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Profilo di rischio degli autori di violenza politica negli Stati Uniti vs l’Unione Europea (UE 27) nel 2024 – primo trimestre 2025

di Andrea Molle negli Stati Uniti

Recenti analisi prodotte da agenzie per la sicurezza e istituti di ricerca rivelano una crescente convergenza nei profili demografici e geografici degli individui coinvolti in atti di violenza politica nelle democrazie occidentali. Sebbene le ideologie specifiche varino — temi razzisti ed etnici e le teorie complottiste anti-governative sono più diffuse negli Stati Uniti, mentre in Europa prevalgono i movimenti jihadisti e separatisti — il profilo tipico appare sorprendentemente simile su entrambe le sponde dell’Atlantico. Si tratta, in genere, di un uomo di giovane età, spesso compresa tra la tarda adolescenza e i vent’anni, che si radicalizza online e viene spinto ad agire in contesti dove la visibilità mediatica è elevata o dove i risentimenti locali offrono terreno fertile per la mobilitazione.

La tabella che segue presenta le statistiche più aggiornate fornite dall’FBI, dal Dipartimento della Sicurezza Interna (DHS), dal rapporto TE-SAT 2025 di Europol, dal database START-PIRUS e da analisi spaziali fondate sul monitoraggio degli eventi ACLED (Armed Conflict Location  and Event Data). Insieme, queste fonti offrono un quadro dettagliato dell’attuale panorama delle minacce.

Variabili Stati Uniti Unione Europea
genere ≈ 85 % uomini (PIRUS, 1970–2021) ≈ 91 % uomini (TE‑SAT 2025 juveniles)
Età ≈ 68 % fra 18‑34 (PIRUS) > 60 % sotto i 35;29 % minori (TE‑SAT 2025)
Razza/etnia REMVE suprematisti bianchi = 52 % nell’FBI DVE disruptions FY 2024 Etno‑nazionalisti/separatisti =38 % degli attacchi nel 2024
Religione < 7 % ispirazione jihadista negli USA (HTA 2025); crescita della frangia
Christian‑identity
Ideologia jihadista in 24 dei 58 attacchi; estremismo politico “post-religioso” (TE‑SAT)
Affiliazione politica Anti‑gov./sovereign + partisan = 49 % degli episodi dal 2016 (CSIS) Micro – cellule accelerazioni-ste e neo‑Nazi in aumento (TE‑SAT)
Città / Campagna 72 % degli episodi in aree urbane   > 250 k; picco secondario nelle contee a bassa densità di milizie (arXiv 2025) Grandi capitali e periferie separatiste (Corsica, Paesi Baschi)

Tabella 1: Indicatori Comparativi del Rischio

la fascia più comune per processi di radicalizzazione e mobilitazione è quella compresa tra la tarda adolescenza e i primi trent’anni

Una chiara disparità di genere caratterizza gli individui coinvolti in atti di violenza politica sia negli Stati Uniti che nell’Unione Europea. Negli Stati Uniti, i dati del database START-PIRUS, relativi al periodo 1990–2021, mostrano che circa l’85% degli autori è di sesso maschile. La tendenza è ancora più marcata in Europa, dove il rapporto TE-SAT 2025 di Europol indica che il 91% dei sospetti arrestati per terrorismo giovanile nel 2024 era di sesso maschile. Questa netta predominanza rappresenta una delle caratteristiche costanti, trasversale a tutti gli orientamenti ideologici.

Anche l’età rappresenta un predittore significativo. In entrambe le regioni, la fascia più comune per processi di radicalizzazione e mobilitazione è quella compresa tra la tarda adolescenza e i primi trent’anni. Negli Stati Uniti, quasi il 70% degli autori rientra nella fascia tra i 18 e i 34 anni. Allo stesso modo, Europol riporta che il 29% di tutti gli arresti legati al terrorismo nell’UE nel 2024 ha riguardato minorenni o giovani adulti tra i 12 e i 20 anni. Questi dati evidenziano la crescente vulnerabilità delle fasce giovanili, in particolare all’interno degli ambienti digitali e dei social media.

