire che non cambia lo stato delle cose, almeno in Europa. Quello che pesa, in primo luogo, è lo sviluppo della campagna elettorale per l’elezione del presidente degli Stati Uniti. Biden si trova in una scomoda situazione: è sotto il fuoco incrociato di chi vuole sostenere l’Ucraina e di chi invece vorrebbe ridurre il coinvolgimento di Washington in una guerra europea. Comunque si muova le critiche nei suoi confronti non mancheranno. È per questo motivo che il tema “guerra in Ucraina” sarà per quanto possibile evitato, o limitato al minimo indispensabile, nei vari comizi e incontri pubblici.

Attaccare il territorio russo significa oltrepassare una linea rossa?

È una linea rossa, un cambio di equilibri e di postura, ma difficilmente determinerà una svolta sul campo di battaglia. L’effetto è sul piano psicologico, di chi viene colpito, dunque i russi, ma anche di chi sostiene Kiev, in primis gli Stati Uniti, che saranno spinti, nelle intenzioni di Zelenski, ad aumentare il sostegno militare come contropartita alla riduzione di azioni di questo tipo su suolo Russo. Washington non vuole un’escalation, come non vuole un cambio di regime in Russia, che potrebbe aprire a uno scenario politico peggiore di quello attuale.


Guerra in Ucraina: attacchi a Mosca e rallentamento dell’offensiva (SKY TG24)

di Claudio Bertolotti

Il commento del Direttore Claudio Bertolotti a SKY TG24 Mondo (puntata del 1° agosto 2023, ore 19.30), ospite di Roberto Tallei: video disponibile al seguente LINK.

Nuovo attacco con i droni a Mosca. Due edifici sono stati danneggiati ma non ci sono feriti: è l’ultimo di una serie di attacchi simili. Rallenta l’offensiva Ucraina e tengono le difese russe. Sempre più tiepido il sostegno statunitense: la priorità sono le elezioni presidenziali. Questi i temi affrontati dal Direttore Claudio Bertolotti a SKY TG24.

A quale scopo Kiev aumenta gli attacchi su Mosca?

L’obiettivo che possiamo ritenere più logico è quello di imporre un aumento della pressione psicologica sull’aggressore che, in questo modo, viene colpito in casa propria. È un messaggio politico dal forte impatto emotivo su una popolazione – quella moscovita in particolare – che è la più lontana dal coinvolgimento diretto della guerra. La maggior parte delle reclute mobilitate viene dai distretti orientali e periferici, non da quelli della Russia occidentale. E dunque colpire <Mosca significa arrivare dritti al cuore della capitale dove le decisioni sulla guerra vengono prese e più forte è la pressione dei cittadini sulla classe politica. Obiettivi civili, più facili da colpire rispetto a quelli militari o istituzionali, e volti a dimostrare l’incapacità della difesa russa.

Perché prima Kiev li negava e ora li rivendica mentre Mosca prima minimizzava e ora denuncia?

Ora Kiev ha capito che il sostegno dell’Occidente non è una cambiale in bianco illimitata. Al contrario, come dimostrano gli aiuti generosi ma limitati nel tempo e nella tipologia da parte di Washington, parliamo di un supporto che potrebbe ridursi sempre più, almeno da un punto di vista di numeri e qualità degli armamenti forniti. Questo è chiaro a Zelenski, che non può che azzardare nel fare ciò che gli Stati Uniti gradiscono meno, ossia colpire i russi in casa. Di fatto l’Ucraina sta mettendo gli stati Uniti di fronte a un’opzione obbligata: continuare a sostenere militarmente, in maniera massiccia, l’esercito di Kiev o sopportare l’insubordinazione ucraina che, colpendo sempre più Mosca (e non la Russia in generale) ma solo la capitale, metterà in difficoltà un candidato presidente – Biden in questo caso – che nel pieno della campagna elettorale dovrà rispondere dell’operato ucraino e dell’oneroso sostegno a Kiev che grava sulle tasche del contribuente statunitense.

Mosca non può più far finta di nulla o minimizzare con la propria opinione pubblica

Mosca è abituata ed è strutturata per gestire l’opinione pubblica. Oggi più che mai la repressione sulla comunicazione ha un ruolo determinante per garantire nella forma e nella sostanza il sostegno, o comunque l’assenza di opposizione, al Cremlino. La cosa ci può preoccupare, ma non ci sorprende. Ma l’aspetto ancora più importante, al di la del minimizzare, è la consolidata capacità di trasformare gli eventi descrivendoli come “atti terroristici” da parte di Kiev, cercando così di rafforzare una narrazione basata sulla pericolosità di un’Ucraina fuori dal rapporto di amicizia, ossia dal controllo effettivo, di Mosca

Gli alleati (USA in primis) sono piuttosto freddi, se non apertamente contrari: cosa si rischia?

Quello che pesa, in primo luogo, è lo sviluppo della campagna elettorale per l’elezione del presidente degli Stati Uniti. Biden si trova in una scomoda situazione: è sotto il fuoco incrociato di chi vuole sostenere l’Ucraina e di chi invece vorrebbe ridurre il coinvolgimento di Washington in una guerra europea. Comunque si muova le critiche nei suoi confronti non mancheranno. È per questo motivo che il tema “guerra in Ucraina” sarà per quanto possibile evitato, o limitato al minimo indispensabile, nei vari comizi e incontri pubblici.

Quanto può durare ancora la controffensiva ucraina e cosa succederà se non porterà a risultati concreti?

