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Terrorismo: Dopo l’Afghanistan cosa dobbiamo aspettarci? La minaccia del “Nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT)

di Claudio Bertolotti

La diffusione ideologica e territoriale del Gruppo terroristico Stato Islamico in Iraq e Siria, poi Stato islamico (IS) ha innescato quelle che sino a poco tempo prima era una latente violenza jihadista globale. Il trionfo dei talebani in Afghanistan ha dato nuovo impulso vitale al jihadismo internazionale ed è ora presentato dalla propaganda jihadista come la vittoria dell’Islam sull’Occidente e sui suoi “valori corrotti”. Pur tuttavia, ciò accade in contrasto con l’approccio talebano al jihad, che si limita a benedire quello che per i talebani è un successo nazionale, frutto di una guerra (anche comunicativa) che ha sempre avuto un carattere nazionalistico, mai transnazionale o globale: una guerra di liberazione nazionale, in opposizione all’IS-K (Islamic State Khorasan Province, il franchise afghano dello Stato islamico) e ad altri gruppi che cercano un trionfo globale.

Ma a prescindere da ciò, la vittoria dei talebani e dei gruppi di opposizione armata che compongono la galassia terroristica che affonda le radici nel post-stato islamico sta già avendo effetti diretti sulla volontà e sulla capacità operativa di gruppi e individui terroristi jihadisti a livello globale: dalla propaganda-comunicativa all’attivismo tattico e operativo.

Negli ultimi 20 anni gruppi terroristici, cellule e singoli combattenti jihadisti hanno iniziato ad adottare sempre più nuove tattiche, tecniche e procedure, che hanno esportato dai campi di battaglia del Medioriente, del Nord Africa e dell’Afghanistan e che hanno Saputo adattare alla guerra jihadista contemporanea e futura. Un primo, amaro assaggio di ciò che ci aspetta per il futuro sono stati gli attentati di Mumbai del 2008, quando un gruppo di dieci terroristi divisi in gruppi più piccoli lanciò un assedio durato quasi tre giorni. Da allora le città occidentali sono diventate occasionalmente il set di complessi attacchi suicidi e raid di nuclei d’assalto e, ancora più spesso, di assalti individuali in cui gli autori sfruttano efficacemente proprio quelle tecniche apprese nei vari teatri di guerra. I militanti e simpatizzanti dello Stato Islamico o di al-Qa’ida si sono ampiamente dimostrati in grado di compiere attacchi mortali e di costituire una minaccia diretta alla sicurezza dei cittadini e delle istituzioni nazionali. Come tale, il terrorismo contemporaneo può essere descritto e deve essere riconosciuto come un fenomeno con caratteristiche o ispirazioni militari, cos’ come dimostrato proprio dall’IS attraverso le sue azioni e operazioni esterne.

“Nuovo Terrorismo Insurrezionale” (NIT): è rivoluzionario, sovversivo e utopistico[1]

Oggi, dopo la caduta di Kabul e il successo ottenuto dai talebani in Afghanistan, lo spettro del terrorismo supera i confini dei campi di battaglia afghani, o siriani, libici o dell’intero Sahel. In tale prospettiva, possiamo affermare che il significativo aumento della violenza legata al terrorismo jihadista registrato nel mondo e in Europa negli ultimi 20 anni sia coerente con il concetto classico di terrorismo?

Gli attentati terroristici verificatisi tra il 2015 e il 2018 in Europa, negli Stati Uniti, così come nei paesi nordafricani o mediorientali, confermano l’effettiva capacità operativa dei gruppi terroristici, in particolare dello Stato islamico, la cui natura è mutata nel tempo: da realtà proto-statale con capacità di controllo territoriale, a ciò che possiamo ritenere un fenomeno denazionalizzato, senza confini. Il “jihad senza leader”, che anticipa nella forma e nelle manifestazioni l’IS, è stato perfezionato da quest’ultimo, poiché agli “aspiranti” combattenti è stato impedito di viaggiare e quindi hanno scelto di colpire i loro paesi d’origine. Quello che stiamo affrontando oggi è già stato soprannominato “Nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT),[2] un concetto che comprende essenzialmente tutti i tentativi di sconvolgere l’ordine politico nazionale e/o internazionale attraverso la violenza. Il NIT è rivoluzionario e utopico, e mentre il terrorismo è funzionale, il terrorismo insurrezionale si evolve continuamente. Lo scopo di questa nuova “specie” di terroristi non consiste nell’istigare le masse in vista del rovesciamento dei governi, ma nel persuadere un gran numero di musulmani in tutto il mondo ad unirsi alla lotta contro gli “infedeli” insistendo su una narrativa sostenuta dalla vittoria della [loro interpretazione dell’Islam in Afghanistan e allo stesso tempo presentando quella vittoria come una ragione in più per negare qualsiasi compromesso con i paesi occidentali.