Anche l’identità razziale ed etnica ha un ruolo rilevante nella definizione dei profili degli autori. Negli Stati Uniti, l’FBI ha classificato il 52% degli interventi contro estremisti violenti interni (DVE) nell’anno fiscale 2024 come motivati da ragioni razziali o etniche, con la maggioranza dei casi collegati a ideologie suprematiste bianche. Nell’Unione Europea, il quadro risulta più variegato: il 41% degli attacchi compiuti nel 2024 è stato attribuito ad attori jihadisti, mentre il 38% è stato condotto da gruppi etno-nazionalisti o separatisti, in particolare in aree interessate da conflitti legati all’autonomia regionale.

in Europa, il segmento in più rapida crescita tra gli arresti per terrorismo è rappresentato da microcellule accelerazioniste e neo-naziste

L’ideologia religiosa, pur non essendo più dominante negli Stati Uniti, continua a rappresentare un fattore determinante negli attacchi in Europa. Negli USA, gli attentati ispirati al jihad costituiscono oggi meno del 7% dei casi di estremismo violento interno (DVE), segnalando un più ampio spostamento verso motivazioni secolari o ibride. Al contrario, in Europa queste motivazioni sono state responsabili del 41% di tutti gli attacchi terroristici mortali nel 2024, rendendo la religione un fattore molto più rilevante nel contesto europeo.

Infine, l’affiliazione politica è emersa come un elemento determinante dell’estremismo violento più recente. Negli Stati Uniti, i dati del Center for Strategic and International Studies (CSIS) indicano che il 49% degli episodi dal 2016 ha coinvolto attori anti-governativi, appartenenti al movimento dei “cittadini sovrani” o legati a polarizzazioni partitiche estreme. In Europa, il segmento in più rapida crescita tra gli arresti per terrorismo è rappresentato da microcellule accelerazioniste e neo-naziste: gruppi piccoli, decentralizzati, spesso attivi a livello transnazionale e coordinati tramite piattaforme di comunicazione criptata.

Negli Stati Uniti, i cluster geografici di violenza politica non sono distribuiti uniformemente. Un’analisi spaziale basata sui dati degli eventi registrati da ACLED rivela che California, Texas, Florida e Georgia guidano la classifica nazionale per numero totale di episodi. Tuttavia, se si considera la popolazione, il primato in termini pro capite spetta al Pacifico nord-occidentale, in particolare agli stati dell’Oregon e di Washington. Al di fuori delle grandi aree metropolitane, emerge un secondo cluster che merita attenzione nelle contee rurali con reti militanti attive, tra cui alcune aree del nord dell’Idaho e dell’est dell’Oregon. Queste regioni, sebbene meno popolate, ospitano comunità con un forte sentimento anti-governativo e con infrastrutture logistiche in grado di sostenere attività estremiste.

Anche l’Unione Europea presenta un andamento altrettanto disomogeneo. L’Italia ha registrato il maggior numero di attacchi terroristici nel 2024, con 20 episodi, seguita dalla Francia con 14. Spagna e Francia guidano la classifica per numero totale di arresti legati alla violenza politica. Nel frattempo, atti di violenza separatista a bassa intensità ma persistenti continuano a verificarsi in aree come la Corsica e i Paesi Baschi, dove rivendicazioni storiche e identità regionali alimentano conflitti localizzati. Queste zone restano focolai di attività etno-nazionalista, nonostante l’attenzione più ampia si stia spostando verso minacce di natura transnazionale.

Un recente quadro statistico basato sui dati di Europol e START InSight curato da Claudio Bertolotti nel Rapporto annuale ReaCT2024 sul terrorismo e la radicalizzazione in Europa, conferma la persistenza della minaccia terroristica in Europa. Nel 2023 sono stati compiuti 43 attacchi e ne sono stati sventati altri 33, con oltre 600 arresti effettuati nei vari stati membri dell’UE. Francia e Austria guidano la classifica per numero di arresti, segnalando sia un’elevata intensità operativa sia una chiara priorità attribuita all’attività di intelligence. I dati evidenziano inoltre la sfida costante rappresentata dai gruppi etno-nazionalisti e separatisti — in particolare in Francia e Spagna — accanto a residui di minacce jihadiste. L’analisi di Bertolotti rafforza l’idea che i processi di radicalizzazione siano sempre più spinti da fattori ibridi, in cui si intrecciano ideologia, fragilità personali e vulnerabilità psicologiche, soprattutto tra i giovani disillusi.