L’offensiva di fatto ha perso la spinta iniziale e questo in conseguenza, della capacità di difesa russa e della limitata disponibilità di equipaggiamento da combattimento. Prima dell’attuale fase possiamo dire che la capacità di Kiev fosse sufficiente per garantire una difesa, tuttalpiù la possibilità di condurre azioni di contrattacco mirate, ma limitate. Ora, con le perdite al fronte, è verosimile valutare come altamente improbabile la conquista di territori in profondità e lo scardinamento del sistema difensivo dei russi. Di fatto riproponendo lo scenario di una guerra di logoramento così come l’abbiamo conosciuta a partire dal luglio dello scorso anno. C’è un aspetto importante da ricordare: ossia che le capacità militari ucraine non sono infinite, tutt’altro, e che queste dipendono in toto dagli Stati Uniti che, come abbiamo detto, hanno perso l’iniziale entusiasmo e cominciano a guardare con preoccupazione ai consumi di una guerra di logoramento che va avanti da quasi un anno e mezzo e, alle condizioni attuali, potrebbe durare almeno altrettanto.

Dunque, se è vero che la questione è politica, è però anche vero che ci sono dei problemi logistici e di approvvigionamento. Di fatto si sta consolidando la convinzione della scarsità di munizionamento negli arsenali statunitensi e della NATO. In questo quadro, fornire il necessario a Kiev, rileva Andrea Molle, indebolirebbe le capacità americane di far fronte ad altre esigenze e, al contempo, nel mantenere delle riserve necessarie in caso di estensione del conflitto alla Nato.


Ucraina: fronte statico, retrofronte agitato

Dall’intervento di C. Bertolotti a Rai News 24, In un’Ora, puntata del 19 giugno 2023.

La situazione è relativamente statica al fronte, dove non ci sono azioni risolutive o perdite o guadagni significativi, ma molto dinamica nel retrofronte dove la logistica russa ha subito importanti perdite con la distruzione di aree logistiche per lo stoccaggio e lo smistamento di carburanti e munizioni. Perdite di gran lunga superiori rispetto a quelle registrate al fronte.

Ora, se vogliamo concentrarci su quel fronte relativamente statico, la qualità degli equipaggiamenti e dell’addestramento ucraino sta bilanciando la quantità e i numeri russi che, almeno sulla carta, sono significativamente superiori.

Ma questa qualità che Kiev è riuscita a schierare sul campo di battaglia, deriva dalla volontà occidentale, e in primo luogo statunitense, di armare ed equipaggiare le forze armate ucraine. In questo senso, gli aiuti militari devono essere continui, costanti e garantiti sul medio periodo se si vuole che una qualche offensiva abbia un effetto positivo.

SITUAZIONE SUL CAMPO

In primo luogo mi preme sottolineare un aspetto primario, cioè che non dobbiamo limitarci a guardare il movimento tattico delle unità sul terreno, e in particolare al fronte, per farci un’idea di quello che potrebbe accadere. Al contrario, è sull’aspetto logistico che dobbiamo rivolgere la nostra attenzione, perché è attrave rso la lettura della capacità di approvvigionamento di carburante e munizioni, pezzi di ricambio e assistenza ai veicoli danneggiati, ma anche l’avvicendamento dei soldati al fronte, che avremo una fotografia di quello che i due eserciti potranno fare ed ottenere nelle prossime settimane. E la Russia sul piano logistico sembra essere molto sofferente, e questo non solo carenze strutturali, ma perché gli ucraini, prima e durante la loro serie di contrattacchi hanno colpito e distrutto molti importanti depositi logistici, con ciò ottenendo molto più di quanto non hanno ottenuto con gli attacchi frontali al fronte, distruggendo tonnellate di carburante e munizioni: insieme al centro logistico primario di Rykove, ricordiamo i centri logistici distrutti a Melitopol, Tokmak, Berdyansk, Lazurne e Shadovsk, e altri.

Un altro aspetto importante è la consistenza dell’azione sino ad ora condotta dall’Ucraina, che sembra inferiore alle effettive capacità.

L’avanzata ucraina, sino ad oggi, è stata lenta e onerosa, in termini di caduti sul campo e perdite di mezzi ed equipaggiamenti e le conquiste territoriali sono state molto limitate.

Ora, guardando ai tempi e ai modi di impiego delle truppe sul campo potremmo dire di essere nel momento maturo che precede una decisione importante per gli stati maggiori ucraini dopo aver saggiato la consistenza del sistema difensivo russo: continuare in azioni tattiche di questo tipo o scegliere per una pausa tattica per poi riorganizzare le forze di manovra per la successiva fase che potrebbe prevedere una nuova spinta offensiva o, in alternativa, il prolungarsi di una guerra di attrito e logoramento così come l’abbiamo conosciuta nell’ultimo anno e che sembra essere l’opzione più concreta e maggiormente probabile.

In questo scenario non dobbiamo poi dimenticare che anche la Russia, che è rimasta molto statica negli ultimi mesi, tolto il settore di Bakhmut, ha a disposizione le proprie unità di manovra che, nel frattempo si sarebbero riorganizzate anche in conseguenza del reclutamento di aprile che potrebbe rendere disponibili alcune centinaia di migliaia di soldati. Ed essendo la Russia in difensiva, almeno in questa fase, parte avvantaggiata perché può godere di maggiori protezioni per i propri soldati e, non da ultimo, ha preso esempio dall’Ucraina nell’impiego di piccole unità in funzione di contrasto all’avanzata degli attaccanti. Così come fecero i soldati di Kiev all’avanzare dell’armata russa nel febbraio-marzo dello scorso anno, oggi i russi si muovono con distaccamenti in grado di disturbare e rallentare i contrattacchi ucraini.


