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RELIGIONE E POLITICA NELL’AMERICA DI CHARLIE KIRK

La storia di un giovane che ha ridisegnato il volto del conservatorismo giovanile americano

di Melissa de Teffé da Washington, DC – Giornalista con Master in Diplomazia presso l’ISPI, esperta di politica statunitense, accreditata per START InSight presso il Dipartimento di Stato (US)

Se non sei americano, e se non vivi negli Stati Uniti, e se non sei universitario, è molto probabile che tu non abbia mai sentito parlare di Charlie Kirk. In Europa, pochissimi lo conoscevano, eppure è stato il più importante influencer dei giovani conservatori americani mai esistito. Fondatore di Turning Point USA, l’organizzazione che ha trasformato il conservatorismo giovanile in un fenomeno mediatico e politico senza precedenti, Kirk ha saputo costruire un movimento capace di parlare a milioni di studenti attraverso i campus, i social media e i grandi raduni dal sapore quasi evangelico.

La sua fama non era confinata alle università: Forbes lo inserì nella lista “30 under 30” e divenne il più giovane speaker alla Convention Nazionale Repubblicana del 2016, nonché speaker di apertura alla stessa nel 2020. Autore prolifico, ha scritto quattro libri, tra cui il best-seller del New York Times e di Amazon The MAGA Doctrine: The Only Ideas that Will Win the Future (HarperCollins, 2020). Nel 2022 pubblicò The College Scam: How America’s Universities Are Bankrupting and Brainwashing Away the Future of America’s Youth, un attacco frontale al sistema accademico americano, e nel 2024 diede alle stampe Rightwing Revolution: How to Beat the Woke and Save the West, manifesto programmatico per la nuova generazione conservatrice.

Al di là dell’abilità comunicativa, la parabola di Kirk va letta anche alla luce della sua fede: negli anni rivendicò con forza la centralità di Gesù Cristo e del credere in Dio come fondamento della vita personale e della vita pubblica, presentando la religione non come etichetta, ma come bussola morale, il “mio modo di vivere e di essere”.

La decisione di rinunciare al college per dedicarsi all’attivismo prese forma nel 2012, quando appena diciottenne fondò Turning Point USA. L’idea era semplice ma radicale: creare un movimento giovanile conservatore capace di contrastare l’egemonia progressista nei campus americani. Con pochi mezzi iniziali, Kirk iniziò a organizzare conferenze, distribuire materiale informativo e parlare direttamente agli studenti, sostenendo che l’università aveva perso la sua bussola morale. La sua fede cristiana entrò da subito come parte integrante di questa missione: per lui il richiamo a Dio e a Gesù Cristo non era un accessorio ideologico, ma la condizione necessaria per restituire alle nuove generazioni un senso di responsabilità personale e di comunità. Nel giro di pochi anni, la sua creatura sarebbe diventata l’organizzazione studentesca conservatrice più influente degli Stati Uniti.

Molti critici conservatori — Charlie Kirk fra loro — sostengono che la cultura accademica americana sia oggi permeata da politiche DEI (Diversity, Equity, Inclusion) che finiscono per alterare il curriculum, rimuovere o de-enfatizzare testi o autori “classici” che non si adeguano alle sensibilità contemporanee. Secondo questi critici, Shakespeare, Milton Friedman o altri pensatori tradizionali verrebbero messi da parte o presentati in forma caricaturale, perché considerati “troppo tradizionali”, “troppo europei”, “troppo capitalisti” o semplicemente incompatibili con il discorso sull’ingiustizia storica e il privilegio.

Turning Point USA non era soltanto un’associazione politica, ma un vero e proprio ecosistema mediatico nato con l’obiettivo di raccontare ai giovani un’altra storia: il lato conservatore della vita, fondato su principi morali, patriottici e religiosi. Attraverso eventi nei campus, campagne sui social e grandi raduni nazionali come lo Student Action Summit, Kirk e il suo team, proponevano una contro-narrativa rispetto a quella dominante nelle università: libertà individuale invece di assistenzialismo, identità nazionale invece di multiculturalismo, fede e responsabilità personale invece di relativismo. In pochi anni TPUSA si è trasformata in un movimento culturale e politico nazionale, sostenuta da donatori privati e riconosciuta come il principale punto di riferimento per la nuova generazione conservatrice.

