L’arsenale militare iraniano: potenza apparente, limiti strutturali, minaccia asimmetrica
di Claudio Bertolotti, dall’intervista a Lorenzo Santucci, per Huffington Post Italia.
Nonostante una narrazione che tende a enfatizzarne la forza, l’arsenale militare iraniano è segnato da forti limiti strutturali, in particolare nel dominio della guerra convenzionale. Il comparto aeronautico, ad esempio, si basa ancora in gran parte su tecnologie risalenti agli anni ’70, risalenti al periodo pre-rivoluzionario e acquisite durante il regno dello Scià. Ne fanno parte aerei da combattimento come gli F-4 Phantom, gli F-5 e alcuni F-14 Tomcat, mantenuti operativi con difficoltà grazie a reverse engineering, cannibalizzazione di pezzi di ricambio e una rete industriale interna che ha cercato di supplire alla mancanza di accesso ai mercati globali per via dell’embargo.
La potenza missilistica: la vera carta strategica
Il vero elemento di deterrenza e di proiezione di forza per Teheran risiede nella componente missilistica. Secondo stime attendibili, l’Iran dispone di oltre 3.000 missili balistici, il che ne fa una delle più imponenti potenze missilistiche del Medio Oriente. Questi vettori includono una gamma diversificata di missili a corto e medio raggio (come i Fateh-110, Zolfaghar, Shahab-3 e Sejjil), capaci di colpire bersagli a distanze comprese tra i 300 e i 2.000 km.
Dal punto di vista tecnico, questi missili sono spesso alimentati nella fase iniziale tramite razzi a propellente solido o liquido, ma non sono dotati di sistemi di guida o propulsione terminale, il che significa che, una volta raggiunto l’apogeo della traiettoria, ricadono “a caduta libera” sull’obiettivo. Questa caratteristica riduce la precisione rispetto ai più sofisticati sistemi occidentali o russi, ma resta comunque efficace se usata su obiettivi di area o in una logica di saturazione.
Tecnologia obsoleta, ma strategia moderna
A dispetto dell’obsolescenza tecnologica in molte componenti convenzionali (carri armati, aerei, difesa antiaerea), l’Iran ha saputo adattarsi a una logica di guerra asimmetrica e ibrida. Il know-how sviluppato sul terreno (soprattutto in Siria, Iraq, Libano e Yemen) e il ricorso a proxy armati ben addestrati e forniti, ha trasformato il potenziale militare iraniano in una minaccia diluita, flessibile e difficilmente neutralizzabile con la sola superiorità aerea.
In particolare, i programmi missilistici sono accompagnati dallo sviluppo di droni d’attacco e di sorveglianza (come i Mohajer e i Shahed), utilizzati sia direttamente sia forniti a forze alleate (Hezbollah, Hamas, milizie sciite irachene, Houthi). Questi strumenti hanno dimostrato una crescente efficacia, sia in termini tattici che simbolici.
Conclusione: una minaccia non convenzionale
L’Iran non può competere direttamente con le potenze regionali o globali sul piano convenzionale, ma ha saputo sviluppare un arsenale che, sebbene basato in larga parte su tecnologia obsoleta, rappresenta una minaccia significativa in chiave asimmetrica e strategica. I suoi missili balistici, in particolare, costituiscono un elemento chiave nella dottrina della deterrenza offensiva, in grado di colpire obiettivi critici in tutta la regione. La crescente interconnessione tra capacità missilistiche, droni e rete di proxy regionali moltiplica il potenziale distruttivo dell’Iran, compensando in parte le lacune della sua forza convenzionale.