#ReaCT2020 – Videogiochi e cyber-jihad: dimensioni ed effetti (V. Ciappina)

di Valentina Ciappina

Scarica #ReaCT2020, il 1° rapporto sul radicalismo e il terrorismo in Europa

Il vantaggio essenziale dei videogiochi rispetto alla televisione, alle registrazioni audio, ai libri è la loro interattività. Una persona dietro un monitor può influenzare attivamente il corso degli eventi in un mondo virtuale e può diventare quello che nella realtà non ha il coraggio di essere.

Questo crea possibilità uniche anche per le organizzazioni terroristiche.

Lo spazio di gioco online da la possibilità alle persone di entrare in contatto tra loro in remoto e in modo anonimo, di colmare quel senso di impotenza che magari vivono nella vita reale. Riconoscersi con propri simili e condividere un senso di ingiustizia e inadeguatezza, rende questi soggetti più vulnerabili e quindi potenziali reclute.

Le persone isolate e vulnerabili alla radicalizzazione tendono a convalidare il messaggio estremista che ricevono. Nel tempo, il loro isolamento porta alla normalizzazione di opinioni estremiste e a discorsi di odio.

Viene chiamato “Gaming Jihad”, il modo in cui le organizzazioni terroristiche hanno sfruttato giochi e immagini violente per attirare giovani reclute.

I primi tentativi di usare i videogiochi come strumenti di propaganda risalgono ai post attacchi dell’11 settembre, così come a partire da quei fatti e i successivi conflitti militari in Afghanistan e in Iraq, sono nati nuovi programmi che descrivono la lotta contro i terroristi islamisti anche le organizzazioni terroristiche islamiste hanno risposto con i loro primi programmi di gioco.

Uno dei primi ad essere rilasciato fu la Special Force, un FPS militare in 3 D, sviluppato dall’Ufficio Internet centrale di Hezbollah. Questo progetto mirava a raggiungere un pubblico il più vasto possibile, tanto da essere pubblicato contemporaneamente nel 2003 in Libano, Siria, Iran, Bahrein e Emirati Arabi Uniti e disponibile in quattro lingue: arabo, inglese, francese e persiano.

La trama del software era intrisa di propaganda anti-israeliana e filo-islamica, in quanto presentava la lotta armata dei “combattenti della resistenza” di Hezbollah contro l’IDF. Il messaggio sulla scatola del gioco affermava: “i progettisti di Special Force sono molto orgogliosi di fornirti questo prodotto speciale, che incarna oggettivamente la sconfitta del nemico israeliano e le azioni eroiche intraprese dagli eroi della Resistenza Islamica in Libano. (…) Sii un partner nella vittoria. Combatti, resisti e distruggi il tuo nemico nel gioco della forza e della vittoria.

Nel 2007 Hezbollah pubblicò un sequel intitolato Special Force 2: Tale of the Truthful Pledge. Special Force 2 fu adattato ai gusti dei giovani in Medio Oriente per scopi di reclutamento. Questo obiettivo fu confermato dal rappresentante dei media di Hezbollah Ali Daher, che affermò che “il gioco presenta la cultura della resistenza ai bambini: che l’occupazione deve essere resistita e che la terra e la nazione devono essere protette”.

Nel frattempo, anche Al Qaeda iniziò a esprimere il suo interesse per i videogiochi come un nuovo mezzo di cyber jihad.

Quest for Bush (QfB) (noto anche come Night of Bush Capturing) fu pubblicato online nel 2006 gratuitamente dal Global Islamic Fronte multimediale. In effetti, si trattava di una semplice modifica del gioco Quest for Saddam, che era stato rilasciato tre anni prima negli Stati Uniti, ma conteneva diverse caratteristiche, che potevano essere strumenti utili per influenzare le opinioni dei giocatori. In primo luogo, fece riferimento e sfruttò l’invasione americana dell’Iraq ampiamente criticata. QfB era un FPS 3 D che permetteva al giocatore di uccidere i soldati americani.

Un altro capitolo nella storia della jihad del gioco iniziò all’inizio del 2014, all’avvento della campagna online dello Stato islamico. La sua macchina di propaganda altamente efficiente, supportata da gruppi non affiliati e sostenitori freelance, adottò un approccio innovativo al software di gioco, che consisteva in tre “vettori” interconnessi.

Il primo vettore è fondato sulle attività dei sostenitori non affiliati dello Stato Islamico, che utilizzano versioni modificate di programmi già esistenti di livello AAA.

Il secondo vettore è costituito da frequenti riferimenti da parte dei membri dell’IS e dei sostenitori all’esperienza e alla cultura dei videogiochi. L’esempio più evidente riguarda la popolare serie FPS 3 D di livello AAA Call of Duty (CoD). Uno dei meme pro-IS più popolari, combina un riferimento al CoD e alla glorificazione del martirio, in quanto afferma: “Questo è il nostro richiamo al dovere e abbiamo ripreso vita a Jannah”.

L’ultimo vettore della campagna di gioco dello Stato Islamico è costituito dall’ esclusivo programma sviluppato, pubblicizzato e rilasciato online dal suo centro di propaganda ufficiale (Maktaba al-Himma) – Huroof. Questo gioco è stato progettato sia per computer desktop che per il sistema operativo mobile Android. È l’unico gioco multipiattaforma conosciuto creato da un’organizzazione terroristica. In secondo luogo, è stato progettato per insegnare l’alfabeto arabo in modo interattivo ai più piccoli. Pertanto, il suo stile grafico e sonoro è da cartone animato, e si distingue da tutti gli altri giochi jihadisti. Combina grafiche “classiche” utilizzate nei libri per bambini, con un “vocabolario militaristico”, e illustrazioni di pistole, proiettili, razzi, cannoni o carri armati. Questa grafica è accompagnata dai simboli dello Stato Islamico.

I terroristi islamisti se da una parte hanno dimostrato di avere una scarsità di risorse interne capaci di produrre programmi propri e di alto livello, dall’altra hanno avuto la capacità di adattarsi alle contromisure messe in atto dall’ Occidente.

Una delle risposte italiane date dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) della Presidenza del Consiglio, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, è la nascita di Cybercity Chronicles, la prima app di edutainment ambientata nel cyberspazio.

“L’obiettivo di Cybercity Chronicles è, infatti, quello di creare una relazione tra didattica e nuove tecnologie: far appassionare il giocatore al videogioco, coinvolgendolo nell’avventura e trasmettendogli nozioni ed informazioni utili alla sua crescita culturale e digitale. A tal fine, all’interno del gioco si trova un Cyberbook (PDF 1,1 MB), un glossario per familiarizzare con i principali termini utilizzati nel mondo della cybersecurity.”

Come già suggerito nel Report 9/11 pubblicato dalla National Commission on Terrorist Attacks Upon the United States, lo sforzo richiesto a tutti gli operatori del settore coinvolti nella lotta contro il terrorismo è quello di continuare ad immaginare l’immaginabile, al fine di elaborare un’efficace strategia di prevenzione.




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