La controffensiva e il realismo del campo di battaglia: al momento sono limitate azioni tattiche. Il commento di Camporini e Bertolotti

Il commento di Claudio Bertolotti, Vincenzo Camporini e Mirko Campochiari a NAUTILUS, puntata del 7 giugno 2023

Secondo l’Institute for the Study of War (ISW), l’Ucraina ha condotto operazioni di controffensiva con risultati differenziali in almeno tre settori del fronte come parte di più ampi sforzi di controffensiva che sono stati avviati da domenica 4 giugno. Fonti ufficiali ucraine hanno segnalato che le forze di Kiev sono passate da operazioni difensive a operazioni offensive nel settore di Bakhmut e avrebbe ro guadagnato tra 200 metri e quasi due chilometri sui fianchi della città. Le forze ucraine avrebbero nel complesso ottenuto guadagni tattici durante limitati contrattacchi localizzati nell’Oblast’ di Donetsk occidentale vicino al confine Donetsk-Zaporizhia Oblast dal 4 giugno e, inoltre, avrebbero condotto un attacco nella parte occidentale dell’Oblast’ di Zaporizhia nella notte tra il 7 e l’8 giugno, ma non sembra che abbiano avuto la capacità di aprire un varco nel sistema difensivo russo, di fatto limitando l’azione a un ingaggio statico.

Nel complesso, l’offensiva ucraina che si potrebbe sviluppare sul fronte è la migliore ma anche l’unica chance che Kiev ha per dare una svolta alla guerra. Kiev dovrà ottenere con questa operazione un risultato straordinario, l’alternativa, in caso di insuccesso o successo parziale, è quella di mantenere la guerra nello stato attuale, dove attaccanti e difensori non saranno in grado di imporre la propria volontà sull’altro, ma con un vantaggio strategico da parte di Mosca che ha e continua ad avere una predominanza quantitativa di mezzi e materiali, sebbene abbia perso anch’essa la possibilità di imporre una svolta decisiva. Ma è ben chiaro, e non può essere diversamente, che una controffensiva non produrrà un risultato militarmente decisivo e che nessuna delle due parti ha la capacità, anche con l’aiuto esterno, di ottenere una vittoria militare decisiva sull’altra.


Controffensiva ucraina? Non ancora, ma… Il commento di C. Bertolotti a SKY Tg24

Due gli scenari possibili: ma anche se la controffensiva avesse successo, la guerra durerà ancora a lungo


LINK all’intervista di Roberto Tallei al direttore Claudio Bertolotti, SKY tg24 Mondo (puntata del 5 giugno 2023)

È davvero iniziata la controffensiva tanto attesa?

Intesa come controffensiva in grado di ricacciare indietro i russi imponendo l’abbandono del fronte, quella ucraina rimane un miraggio perché il potenziale militare ucraino è adeguato per una guerra difensiva, tuttalpiù per azioni offensive limitate, contrattacchi, ma difficilmente potrebbe sostenere un’azione in profondità su tutto il fronte. In ogni caso, una controffensiva – e non una più semplice e limitata serie di azioni di contrattacco – può richiedere giorni, o addirittura mesi, prima di dare ottenere concreti.

Guardando alla situazione attuale, non abbiamo conferme ma i numeri delle truppe sul terreno e l’intensità del fuoco suggeriscono che ci si possa trovare di fronte a ciò che anticipa una possibile controffensiva e non ancora l’offensiva stessa. Quello che possiamo osservare potrebbero dunque essere azioni con un duplice scopo: il primo è saggiare la consistenza del sistema difensivo russo; il secondo è avviare una serie di azioni di inganno, come parte di un piano ben strutturato che ha per scopo quello di confondere i russi, obbligandoli a trasferire truppe e a indebolire i settori del fronte dove potrebbe poi concentrarsi la maggiore pressione ucraina. Dunque potremmo davvero iniziare a fare i conti sui risultati di una possibile controffensiva quando quei numeri cambieranno, passando da alcuni battaglioni, come oggi sembrerebbe il livello delle unità impegnate in azioni di contatto al fronte, con le brigate schierate in ordine di battaglia e impegnate in grandi manovre offensive.

Perché l’annuncio arriva da Mosca e perché Kiev nega?

Questo è un aspetto che rientra nella capacità di governare la comunicazione e la narrazione della guerra. Da una parte Kiev tiene il segreto sulle proprie operazioni, e questo è ben comprensibile, per una ragione di sicurezza delle unità sul terreno e perché sulla sorpresa si basa il successo di qualunque operazione militare. Dall’altra parte, Mosca nell’annunciare un’offensiva ucraina in realtà enfatizza la capacità russa di contenerne la spinta, presentando così all’opinione pubblica russa l’incapacità di Kiev di scardinare la tenuta delle posizioni delle stesse forze armate russe. Insomma, una strategia comunicativa in cui la Russia è soggetto attivo e passivo al tempo stesso.

Qual è l’obiettivo della controffensiva? Isolare la Crimea?

La questione non è quale sia l’obiettivo della controffensiva in sé, perché non è operativa la questione, bensì strategica. Dunque non tanto quante città, o porzioni di territorio verranno conquistate, bensì quanto l’operazione militare sarà in grado di scardinare il ben consolidato sistema difensivo russo e quanto, nel caso di successo, questo dovesse avere ripercussioni politiche sull’impegno militare russo in Ucraina. La controffensiva non deve necessariamente riconquistare i territori perduti, ma deve fiaccare il morale, scardinare il sistema militare russo in Ucraina, condizionare le scelte politiche di Mosca. E questo potrebbe avvenire colpendo in maniera rilevante la logistica, dunque l’autostrada M-14, cruciale asse stradale per la logistica russa, potrebbe essere un obiettivo primario, e la costa del Mar d’Azov tra le città di Berdyansk e Melitopol sarebbero probabili obiettivi in caso di una grande offensiva ucraina verso sud, questo al fine di isolare la Crimea e, di fatto, dividere lo sforzo russo, moltiplicandone i costi e gli sforzi logistici e operativi e colpendo, al tempo stesso, quello che è il simbolo principale della presenza russa in Ucraina, la Crimea.