Questo emergente “Nuovo Terrorismo Insurrezionale” non ha dunque nulla a che vedere con il terrorismo politico degli anni ’70 e ’80. È emerso in Medio Oriente dopo l’invasione statunitense dell’Iraq (2003) e si è sviluppato a metà degli anni 2000. Ha attirato l’attenzione del mondo nel 2014, grazie alle sue vittorie sul campo di battaglia in Iraq e Siria (e poi in Afghanistan). Oggi, tuttavia, l’IS – il cui principale gruppo affiliato sta ancora combattendo in (e forse dall’) Afghanistan – ha perso gran parte di ciò che ha conquistato negli ultimi dieci anni: territori, risorse energetiche, accesso ai canali commerciali e finanziari. Il suo appeal mediatico, però, è ancora forte e utilizzerà il successo afghano e la campagna in corso contro come un “chiaro esempio”, diretto anche contro gli stessi talebani descritti come corrotti.

La perdita di “territorio” ha costretto l’IS a concentrarsi, da un lato, sulle attività di franchising all’estero, soprattutto nelle aree di crisi, con un nuovo approccio sociale che prevede l’esternalizzazione della violenza basata sul riconoscimento reciproco tra l’organizzazione centrale dell’IS e gruppi terroristici e movimenti di opposizione “locali”. Il suo messaggio cerca di trasformare migliaia di individui radicalizzati e decine di giovani e gruppi armati di opposizione in “armi di prossimità” intelligenti e pronte a “uccidere e morire” in nome del Califfato.

In sintesi, il “Nuovo Terrorismo Insurrezionale” consiste nell’uso della violenza, ovvero nell’uso minacciato di violenza intenzionale, calcolata, razionale, autogiustificata al fine di raggiungere obiettivi politici, religiosi e ideologici. Il NIT è caratterizzato da elementi caratterizzanti. La natura del l’attività terroristica consiste nell’usare (o minacciare di usare) la violenza per raggiungere un obiettivo politico, è complessa e soprattutto imprevedibile, è rivoluzionaria, sovversiva e finalizzata alla costituzione di un proto-stato finalizzato all’ottenimento del “monopolio della forza” all’interno di un’area geografica. Inoltre, include aspetti politici, socio-economici e religiosi (giustificati su basi religiose e apocalittiche) e può essere definita “strattica” poiché la sua natura strategica viene veicolata attraverso tattiche che devono essere non necessariamente interconnesse. La sua natura è “glo-cale”, transnazionale, senza confini e basata su “flessibilità e adattabilità”. I suoi obiettivi sono rappresentati da politici, civili, miltari, religiosi e simbolici. È simbiotico: “esternalizza” la violenza supportata da effetti emulativi, e come risposta alla “chiamata al jihad”.

Possiamo ritrovare tutti questi elementi nel fenomeno (ri)emergente dello Stato islamico che sta ritrovando nuove energie nella ritirata degli Stati Uniti dall’Afghanistan. Ciò che emerge da questa descrizione è una minaccia alla sicurezza rappresentata da una contemporanea, nuova forma di terrorismo: un fenomeno che si adatta e si evolve senza un obiettivo temporale o geograficamente definito. Il NIT vuole semplicemente imporre un nuovo modello di società (il Califfato) abbattendo le alternative e utilizzerà il simbolismo associato alla guerra in Afghanistan per esaltare la “vittoria dell’Islam” ottenuta grazie al sacrificio dei “martiri” e alla “benedizione divina”.


[1] Bertolotti C., Sulmoni C. (2021), How the Twenty-Year Afghanistan War Paved the Way for New Insurrectional Terrorism, in Carenzi S., Bertolotti C. (2021) “Charting Jihadism Twenty Years After 9/11”, Dossier ISPI, 11 September 2021.

[2] Bertolotti C. (2015), NIT: Il ‘Nuovo Terrorismo Insurrezionale’. Dalla ‘5+5 Defense Initiative 2015’ il cambio di approccio alla minaccia dello Stato islamico, Analysis ISPI n. 292.