La notorietà di Charlie Kirk è cresciuta al punto da varcare i confini americani. La sua capacità oratoria e la centralità conquistata nel dibattito conservatore giovanile gli valsero infatti inviti nelle sedi più prestigiose della cultura europea: Oxford Union e Cambridge Union, le società di dibattito più antiche e rinomate del mondo accademico. Kirk si è confrontato con studenti, docenti e intellettuali, difendendo posizioni conservatrici su temi come la libertà di parola, la centralità della fede, il libero mercato e l’identità nazionale.

Durante il dibattito tenuto a Cambridge Union, Kirk si è trovato di fronte a una maggioranza di studenti “liberal left” che hanno cercato di metterlo in difficoltà con domande puntute. Con il suo aplomb diplomatico ha riconosciuto l’importanza storica delle università come luoghi che hanno dato all’umanità scoperte epocali — da Newton a Watson a Crick — ma allo stesso tempo ha denunciato con forza la situazione delle università americane, accusandole di essersi trasformate in “fabbriche di debito e di ideologia”. Ha sostenuto che molte facoltà hanno abbandonato i grandi classici e le scienze dure per offrire invece corsi marginali o ideologizzati — “North African lesbian poetry”, disse provocatoriamente — che secondo lui non formano né il carattere né la competenza professionale necessari per il mondo del lavoro.

Ha poi sintetizzato la sua visione di ciò che l’università dovrebbe essere così:

“Colleges should be a place that lift you up to what is good, true, and beautiful, to study the great things that have been, to develop your soul and develop your character. Character in Greek literally means like tattoo — to etch within you. Far too often, colleges create ungrateful, pessimistic, and nihilistic revolutionaries that want to tear down what was before and instead have no alternative to build the future. And the West is suffering because of it.”

“Le università dovrebbero essere luoghi che ci elevano verso ciò che è buono, il vero e il bello, dove si studiano le grandi fatti del passato, dove l’anima evolve e si forma il carattere. La parola ‘carattere’ in greco significa letteralmente ‘tatuaggio’ — qualcosa che viene inciso dentro di te. Troppo spesso, invece, le università generano rivoluzionari ingrati, pessimisti e nichilisti, desiderosi di distruggere ciò che è stato, senza alternative per costruire il futuro. E l’Occidente ne sta pagando le conseguenze.”

Ma alla base del suo linguaggio mediatico Kirk ha sempre usato parole e concetti fondati sulle “radici giudeo-cristiane” dell’America; un lessico religioso sul quale in seguito s’innescava il codice politico. In questo quadro il sostegno a Israele è divenuto parte integrante del pacchetto identitario del movimento: TPUSA si è schierato con decisione contro il movimento BDS (Boycott, Divestment, Sanctions) e nella maggior parte dei suoi eventi Kirk non mancava di presentare Israele come alleato strategico e culturale dell’Occidente. Per anni, questo filo conduttore ha garantito a Kirk non solo consenso negli ambienti evangelici, ma anche finanziamenti consistenti provenienti da fondazioni e reti vicine all’establishment pro-israeliano. (Tuttavia, ultimamente Kirk sembrava essersi allontanato dalla politica israeliana tradizionale: secondo un’inchiesta di The Grayzone, negli ultimi mesi aveva rigettato un’offerta di finanziamenti da parte di sostenitori israeliani, espresso dubbi sull’influenza politica che Netanyahu avrebbe esercitato sull’Amministrazione Trump, e ricevuto forti pressioni private da donatori pro-Israele per moderare il suo discorso critico.)