Unità partigiane russe a supporto di Kiev?

Parliamo di elementi del Corpo dei volontari russi filo-ucraini (RDK) e della Legione della Libertà di Russia (LSR) che hanno condotto raid limitati nell’Oblast di Belgorod il 4 giugno e, secondo quanto riferito, continuerebbero a operare in un’area di confine all’interno del territorio russo usando le basi di partenza ucraine.

Non imbarazzano Kiev?

Oltre a ciò che accade sul campo di battaglia, siamo nel bel mezzo di una guerra cognitiva. Occorre dunque essere molto prudenti nel valutare le dichiarazioni di due parti in guerra. Certo, potrebbe essere imbarazzante, ma di fatto le unità partigiane non sono inserite organicamente nelle forze armate convenzionali. E questo fa di loro un jolly su cui, sul piano formale, la capacità di comando e controllo potrebbe essere limitata. Ma è davvero così? Difficile dirlo, certo è che fa comodo a tutti (governo ucraino in primo luogo) dichiarare di non averne il diretto controllo, per poi godere del vantaggio strategico che queste unità posso dare: in particolare il non diretto coinvolgimento di soldati ucraini in Russia, a fronte di un risultato dal forte impatto morale sull’opinione pubblica russa e d’immagine a danno della leadership russa che appare incapace di garantire la sicurezza all’interno dei propri confini.

Due scenari possibili: cosa accadrà?

L’offensiva ucraina che nelle prossime ore e giorni si potrebbe sviluppare sul fronte è la migliore ma anche l’unica chance che Kiev ha per dare una svolta alla guerra. Kiev dovrà ottenere con questa operazione un risultato straordinario, l’alternativa, in caso di insuccesso o successo parziale, è quella di mantenere la guerra nello stato attuale, dove attaccanti e difensori non saranno in grado di imporre la propria volontà sull’altro, ma con un vantaggio strategico da parte di Mosca che ha e continua ad avere una predominanza quantitativa di mezzi e materiali, sebbene abbia perso anch’essa la possibilità di imporre una svolta decisiva. Ma è ben chiaro, e non può essere diversamente, che una controffensiva non produrrà un risultato militarmente decisivo e che nessuna delle due parti ha la capacità, anche con l’aiuto esterno, di ottenere una vittoria militare decisiva sull’altra.

Ora, a fronte di questa occasione unica che ha Kiev, e che non potrà essere ripetuta, ci troviamo di fronte a due scenari possibili.

Primo scenario: il successo ucraino. Il primo è quello di un’Ucraina in grado di imporre una un risultato soddisfacente a livello operativo, con la rottura del fronte, l’arretramento dei russi e la fine del sogno di gloria da parte di Mosca. E questo risultato sarebbe, sul piano strategico, la premessa per indurre Stati Uniti e Cina a spingere i loro alleati verso un tavolo negoziale che, da qualunque parte lo si guardi, sembra essere sempre svantaggioso per Kiev.

Secondo scenario: Kiev fallisce. Il secondo scenario, quello non auspicabile per l’Ucraina, è lo scenario peggiore, ossia quello del fallimento della controffensiva da cui deriverebbe di fatto la perdita di capacità offensiva e darebbe a Mosca la possibilità di tentare a sua volta una spallata risolutiva: Mosca ha i numeri per poterlo fare, pur a fronte dell’enorme e ulteriore sacrificio che dovrà accettare.

Ma in entrambi i casi, non si verrebbe fuori dallo stato cronico di guerra di attrito e logoramento in essere dallo scorso anno.


Controffensiva ucraina: conviene a Kiev? Il fattore tempo è a favore di Mosca. Il commento di C. Bertolotti a RadioInBlu

Il commento del direttore Claudio Bertolotti a Radio inBlu2000 (LINK all’intervista), ospite di Chiara Piacenti (puntata del 10 maggio 2023).

Il commento del direttore Claudio Bertolotti a Radio inBlu2000, ospite di Chiara Piacenti (puntata del 10 maggio 2023).

Controffensiva ucraina: cosa possiamo aspettarci? Quale il miglior risultato ottenibile per Kiev?

Intesa come controffensiva in grado di ricacciare indietro i russi imponendo l’abbandono del fronte, quella ucraina rimane un miraggio perché il potenziale militare ucraino è adeguato per una guerra difensiva, tuttalpiù per azioni offensive limitate, contrattacchi, ma difficilmente potrebbe sostenere un’azione in profondità su tutto il fronte. E questo perché una controffensiva risolutiva richiede un numero di carri armati, pezzi di artiglieria e potere aereo che, in questo momento l’Ucraina non ha.

In secondo luogo dobbiamo chiederci se all’Ucraina convenga avviare un’azione offensiva che sarebbe molto onerosa in termini di risorse materiali e umane: ricordiamo che chi attacca deve mettere in campo almeno il triplo delle risorse schierate da chi invece si difende. Quel che è certo è che se una controffensiva ucraina dovesse essere condotta questa avverrà prima realizzando un piano d’inganno, ossia un attacco simulato per distrarre le difese russe, e contemporaneamente concentrando un attacco massiccio in un preciso punto del fronte, su più direttrici d’attacco, senza disperdere le forze già molto limitate. Ma è difficile riuscire a immaginare che una tale situazione possa poi essere gestita dalle forze ucraine che ancora non hanno una capacità militare tale da riuscire a contenere la scontata azione controffensiva russa.

