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Terrorismo, estremismo violento e radicalizzazione. Scenari più complessi.

di Chiara Sulmoni

Articolo pubblicato nel Rapporto #ReaCT2023

Le definizioni, le categorie e l’idea stessa del terrorismo e dell’estremismo violento sulle cui basi sono state concepite le strategie di prevenzione e contrasto degli ultimi anni, che si sono concentrate soprattutto sulla lotta alla mobilitazione jihadista e al gruppo Stato Islamico, non corrispondono più alla realtà sul terreno o, quantomeno, non bastano a contenerla. In Occidente lo scenario attuale è caratterizzato da una varietà di ideologie, orientamenti, profili e motivazioni, spesso sovrapposte o indefinite, che rendono più difficile indicarne la portata, prevedere il rischio e tracciare l’evoluzione di questi fenomeni.

Keywords Accelerazionismo, incels, jihadismo, sovereign citizens

Una realtà sempre più intricata
Il terrorismo di matrice jihadista rimane la forma di violenza più letale, sia in Europa che a livello globale. Tuttavia, non più solo gli analisti ma anche un Rapporto presentato dal Segretario generale dell’ONU (2022) attira l’attenzione sull’aumento degli attacchi di natura xenofoba, razzista, contro le minoranze o dovuti ad altre forme di intolleranza, nel nome della religione o altre credenze, nonché sulla crescita di misoginia, antisemitismo e islamofobia (1); a preoccupare gli Stati membri, in particolare, è la dimensione transnazionale che può assumere questa minaccia; cosa che notoriamente avviene sia attraverso le relazioni e le reti intessute online, che tramite la partecipazione ad incontri nel mondo reale, in occasione di eventi comuni o anche addestramenti paramilitari. I cosiddetti ‘manifesti’, veri e propri testamenti ideologici lasciati dagli attentatori di vari orientamenti, con richiami a stragisti e stragi avvenute in precedenza anche in aree geografiche distanti tra loro, mostrano come vi sia una condivisione di argomenti e rivendicazioni a diverse latitudini. La battaglia contro la propaganda è particolarmente difficile a causa della molteplicità degli strumenti di comunicazione utilizzati da militanti e simpatizzanti, tra piattaforme social e di gioco (gaming), messaggistica, canali di informazione alternativa e forum.
Le tensioni politiche ed economiche che hanno caratterizzato la fase acuta della pandemia di COVID19, sommate alle vulnerabilità e predisposizioni personali, hanno dato inoltre un’accelerazione ad atteggiamenti di sfiducia e antagonismo verso le istituzioni, favorendo l’adesione alle teorie cospiratorie e la diffusione della disinformazione, che costituiscono la trama delle narrative estremiste, promuovono la radicalizzazione e l’incapsulamento sociale, possono spingere alla violenza contro simboli e/o rappresentanti politici e si adattano rapidamente ai nuovi scenari, come ad esempio la guerra in Ucraina-. Movimenti, sub-culture e complottismi tipicamente americani – come ad esempio l’accelerazionismo, i sovereign citizens, gli incels (celibi involontari) e QAnon – sono stati progressivamente inglobati ed adattati al panorama europeo. I dati del Global Terrorism Index (GTI) 2022 e 2023 mettono in rilievo come, in Occidente, il terrorismo ideologico (attacchi di estrema destra e sinistra) sull’arco degli ultimi dieci anni abbia superato di oltre tre volte quello di matrice religiosa.