Titolo del Washington Post

Questa crescita è stata resa possibile da una macchina organizzativa imponente: tra il 2016 e il 2017 TPUSA dichiarò entrate per oltre 8,2 milioni di dollari, con donatori come il magnate Bernard Marcus (cofondatore di Home Depot), il miliardario Richard Uihlein e l’ex governatore repubblicano Bruce Rauner. Nel 2018 le entrate hanno superato i 28 milioni di dollari, segnalando una crescita esponenziale non solo dei capitoli universitari (più di 3000 sezioni locali), ma anche della capacità di attrarre fondazioni strutturate come la Bradley Foundation e il network del Donors Trust, che da solo versò quasi 906.000 dollari nel 2019

Parallelamente, TPUSA è stata categorizzata controversa. Nel 2016 lanciò la Professor Watchlist, un sito che segnala docenti accusati di “propagandare idee anti-americane” nei campus, vista da molti come una forma di intimidazione.  Un’inchiesta del Guardian del 2021 descriveva l’organizzazione come una “macchina professionale” di attivismo politico, con ingenti risorse finanziarie e una strategia comunicativa aggressiva sui social media, molto lontana dall’immagine di movimento spontaneo degli esordi.

Da notare inoltre che una parte significativa del consenso a Charlie Kirk proveniva dai ragazzi attratti dal suo richiamo a un recupero dell’identità familiare tradizionale. In questa visione, al maschio spetta il ruolo di colui che provvede e protegge, simbolo morale davanti alla comunità, patriota nel contesto nazionale e praticante del credo cristiano insieme al proprio nucleo familiare. Pur senza negare la partecipazione della donna attiva nel mondo del lavoro e custode dell’armonia famigliare, Kirk rimetteva al centro la figura maschile come cardine della famiglia e della società. Ma in questo clima culturale dominato dal linguaggio woke e dalla messa in discussione dei ruoli di genere, la sua narrazione si è posta in aperto contrasto, suscitando inevitabilmente polemiche e proteste.

 In questo suo linguaggio riecheggia quello del noto psichiatra, professore canadese Jordan Peterson, celebre a livello planetario con il suo libro 12 Rules for Life (2018), in cui invitava i giovani a “riprendersi in mano la vita” a partire da gesti di responsabilità quotidiana come rifatti il letto.

Come Peterson, anche Kirk si rivolgeva a una generazione di ragazzi spaesati, che percepivano di non avere più un ruolo chiaro né un riconoscimento sociale, offrendo loro un racconto che voleva trasformare l’insicurezza in una visione di vita costruttiva colma d’amore per affrontare le difficoltà della vita quotidiana.

Se Peterson insisteva sul bisogno di ordine, disciplina e responsabilità personale, Kirk traduceva quella stessa diagnosi in linguaggio politico: l’università progressista e la cultura woke sarebbero le cause del declino nei giovani, mentre il conservatorismo religioso rappresentava la via per restituire alle nuove generazioni dignità e forza. Sia che si parli di gioventù che di ricerca identitaria nei maschi, in entrambi i casi, la mascolinità diventa il terreno simbolico di una crociata antropologica, contro una società che da due decenni indebolisce e relativizza a favore di un ritorno alla stabilità, alla fede e alla responsabilità.

Concludendo, il dibattito negli Stati Uniti, soprattutto in certi ambienti conservatori, o fra noti podcaster -influencer di pensiero- propende per l’idea che attorno alla morte di Kirk rimangano più domande che certezze.

Charlie Kirk è stato ucciso da un singolo ragazzo di ventidue anni, come raccontano le cronache giudiziarie, o dietro quel gesto si celano interessi più grandi? È stato colpito perché aveva iniziato a prendere le distanze dall’establishment pro-israeliano, o perché la sua predicazione sulla mascolinità e sulla fede cristiana aveva toccato nervi troppo scoperti in una società segnata dal relativismo woke? È stata la sinistra radicale a non tollerare la sua presenza in una delle sue roccaforti preferite come l’accademica progressista?

In realtà, Kirk è forse stato più semplicemente un predicatore religioso, un ragazzo divenuto uomo di fede un giorno sulla sua via per “Damasco”, autentico, che ha messo Cristo al centro della sua missione dove il messaggio politico è divenuto un mezzo di trasmissione? Ha davvero incarnato il bisogno delle nuove generazioni in cerca di identità e di mete, o ha dato voce a un malessere diffuso, traducendolo in una battaglia culturale coerente con le sue convinzioni?

Sono interrogativi che restano aperti. E forse è proprio questo il punto: la vicenda di Charlie Kirk non si chiude con la sua morte, ma continua come parabola — religiosa, politica e culturale — che obbliga a riflettere su cosa significhi oggi crescere, credere e combattere in Occidente.




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