Il fattore tempo gioca a favore di Russia o Ucraina?

Il fattore tempo gioca a favore di chi ha il maggior numero di pedine da mettere in campo e un sistema produttivo in grado di sostenerlo. L’Ucraina ha la possibilità di sostenere lo sforzo militare grazie quasi esclusivamente al sostegno statunitense, a cui si unisce quello inferiore ma non marginale dei paesi dell’Unione europea. Ma è un sostegno a termine, che difficilmente potrà essere garantito sul lungo periodo vista la crescente diffidenza di un Congresso statunitense che chiede conto dei soldi dei contribuenti spesi in una guerra che dura ormai da troppo tempo.

Al contrario, la Russia ha uomini e materiali, associati a un sistema produttivo e militare sostanzialmente intaccato. È indubbio che sia Mosca a mantenere una posizione di primazia sul campo, se non altro in termini di quantità di risorse sacrificabili

Cosa rappresenta Bakhmut?

È un simbolo per entrambi i contendenti ed è, al contempo, strategicamente importante sia tenerla sia occuparla perché è un obiettivo che diverrà il perno di manovra di possibili azioni offensive russe. Per questo motivo Kiev si ostina a mantenere la posizione. Ora lo stallo è totale, ma si apre la prospettiva di un’offensiva russa o contrattacchi ucraini. Bakhmut rientra tra gli emblemi russi, perché una vittoria darebbe un’ulteriore spinta alla sua narrazione, oltre ad avere effetti significativi sul piano militare. I russi avrebbero una grande capacità di manovra e la conquista gli consentirebbe di consolidare la linea del fronte, offrendogli un vantaggio tattico e operativo nell’area. Sul fronte opposto, la tenuta di Bakmut garantisce all’Ucraina l’accesso di vie di comunicazione e logistiche, stradali e ferroviarie necessarie a sostenere lo sforzo militare al fronte. Perdere la città, aspetto che Kiev ha di fatto già accettato, ha imposto una riorganizzazione del retrofronte in relazione a un abbandono delle posizioni strenuamente tenute in questi mesi.

Un 9 maggio sotto tono in Russia, droni sul Cremlino, attentati, effetto Prigozhin… Una Russia meno solida?

Direi una Russia sospesa e rassegnata a condurre una guerra di logoramento nel lungo periodo e con una leadership presidenziale ben salda al potere, forte della capacità di propaganda con cui riesce a consolidare il sostegno, o comunque la mancata opposizione dell’opinione pubblica interna, alle decisioni governative.

La leadership sa che il costo di questa guerra è immensamente più grande rispetto alla peggiore delle previsioni che il governo russo valutò prima di dare il via alla cosiddetta “operazione militare speciale”. Ciò nonostante non ha alternative: la guerra continuerà ancora fino a quando non verrà dichiarata una qualche forma di vittoria. Non importa se vera o no, quel che possiamo valutare è che la forma e il metodo con cui questa vittoria verrà annunciata sarà in grado di far accettare l’esito all’opinione pubblica interna. In questo quadro si conferma come pienamente efficace l’azione di propaganda e controllo dell’informazione in Russia.

Quale il ruolo della Cina?

La Cina potrebbe imporsi come interlocutore primario dal punto di vista pragmatico perché ha la capacità di influenzare le decisioni russe anche in termini di supporto indiretto alla guerra stessa. In questo caso sarà necessario capire quanto gli Stati Uniti saranno disposti a concedere alla Cina e sebbene la Russia sia in questo momento in cima alle preoccupazioni delle Cancellerie occidentali, l’attore primario è la Cina. E il confronto non è tra Russia e Stati Uniti o tra Russia e Nato, ma tra Stati Uniti e Cina. Credo si debba guardare alla guerra in Ucraina in prospettiva cercando di trovare alcune dinamiche comuni in quello che potrebbe essere il dossier Taiwan nel prossimo futuro.


Attacco al Cremlino: cosa è successo? Intervista a C. Bertolotti a SkyTG24

L’intervento di C. Bertolotti a SkyTG24 Mondo (puntata del 5 maggio 2023)

Attacco con droni al Cremlino: Mosca accusa Washington

L’accusa di Mosca a Washington è un qualcosa che ci aspettavamo. Tanto scontata quanto banale ormai, così come lo sono state le accuse mosse dal Cremlino alla Casa Bianca in occasione di tutti gli attacchi di successo ai danni della Russia. Non tanto per attaccare gli Stati Uniti sul piano diplomatico, quanto per ribadire un concetto all’opinione pubblica interna alla Russia, ossia che l’Ucraina resiste perché a sostenerla, armandola, sono gli Stati Uniti. Riconoscere una capacità e volontà propria all’Ucraina vorrebbe dire sminuire gli sforzi e i sacrifici russi impegnati nella cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina. Dare la responsabilità, o parte della responsabilità alla più grande potenza mondiale rafforza Putin agli occhi dei cittadini russi.

E non dimentichiamo che Washington, oltre alla volontà di sostenere l’Ucraina non ha intenzione di umiliare la Russia con una cocente sconfitta militare, bensì la vuole indebolire progressivamente affinchè desista dai suoi piani originari.

L’attacco drone potrebbe essere una false flag pro mobilitazione?