Sebbene gli indicatori demografici e geografici aiutino a individuare chi sono gli autori e dove operano, comprendere come avviene il processo di radicalizzazione offre una prospettiva più profonda sulla traiettoria della minaccia.

gli spazi digitali forniscono non solo contenuti ideologici, ma anche validazione tra pari, diventando così un terreno fertile per il reclutamento e la mobilitazione

Indipendentemente dall’ideologia di riferimento, la maggior parte degli individui coinvolti in atti di violenza politica tende a seguire un percorso di radicalizzazione simile. In genere, tutto ha inizio con una crisi personale — come disagio emotivo, isolamento sociale o difficoltà economiche — che si sovrappone a narrative più ampie basate su teorie del complotto o rivendicazioni identitarie. Questi racconti offrono una chiave di lettura distorta attraverso cui l’individuo rielabora la propria condizione, attribuendo la colpa a istituzioni, governi o gruppi specifici. Con il tempo, il bisogno di significato o appartenenza lo spinge verso comunità online dove tali visioni vengono rafforzate. Sia l’FBI che Europol hanno segnalato i social media, le piattaforme di gaming e le app di messaggistica criptata come acceleratori cruciali in questo processo, in particolare tra gli utenti più giovani. Questi spazi digitali forniscono non solo contenuti ideologici, ma anche validazione tra pari, diventando così un terreno fertile per il reclutamento e la mobilitazione.

La probabilità che un individuo compia atti di violenza politica varia in base a una combinazione di fattori demografici, geografici e comportamentali. Il profilo a più alto rischio è quello di un uomo tra i 18 e i 34 anni, residente in un’area urbana politicamente polarizzata o in una regione con movimenti separatisti attivi. Questo individuo è generalmente molto immerso in contenuti estremisti online, spesso attraverso forum, social network o applicazioni di messaggistica criptata.

Un livello di rischio moderato è associato agli individui che vivono in contee rurali degli Stati Uniti dove è documentata l’attività di milizie. Questo gruppo comprende spesso persone con precedenti per violenza domestica o altri episodi di aggressione minore, suggerendo che un passato di aggressività interpersonale possa fungere da precursore alla violenza politica quando si intreccia con influenze ideologiche radicali.

All’estremo inferiore dello spettro di rischio si trovano gli adulti più anziani — in particolare le donne oltre i 45 anni — che non presentano alcuna traccia rilevante di attività online in ambienti estremisti. Questo segmento demografico risulta ampiamente sottorappresentato in tutti i dataset noti relativi alla violenza di matrice politica.

Per ridurre efficacemente la minaccia della violenza politica, le strategie di prevenzione devono concentrarsi sui gruppi più vulnerabili e sugli ambienti ad alto rischio. Una delle priorità più urgenti è l’intervento precoce rivolto ai giovani maschi tra i 13 e i 24 anni, che costituiscono il segmento in più rapida crescita tra coloro che si radicalizzano online. Programmi di sensibilizzazione e coinvolgimento attivo, mirati a intercettare questi individui prima che si integrino stabilmente in reti estremiste, possono ridurre in modo significativo il rischio a lungo termine.

Invece di concentrarsi esclusivamente su minacce legate all’estremismo politico, jihadista o separatista, gli interventi dovrebbero essere progettati intorno a schemi comportamentali comuni che attraversano trasversalmente tutte le ideologie

Allo stesso tempo, i centri di coordinamento federali e locali (fusion centers) dovrebbero allineare l’impiego delle risorse ai cluster geografici individuati dai dati ACLED e dai modelli spaziali elaborati da diversi analisti. Ciò implica concentrare gli sforzi non solo nei grandi centri urbani, ma anche in quelle contee specifiche dove è stata documentata un’attività estremista, passata o presente.

È fondamentale che i programmi di prevenzione superino le rigide classificazioni ideologiche. Invece di concentrarsi esclusivamente su minacce legate all’estremismo politico, jihadista o separatista, gli interventi dovrebbero essere progettati intorno a schemi comportamentali comuni — come crisi personali, isolamento sociale e radicalizzazione online — che attraversano trasversalmente tutte le ideologie.

Infine, è necessario prestare particolare attenzione ai cicli elettorali. Sia il Dipartimento della Sicurezza Interna (DHS) che il Center for Strategic and International Studies (CSIS) hanno documentato picchi ricorrenti di violenza politica e attività minacciose in corrispondenza delle principali elezioni. Una pianificazione preventiva e l’adozione di misure di sicurezza mirate durante questi periodi sono essenziali per mitigare il rischio di esplosioni di violenza.

Rischio Stimato per la Popolazione e Strategie di Mitigazione

Sebbene il panorama della violenza politica sia in continua evoluzione e sempre più visibile, il rischio effettivo di subire danni fisici per un cittadino medio rimane statisticamente molto basso, sia negli Stati Uniti che nell’Unione Europea. Secondo i dati aggregati di FBI, DHS ed Europol, la probabilità annua che un civile venga ucciso in un attacco a motivazione politica è inferiore a 1 su 10 milioni nella maggior parte dei paesi occidentali. Per fare un paragone, si tratta di probabilità simili a quelle di essere colpiti da un fulmine o vittima di una fuga di gas domestico.

l’impatto più pervasivo della violenza politica si manifesta nel clima di paura, sfiducia istituzionale e polarizzazione sociale che essa contribuisce ad alimentare nel tempo

Tuttavia, queste medie nascondono importanti sfumature. La percezione della minaccia risulta infatti molto più elevata in determinati contesti ad alta visibilità — come edifici governativi, manifestazioni politiche o istituzioni religiose — dove la probabilità di un attacco è effettivamente maggiore, specialmente durante fasi di forte tensione politica o in seguito a eventi polarizzanti. In tali ambienti, il rischio per alcune categorie di persone (funzionari pubblici, giornalisti, attivisti, membri di minoranze religiose o etniche) risulta sensibilmente più alto rispetto alla media della popolazione.