Profili e obiettivi si moltiplicano
Gran parte delle azioni di matrice ideologica sono ad opera di individui che non appartengono a gruppi formalmente (ri)conosciuti tanto che, fa notare sempre il GTI 2023, l’intelligence di diversi paesi si astiene dall’attribuzione a sigle di estrema destra o sinistra. L’età di chi è attratto dall’estremismo si è progressivamente abbassata nel corso degli ultimi anni, particolarmente in Gran Bretagna dove nelle inchieste sono coinvolti anche teenagers al di sotto dei 15 anni (2). I ricercatori sono però stati in grado di osservare ulteriori sfumature, vale a dire che in presenza di motivazioni legate alla misoginia (nel caso degli incels, ad esempio), i soggetti tendono ad avere un’età inferiore rispetto a chi è ostile alle minoranze (e nutre sentimenti anti-immigrazione, ad esempio (3) ). Un’analisi pubblicata dall’Institute for Strategic Dialogue all’indomani dell’attacco al centro migranti di Dover nel 2022 (Comerford, Squirrel, Leenstra, Guhl) sottolinea l’importanza di non concentrarsi su un’unica tendenza: “the increasingly singular focus on ‘vulnerable’ younger terrorists has created a blind-spot for older perpetrators and the radicalisation of an older generation of people, statistically more likely to be involved in acts of terrorism, often driven by hatred towards various marginalised groups rather than a coherent ideology” (4) . Anche nel caso del jihadismo, in Europa si è da tempo consolidato un trend post-organizzato, con attacchi portati avanti da singoli (ma non necessariamente solitari) attentatori motivati tanto da convinzioni solide quanto da problematiche personali e mentali che sfociano nella violenza, e le cui azioni tendono ad assumere la forma di eventi talvolta improvvisati, con “armi” facilmente reperibili, “ispirati” (piuttosto che rivendicati) e isolati, rispetto ad un più ampio obiettivo di gruppo. Gli attacchi continuamente sventati e l’alto numero di arresti indicano come -nonostante un lavoro di contrasto più efficiente- questa matrice non tenda affatto ad affievolirsi, ma sia piuttosto in costante evoluzione. Nel suo ultimo Rapporto (TESAT 2022) Europol segnala infatti di aver smantellato una serie di gruppi intenti a pianificare attacchi con modus operandi più complessi. Questo scenario stratificato è dunque dinamico e imprevedibile, caratterizzato dalla presenza di ideologie e motivazioni anche contrapposte che si rafforzano a vicenda dando forma al cosiddetto estremismo cumulativo (è ciò che accade, ad esempio, tra jihadismo ed estrema destra); oppure, da gruppi e individui con orientamenti diversi, che rappresentano a loro volta livelli di rischio diversi (non tutti violenti), uniti da una convinzione comune -come nel caso del network tedesco anti-governativo e anti-democratico Reichsbürger (con ramificazioni anche in Austria, Svizzera, Italia), salito alla ribalta a dicembre 2022 dopo una retata in Germania. Una frangia era accusata di pianificare un colpo di Stato. Come scrive Alexander Ritzmann in un’analisi per la rivista specializzata CTC Sentinel, “the only thing that connects them is the fundamental denial of the legitimacy of the German state. This is one of the main reasons why German authorities have a somewhat difficult time assessing their (changing) potential for violence and terrorist acts in comparison to more ideologically coherent, unified, and structured extremist movements” (5) . Di fronte a una realtà così composita, si allarga anche il cerchio degli obiettivi che – fra semplici cittadini negli spazi pubblici, luoghi di culto e rappresentanti religiosi, istituzioni e figure di governo, forze dell’ordine e membri delle forze armate, autorità e personale sanitario (nel caso di no-vax e negazionisti del COVID), infrastrutture (target di sabotaggi e cyberattacchi), docenti, donne, minoranze (fra cui la comunità LGBT+), centri d’accoglienza per migranti e via dicendo – è potenzialmente infinito.