A premessa va detto che questo evento non avrà conseguenza alcuna sull’andamento della guerra o sullo spostamento del fronte. È ininfluente.

La possibilità di una False Flag, apre all’ipotesi di una messinscena organizzata dagli stessi Russi al fine di condizionare l’opinione pubblica interna, spaventandola da un lato (con l’attacco) ma rassicurandola al tempo stesso, con il potere della comunicazione che presenta l’evento come un qualcosa di pericoloso ma controllato, contrastato in extremis dal sistema difensivo russo. È una teoria, che presenta dei punti critici, in primo luogo la manifesta incapacità di bloccare un attacco sino al raggiungimento dell’obiettivo, ma certamente è in grado di agire sull’opinione pubblica come leva a favore del governo. E dunque sì, con il sostegno dell’opinione pubblica, Putin guarderebbe al rafforzamento del consenso a fronte di una mobilitazione di lungo periodo. Tanto più che un attacco militare diretto, deliberato allo Stato russo apre formalmente alla possibilità di utilizzo degli arsenali nucleari. Il cui utilizzo rimane comunque assai remoto ma è una carta che sul piano diplomatico si impone con forza.

Che cosa può essere successo davvero?

Non possiamo che limitarci a valutare le ipotesi più verosimili. Abbiamo parlato di False flag, e questa secondo me è l’ipotesi più vantaggiosa per il Cremlino, perché consoliderebbe il sostegno dell’opinione pubblica.

L’altra ipotesi, ammettendo invece che si tratti di un deliberato attacco nemico (interno o esterno poco importa) è relativa alla presa di posizione russa dal punto di vista comunicativo, perfettamente coerente con la propaganda di governo. E lo è in questo momento particolare poiché l’evento in sé mette in evidenza una vulnerabilità che sorprende tutti: l’attacco con i droni, indipendentemente dal risultato, ha penetrato le linee difensive russe di quello che è l’obiettivo primario e maggiormente presidiato di tutta la Russia. E proprio a Mosca e a difesa del Cremlino erano stati recentemente schierati i sistemi di difesa contraerea dell’esercito. Non è il danno materiale, ma d’immagine e, dunque di credibilità. Ed è anche vero che i danni limitati e la distruzione dei droni sopra il Cremlino sono stati presentati come capacità di successo delle linee difensive, ma questo è un messaggio rivolto all’opinione pubblica interna, che ha bisogno di essere rassicurata.

Nessuna delle due ipotesi può però essere confermata, al momento, e dunque rimaniamo ad osservare quelli che saranno gli effetti indiretti di questo evento.

C’è attesa per la controffensiva ucraina che ancora non si è concretizzata. Quando avverrà e su quale direttrice?

Difficile, molto difficile dirlo. In primo luogo va tenuto in considerazione il potenziale militare Ucraino che può essere considerato adeguato per una guerra difensiva, per la tenuta del fronte, tuttalpiù per azioni offensive limitate, contrattacchi, ma difficilmente potrebbe sostenere un’azione in profondità su tutto il fronte. Una controffensiva risolutiva richiede un numero di carri armati, pezzi di artiglieria e potere aereo che, in questo momento l’Ucraina non ha. E gli Stati Uniti non hanno intenzione di fornire gli equipaggiamenti necessari per vincere la guerra in breve tempo perché non intendono umiliare la Russia. Quel che è certo è che se una controffensiva ukraina dovesse essere condotta questa avverrà prima avviando un piano d’inganno, ossia un attacco simulato per distrarre le difese russe, e contemporaneamente concentrando un attacco massiccio in un preciso punto del fronte, senza disperdere le forze, già molto limitate, su più direttrici d’attacco. Non sarebbe sostenibile per Kiev.

Missione estera di Zelensky. Non è la prima. Disegna mappa alleanze? Cosa si legge?

Il presidente Zelensky, al pari delle brigate ucraine che conducono una strenua resistenza sul campo di battaglia, conduce la guerra sul piano diplomatico, cercando in tutti i modi di tenere alta l’attenzione sull’invasione russa in Ucraina, in modo che le opinioni pubbliche del mondo occidentale continuino a sostenere le scelte dei loro governi a favore di Kiev.

E i due aspetti su cui ha insistito Zelensky in occasione dei suoi viaggi più recenti sono la necessità di uno stato d’accusa per i crimini di guerra attribuiti a Putin e alle forze armate russe e, dall’altro, la necessità di ottenere aiuti militari consistenti che possano garantire la condotta di una controffensiva che, al momento attuale, non può essere condotta su vasta scala, su tutto il fronte, ma solamente in punti del fronte limitati e senza la possibilità di ricacciare i Russi oltre il confine che hanno superato a febbraio dello scorso anno.


Ucraina: è alle porte una nuova offensiva? Il punto di C. Bertolotti a RaiNews 24

Il commento del direttore C. Bertolotti a “In Un’ora – RaiNews 24” (Puntata del 19 aprile 2023).

Claudio Bertolotti, direttore di START InSight e ricercatore associato ISPI, qual è al momento la situazione sul campo in Ucraina?

La situazione è statica in termini di movimento del fronte ma terribilmente impegnativa per le truppe a contatto, così come lo sono le guerre d’attrito. Entrambi i fronti pagano il prezzo di una guerra logorante, in termini di mezzi, uomini e ancor più a livello morale, sebbene la Russia, almeno per quanto riguarda i numeri sul campo, continui a mantenere un significativo vantaggio tattico. Questo almeno fino a quando una delle due parti non dovesse avviare un’offensiva massiccia.