Negli ultimi cinque anni, negli Stati Uniti si è registrata una media annuale di 25–35 episodi documentati di violenza politica interna con esiti fisici gravi o intenti letali. Nell’Unione Europea, sebbene il numero di attacchi portati a termine sia inferiore, il volume di arresti e complotti sventati — oltre 400 solo nel 2024 — segnala un livello elevato di intenzionalità e di capacità di mobilitazione.

Il vero rischio, dunque, non risiede tanto negli eventi a elevato numero di vittime, quanto nell’erosione cumulativa della fiducia pubblica, della stabilità democratica e delle norme civiche. L’impatto più pervasivo della violenza politica si manifesta nel clima di paura, sfiducia istituzionale e polarizzazione sociale che essa contribuisce ad alimentare nel tempo.

Tre dinamiche interconnesse aumentano l’esposizione al rischio per specifici gruppi:

Prossimità a istituzioni simboliche o politiche (es. sedi parlamentari, sinagoghe, ambasciate)
Visibilità demografica (es. minoranze religiose o razziali frequentemente bersaglio)
Partecipazione ad attività civiche ad alta esposizione (es. attivisti, funzionari eletti, giornalisti)

Per mitigare tali rischi, è necessario adottare un approccio preventivo multilivello, che coinvolga tanto le autorità quanto le comunità locali. Le strategie chiave includono:

  • Valutazione comportamentale delle minacce (Behavioral Threat Assessment): Formazione di personale in prima linea — insegnanti, assistenti sociali, responsabili delle risorse umane — per riconoscere i segnali precoci di radicalizzazione e intervenire prima che si concretizzi la mobilitazione.
  • Alfabetizzazione digitale e contrasto alla radicalizzazione: Promozione di competenze di verifica dei fatti, resilienza online e meccanismi di segnalazione tra le fasce giovanili, in particolare tra i maschi di età compresa tra i 13 e i 24 anni.
  • Partenariati di comunità: Investire in attori locali affidabili, come leader religiosi e organizzazioni di quartiere, per costruire relazioni, ridurre l’isolamento sociale e rafforzare il capitale sociale.
  • Pianificazione di sicurezza per i cicli elettorali: Schierare risorse di sicurezza mirate e strumenti di contrasto alla disinformazione durante le elezioni, ormai sistematicamente associate a picchi di minacce.
  • Centri di ricerca basati su dati quantitativi: Rafforzare la capacità dei centri di intelligence regionali di condividere in tempo reale analisi geospaziali e comportamentali tra forze dell’ordine e istituzioni civiche.

In definitiva, sebbene sia improbabile che la violenza politica colpisca direttamente il cittadino medio, i suoi effetti a catena possono compromettere profondamente la vita democratica se non vengono affrontati in modo adeguato. Per questo, l’attenzione non deve concentrarsi unicamente sulla sicurezza, ma anche sulla ricostruzione della fiducia nelle istituzioni e sul rafforzamento della resilienza sociale.

Fonti

[1] Europol. *European Union Terrorism Situation & Trend Report (TE‑SAT 2025)*. Luxembourg: Publications Office of the EU, 2025.

[2] DHS Office of Intelligence & Analysis. *Homeland Threat Assessment 2025*. Washington DC, 2024.

[3] University of Maryland START. *Profiles of Individual Radicalization in the United States (PIRUS) Research Brief*, March 2023 update.

[4] Claudio Bertolotti, ed., #ReaCT2023 – Report on Radicalization and Terrorism (Rome: START InSight, 2023), https://www.startinsight.eu/react2023-report-on-radicalization-and-terrorism/

[5] Riley McCabe. “The Rising Threat of Anti‑Government Domestic Terrorism: What the Data Tells Us.” CSIS Brief, October 21 2024.

[6] Ravi Varma Pakalapati & Gary E. Davis. “Spatial and Temporal Analysis of Political Violence in the United States.” arXiv preprint 2503.14399, March 2025.




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