Le sfide della prevenzione. Cambiano i temi e le priorità
Oggi i cosiddetti “everyday extremists” possono emergere in un contesto che il Prof. Gilles Kepel definisce di “jihadismo d’atmosfera”, in cui fomentatori d’odio scatenano la rabbia collettiva contro un obiettivo -una persona accusata, ad esempio, di blasfemia- con esiti che possono essere mortali se soggetti radicalizzati prendono l’iniziativa ed agiscono su questa spinta; oppure nel quale posizioni e atteggiamenti radicali, controversi e violenti ottengono visibilità sulla rete e sui social media anche grazie a figure di riferimento e influencers che hanno un ampio seguito sia tra i giovanissimi che tra gli adulti (ad esempio nel caso della misoginia o del complottismo), mentre teorie cospiratorie e disinformazione si fanno strada nel pensiero corrente (mainstream) e anche nelle istituzioni tramite l’elezione di figure politiche ‘di rottura’. In questo quadro, in cui la minaccia non è rappresentata unicamente dalle ideologie violente, ma da una retorica violenta che può affondare le radici anche in una mentalità più o meno diffusa, la prevenzione assume un ruolo di primo piano, con un ventaglio di destinatari più ampio rispetto al passato, e richiede come mai prima d’ora il coinvolgimento della società civile. Con prevenzione si intende infatti, essenzialmente, un insieme di attività e iniziative di natura non securitaria, portate avanti da istituzioni pubbliche e private, ONG e organizzazioni varie (anche assistenziali), concepite per anticipare e diminuire il rischio di adesione all’estremismo; atte, ad esempio, a promuovere la coesione sociale e dare sostegno a persone vulnerabili. Una prevenzione al passo con le tendenze attuali richiede interventi maggiormente diversificati rispetto a quelli messi in campo nella lotta contro lo jihadismo, con nuovi temi e priorità.
Da tempo si ritiene – giustamente – che il settore educativo e la scuola debbano svolgere un ruolo fondamentale nel fornire ai giovani, che sono sempre più esposti a un ecosistema virtuale tossico, dei validi strumenti di difesa come la competenza tecnologica e lo spirito critico. Ma è solo una faccia della medaglia: nonostante internet fin dall’inizio della pandemia abbia fatto la parte del leone nel facilitare la radicalizzazione, una ricerca effettuata su un campione di jihadisti che sono entrati in azione fra il 2014 e il 2021 in 8 paesi occidentali ha messo in luce che chi si radicalizza offline rappresenta ancora la maggioranza e soprattutto un grado di pericolosità superiore -“those radicalised offline are greater in number, more successful in completing attacks and more deadly than those radicalised online” (6) .
Ciò che riporta l’attenzione sull’importanza del contesto -domestico, famigliare, sociale e locale (la cosiddetta comunità) da sempre considerato cruciale nella svolta verso la radicalizzazione, ma talvolta sottovalutato.
Un altro studio condotto in Spagna da un team internazionale, basato fra l’altro sulle scansioni cerebrali di (simpatizzanti) jihadisti in vari stadi di radicalizzazione, ha confermato da un lato, il ruolo dell’esclusione sociale come fattore rilevante nel processo di radicalizzazione (processo che essenzialmente spinge verso una rigidità mentale, o verso una progressiva propensità a “combattere e morire per i propri valori sacri”, come dimostra la ricerca) e, dall’altro, l’influenza della pressione sociale nel riportare l’individuo a “ragionare”, allontanandolo dalla violenza grazie alla riattivazione di aree del cervello che si erano in precedenza “spente” (7) . Se oggi l’onda sta cambiando e sempre più minorenni – e adulti – rischiano di finire nelle maglie di un estremismo recepito in rete, e nonostante servano più studi comparativi per comprendere meglio peculiarità e somiglianze fra i diversi tipi di radicalizzazione, è comunque importante non perdere di vista l’elemento di (ri) socializzazione insito in questi processi. Così come è determinante riconoscere il ruolo delle “grievances” -cioè del senso di ingiustizia, reale o percepito- poiché è su questo aspetto trasversale a tutte le ideologie, che fa leva la narrativa estremista, che si tratti di difendere la mascolinità, la razza, o l’Islam. La prevenzione dovrà dunque puntare anche su questo: non solo spirito critico e contro-narrativa (la cui efficacia è contestata) ma una narrativa alternativa, una proposta di modelli positivi e opportunità nel mondo reale, dopo l’isolamento causato dalla pandemia.

Note
1. Terrorist attacks on the basis of xenophobia, racism and other forms of intolerance, or in the name of religion or belief, Report of the Secretary-General, August 3, 2022
2. The number of young people arrested on suspicion of terrorism related offences in the UK continues to rise, statistics reveal, News, Counter-Terrorism Policing, 9 March 2023
3. See: Roose, J., Interview on “Masculinity and Violent Extremism”, #ReaCT2023, pp. 128-129.
4. Comerford, M., Squirrell, T., Leenstra, D., and Guhl, J., What the UK Migrant Centre Attack Tells Us About Contemporary Extremism Trends, ISD, 14th November 2022
5. Ritzmann, A., The December 2022 German Reichsbürger Plot to Overthrow the German Government, CTC Sentinel, March 2023, Vol. 16, Issue 3
6. Hamid, N. and Ariza, C., Offline Versus Online Radicalisation: Which is the Bigger Threat?, Global Network on Extremism and Technology, February 2022.
7. Nafees Hamid discusses his research at length in: Deradicalizzazione: dentro la mente jihadista, a documentary by Chiara Sulmoni which was aired by RSI (RadioTelevisione Svizzera di Lingua Italiana) on 22nd September 2020




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