Ad oggi la Russia conferma la volontà di tenere il fronte Sud, rinforzando le posizioni occupate, ma lo sforzo principale è duplice e si concentra, da una parte, nell’Oblast’ di Luhansk (con l’obiettivo di spingersi poi verso ovest, nell’Oblast di Kharkiv, orientale e nel Donetsk settentrionale. In questo quadro si conferma primaria la conquista di Bakmut, che i russi utilizzerebbero poi come perno di manovra per la possibile successiva spinta in avanti a danno degli ucraini.

Putin ha visitato Bakhmut e Zelensky oggi era al confine con Bielorussia e Polonia. è alle porte una nuova offensiva?

Di offensiva, anzi offensive, si parla da tempo. Le condizioni sul terreno si stanno rendendo favorevoli all’impiego di mezzi corazzati pesanti che, in questi ultimi mesi hanno avuto un impiego limitato a causa del fango conseguente allo scongelamento del terreno. Maggio potrebbe essere il mese ideale per l’avvio di un’ipotetica offensiva, che avrebbe una finestra temporale molto ampia, sino alla fine dell’estate per essere avviata e portata a compimento. Questo vale per entrambe le parti, ma va detto che in termini numerici di uomini, mezzi e materiali la Russia è avvantaggiata rispetto agli ucraini.

Secondo il Financial Times Kiev alla riunione di venerdì a Ramstein chiederà in modo urgente missili terra aria. Che esito potrebbe avere la richiesta e come cambierebbero l’esito del conflitto?

Tutte le richieste di armi ed equipaggiamenti vengono presentate con carattere d’urgenza. Lo possiamo ben comprendere per una ragione di sopravvivenza dello Stato ucraino ma il rischio è che richieste di materiali davvero urgenti possano essere considerate alla stregua di quelle secondarie. Indubbiamente i sistemi missilistici servono per la difesa aerea, da incursioni russe o dal lancio di missili da parte di Mosca. Ma lo sono anche i carri armati di cui tanto si è parlato, che sono elemento imprescindibile per la condotta di operazioni offensive. Senza abbondanza di quelli non ci sarà una controffensiva risolutiva. Un aspetto è però rilevante in riferimento alla tipologia di equipaggiamenti: i missili terra aria servono per contrastare le incursioni aeree avversarie e per limitare il supporto aereo alle truppe russe in caso di offensiva. Questo aspetto potrebbe dunque essere letto come un segnale di grande preoccupazione da parte di Kiev in merito all’ipotesi di una massiccia offensiva russa che potrebbe sfruttare il potenziale aereo, ad oggi inespresso, e il lancio massiccio di missili balistici.

È notizia di oggi anche il possibile invio di armi da parte di Seul. Pensa sia possibile e anche in questo caso che impatto avrebbe sulla situazione sul terreno?

Sul terreno ci sarebbe maggior disponibilità di munizioni di artiglieria da parte di Kiev, e questo è un bene per un Paese che vuole difendersi da un’aggressione armata. L’ipotesi di rifornimenti militari da parte della Corea del Sud era emersa recentemente con la diffusione dei documenti classificati poche settimane fa. La notizia di oggi, se avrà seguito, è la conferma di un conflitto che si allarga in termini di platea, attori protagonisti e comprimari, di fatto chiamando in causa chi, sino ad oggi, ha cercato di non esporsi. Alleato chiave degli Stati Uniti e principale produttore di munizioni di artiglieria, la Corea del Sud ha finora cercato di evitare di inimicarsi la Russia in relazione agli interessi delle società russe che operano in Corea e dell’influenza di Mosca sulla Corea del Nord. Nonostante la ritrosia iniziale da parte di Seoul, l’assenso all’invio di armi all’Ucraina, sembra portare al necessario superamento di un’altra linea rossa.


Ucraina: l’evoluzione sul campo e le munizioni all’uranio impoverito

di Claudio Bertolotti

dal commento di Claudio Bertolotti a “In un’ora” – RaiNews 24 del 22 marzo 2023

Ucraina: munizioni all’Uranio impoverito? Il commento di C. Bertolotti a “In un’ora” RaiNews24, puntata dal 22 marzo 2023

La situazione sul campo: iniziativa ancora in mano russa

Le operazioni terrestri in Ucraina, e più in generale l’intero andamento del conflitto, hanno ormai assunto il carattere di una lotta d’attrito e logoramento, relegando la manovra militare a poche azioni tattiche a vantaggio della Russia (Riggi). Di fatto ciò che prevale è la capacità di mettere forze in campo e disporre di munizionamenti ed equipaggiamenti. Anche qui la Russia è in una posizione di vantaggio in termini di quantità. Chi tra i due contendenti riuscirà e avrà la forza di condurre azioni offensive dovrà tenere conto della sostenibilità sul medio periodo. Insomma sembra difficile prevedere l’azzardo di una manovra di sfondamento su tutto il fronte, mentre appare più probabile una pressione costante attraverso azioni tattiche ripetute e progressive. Non molto diverso da ciò che è accaduto su quello stesso fronte durante la seconda guerra mondiale.

Le forze russe continuarono limitate operazioni offensive lungo la linea Kupyansk-Svatove-Kreminna e non hanno fatto ottenuto vantaggi nell’area di Bakhmut; continuano le operazioni offensive lungo la periferia della città di Donetsk.

