L’Afghanistan di Biden – C. Bertolotti a Checkpoint RAINEWS24 – 26 gennaio 2021

Il ritiro parziale di Washington dall’Afghanistan è una mina che Trump ha lasciato al suo successore, sebbene il ritiro sia stato ordinato dall’allora presidente Barack Obama. Ora, Joe Biden potrebbe dover prendere una decisione impopolare: inviare ulteriori truppe allo scopo di impedire la conquista totale del Paese da parte talebana. E ancora: quale il ruolo della Cina?

Claudio Bertolotti, Direttore START InSight, ne ha parlato con Emma Farnè a Checkpoint – RAINEWS24

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Negoziati intra-afghani, a che punto siamo?

Procedono a rilento con i tempi imposti dai talebani e accettati da Stati Uniti e governo afghano. I primi intenzionati a disimpegnarsi dalla guerra più lunga, i secondi molto preoccupati e forse anche rassegnati a un futuro estremamente incerto che sarà caratterizzato da un crescente potere dei talebani.
Il governo afghano ha concesso tutto ciò che i talebani hanno chiesto: tempi del negoziato, rilascio dei prigionieri, riduzione delle operazioni militari. E lo ha fatto su richiesta e pressione statunitense. Ma ha ottenuto ben poco, anzi, Oggi il dialogo negoziale ci sta portando verso una possibile soluzione che vedrà i talebani accedere alle forme di potere formale, imporre una rinuncia di sostanza di quelli che sono i diritti ad oggi previsti dalla costituzione afghana e, in particolare, lo stesso ordinamento democratico del paese sarà ridimensionato. E questo accadrà non perché gli Stati Uniti se ne andranno, perché lo faranno così come aveva pianificato Obama e poi Trump ha in parte realizzato, ma perché quella afghana è una guerra che non poteva più essere vinta e che le forze di sicurezza afghane non potranno mai affrontare con successo.
Di fatto il tavolo negoziale, formalizzato a febbraio dello scorso anno, avviato a settembre porterà progressivamente verso uno Stato che sarà sempre più simile all’Emirato islamico così come lo immaginano i talebani, e con un’economia saldamente ancorata al traffico di oppiacei di cui l’Afghanistan è il maggior produttore globale.

Negoziati USA-talebani, ritiro usa, e che cosa vuol dire per amministrazione biden “rivedere” accordo

In base ai negoziati di Doha di un anno fa, gli Stati Uniti hanno chiesto due cose ai talebani in cambio del ritiro delle forze militari dall’Afghanistan: ridurre dell’80% i loro attacchi. Non lo hanno fatto. Poi hanno chiesto di tagliare i legami con al-Qa’ida. E i talebani non solo non lo hanno fatto ma hanno consolidato le relazioni con i qaedisti operativi nell’area a sud dell’Afghanistan.
Ci saremmo potuti aspettare un mancato ritiro delle truppe di Washington, ma così non è stato, anche perché l’allora presidente Donald Trump voleva dichiarare chiusa la partita afghana. Ora, il ritiro parziale delle truppe statunitensi è una mina che l’amministrazione Trump ha lasciato al suo successore, e la scadenza fissata al 1° maggio per il ritiro delle restanti 2500 truppe è la più grande sfida per Biden.
Sebbene non sia chiaro se Biden ritirerà tutte le truppe statunitensi entro la data concordata la nuova amministrazione ha dichiarato di voler sostenere la “diplomazia” con i talebani, esortando il gruppo a ridurre la violenza, a partecipare “in buona fede” ai negoziati e a tagliare i legami con al-Qa’ida – cosa che però non avverrà, con buona pace di chi ancora crede alle garanzie dei talebani.
E allora, il presidente Biden potrebbe essere costretto a prendere una decisione impopolare: l’invio di ulteriori truppe in Afghanistan allo scopo di impedirne la conquista totale da parte talebana.

Ruolo cina in afghanistan: indiscrezione cnn e interessi economici

La Cina, dopo due decenni dall’abbattimento del regime talebano, senza essere coinvolta nella lunga guerra, è riuscita a proporsi come valida alternativa, implementando il proprio ruolo di «sponsor della stabilità» in Afghanistan, ruolo che crescerà sempre più a mano a mano che le truppe occidentali diminuiranno. Sebbene non direttamente sul campo di battaglia, la Cina è entrata, sul piano politico, economico e diplomatico, a pieno titolo tra gli attori del nuovo grande gioco afghano. E i grandi interessi economici legati all’estrazione di minerali rari dal sottosuolo afghano rappresentano una garanzia in questo senso.
La notizia riportata dalla CNN in merito alla possibile presenza della Cina dietro ad alcuni gruppi di opposizione armata va valutata con cautela e, se confermata, potrebbe essere letta come una probabile reazione cinese alla politica dell’amministrazione Trump certamente non benevola nei confronti della Cina, in particolare per quanto riguarda il l’espansione economica e commerciale di Pechino attraverso le numerose vie della seta che si stanno estendendo a livello globale.




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