La questione dei proiettili all’uranio impoverito che arriveranno dalla Gran Bretagna

Sull’uso del munizionamento all’uranio impoverito direi che è un tema ricorrente in ogni guerra combattuta dagli anni ’70 in poi e al centro del dibattito pubblico dagli anni ’90, con la Guerra del Golfo di Bosnia e del Kossovo, dove l’utilizzo è stato ampio. Tutti i paesi usano munizionamento DU, cosiddetto uranio impoverito: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia. E il suo ampio utilizzo che, per quanto dibattuto, è legittimo, è conseguenza degli indubbi vantaggi operativi: è efficace, perfora con maggiore efficacia le corazzature dei carrarmati e il cemento armato dei bunker e in più costa poco (essendo prodotto di scarto degli impianti nucleari). Tra gli svantaggi certamente quello della contaminazione del terreno, per periodi brevi, e i rischi per i soggetti, militari e civili, che dovessero inalarne il particolato in prossimità dell’esplosione.

Cresce la tensione tra Stati uniti e la Russia. Due le due ragioni fondamentali

La prima è che la Russia dopo un anno di guerra ha dimostrato di essere in grado, pur a costo di enormi sacrifici, di tenere le posizioni del fronte in una guerra pressocchè statica, di attrito e logoramento, che potrebbe durare ancora molto, con il sostegno della Cina e dei suoi alleati minori e sostenuta attraverso una progressiva mobilitazione degli scaglioni di coscritti, certo sempre meno preparati alla guerra ma in quantità sufficiente per mantenere l’iniziativa.

La seconda è che il tempo che ha la Russia è molto più di quello che hanno a disposizione gli Stati Uniti. Così come in tutte le guerre – dall’Iraq all’Afghanistan – gli appuntamenti elettorali hanno imposto i tempi e i modi della guerra. L’imminente avvio della campagna elettorale per le presidenziali sarà determinante per le prossime scelte strategiche, anche tenuto conto del fatto che il contribuente-elettore statunitense non è particolarmente entusiasta dei costi crescenti di questa guerra che, ad oggi avrebbe visto impegnati oltre 40miliardi di dollari: agli oppositori repubblicani potrebbero così aggiungersi anche i democratici che non rispondono al Presidente, bensì ai loro elettori.


Xi incontra Putin a Mosca: il peso della parola “amicizia”

di Claudio Bertolotti

Vladimir Putin ha incontrato il presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping

Il messaggio di questa visita: Xi “caro amico di Putin” o più Xi “negoziatore”?

L’evento è la testimonianza concreta di un’amicizia illimitata tra Pechino e Mosca, per la Cina, in particolare, è un passo avanti nell’arena internazionale all’interno della quale intende imporsi come antagonista agli Stati Uniti partendo dal Pacifico, che Washington ritiene essere il pilastro primario della supremazia statunitense, all’Africa e all’Europa dove oggi si sta combattendo una guerra convenzionale.

Vi è poi un aspetto interessante in cui alla visione strategica della Cina si sommano alcuni fattori personali.  Interessante notare come il presidente Xi Jinping abbia definito Putin “caro amico”, il che significa dal punto di vista cinese, comunanza di visione politica del mondo, e non certo amicizia personale con Putin; a questo elemento dobbiamo aggiungere il radicato legame famigliare e affettivo di Xi Jinping con una Russia che ha avuto modo di conoscere grazie all’esperienza politica del padre e sua personale. Un risultato che fa del presidente cinese un leader con una visione strategica di lungo periodo.


La Cina sostiene sempre una politica estera indipendente. Consolidare e sviluppare bene le relazioni Cina-Russia è una scelta strategica che la Cina ha fatto sulla base dei propri interessi fondamentali e delle tendenze prevalenti del mondo.

Xi Jinping

Rischio o opportunità per gli Usa e per l’Ucraina?

La Cina sta tentando, in parte riuscendoci, di giocare con la Russia il ruolo che Washington gioca a favore dell’Ucraina senza però esporsi perchè non vuole essere coinvolta in uno scontro diretto, ma  al tempo stesso non può permettere che la leadership di Putin venga danneggiata o peggio sostituita da una nuova classe politica che potrebbe avvicinare Mosca all’Occidente. Questo sarebbe lo scenario peggiore per la Cina, che perderebbe un alleato fondamentale.


La Cina ha pubblicato un documento sulla sua posizione sulla crisi ucraina, sostenendo la soluzione politica della crisi e rifiutando la mentalità della Guerra Fredda e le sanzioni unilaterali.

Xi Jinping

Al contempo la Cina continua a mantenere un atteggiamento ambiguo a fronte del quale si colloca la necessaria opportunità del presidente Joe Biden di concludere in qualche modo il conflitto prima dell’avvio della campagna elettorale che, negli Stati Uniti, si rivolge a quei contribuenti-elettori che mal volentieri guardano agli importanti aiuti dell’ordine di 40miliardi stanziati da Washington per l’Ucraina.


la Russia apprezza la Cina per aver costantemente sostenuto una posizione imparziale, obiettiva ed equilibrata e per aver sostenuto equità e giustizia sulle principali questioni internazionali. La Russia ha studiato attentamente il documento di posizione della Cina sulla soluzione politica della questione ucraina ed è aperta ai colloqui per la pace. La Russia accoglie con favore la Cina per svolgere un ruolo costruttivo in questo senso.

Vladimir Putin

La visita di Xi Jinping a Mosca ha innervosito Washington, e questo è già un risultato importante. La dimostrazione è nell’immediata risposta politica statunitense che non si è fatta attendere poichè concomitantemente con l’arrivo del presidente cinese a Mosca, la Casa Bianca ha annunciato un nuovo e importante pacchetto di aiuti militari.

E in tutto questo, Mosca e Kiev sembrano dipendere sempre più da quelle che saranno le decisioni politiche dei loro rispettivi alleati.