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Principali eventi nell’area del Maghreb e del Mashreq. Giugno

di Claudio Bertolotti

Algeria: le manifestazioni anti-governative sono uno scontro tra generazioni

Nel contesto delle manifestazioni anti-governative in atto da un anno e mezzo, i militanti pro-democrazia starebbero riorganizzandosi per riattivare il movimento di protesta anti-regime di Hirak; tale situazione ha portato a un’intensificazione della repressione governativa contro l’opposizione e contro gli attivisti.

Il regime algerino sta affrontando una situazione estremamente difficile: l’economia del paese è in una condizione irrimediabilmente critica in conseguenza di una decennale politica economica basata su ampie sovvenzioni pubbliche e sulla presenza eccessiva dello Stato in un’economia che invece necessiterebbe di un’apertura al libero mercato per poter sopravvivere; inoltre si impone un progressivo e incontenibile crollo delle entrate statali.

A fronte di questa drammatica situazione e delle legittime richieste della popolazione algerina, il governo di Algeri continua a rispondere con la repressione violenta, agevolata dal capillare apparato di sicurezza, attraverso arresti arbitrari e preventivi. In questo contesto, il regime algerino rischia di provocare una reazione popolare incontenibile e che potrebbe pregiudicare la tenuta dello stesso Stato.

Storicamente afflitto da nepotismo e corruzione, lo Stato algerino non è riuscito a proporre riforme e azioni di modernizzazione e si trova oggi di fronte a una mancanza di opzioni per risolvere la condizione di crisi in cui il Paese è precipitato. Questa situazione di conflittualità multipla che colpisce la società algerina è ulteriormente aggravata dal divario generazionale, amplificato dal ruolo dei nuovi media, del Web e della proliferazione degli smartphone tra le generazioni più giovani e che ne hanno fatto strumenti di propaganda anti-governativa. È una massa di grandi proporzioni composta da giovani, che di per sé costituisce una base di instabilità a lungo termine, che si contrappone ai vertici delle Forze armate e a una leadership politica che, al contrario, appartengono alle generazioni più anziane. (Fonte The North Africa Journal, 18 giugno, 2020). L’Algeria chiede da tempo un cambiamento radicale e la repressione utilizzata dal governo potrebbe essere la scintilla di una protesta non più contenibile.

Egitto: la situazione economica sta deteriorando, anche a causa del COVID19

Il 21 giugno, ispezionando le truppe delle forze armate di stanza nella base militare di Sīdī el-Barrānī, il presidente egiziano Abdel-Fattah al Sisi ha lanciato un duro avvertimento ad Al-Serraj: al-Sisi ha intimato alle forze di al-Serraj (e dunque alla Turchia e al Qatar legati alla Fratellanza Musulmana) di non oltrepassare la linea rossa costituita dall’aeroporto di Al-Jufra/Sirte, minacciando di varcare il confine libico in caso contrario. Sīdī el-Barrānī si trova nel distretto militare ovest dell’Egitto, al confine con la Libia, dove le Forze armate egiziane hanno concentrato mezzi corazzati, aerei ed elicotteri da guerra. Recentemente, le forze che sostengono Haftar, facendo largo uso dell’aviazione, hanno contenuto le puntate offensive su Sirte – area in cui si trovano i principali pozzi di petrolio della Libia – condotte delle unità pro-Tripoli controllate dalla Turchia. Appare improbabile un’azione diretta egiziana il Libia; lo stesso ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukri ha precisato che l’intervento militare è l’ultima tra le opzioni.

Israele: verso l’estensione della sovranità israeliana alla Cisgiordania

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha avviato il processo politico per l’estensione della sovranità israeliana alle parti della Cisgiordania. La Cisgiordania ospita circa 430.000 ebrei israeliani (esclusa Gerusalemme est). Netanyahu ha affermato che la sovranità israeliana non verrà applicata ai palestinesi nella Valle del Giordano, e secondo alcuni rapporti la stessa esclusione si estenderà ai palestinesi in altre parti annesse della Cisgiordania. La Giordania, uno dei due soli paesi arabi ad aver firmato trattati di pace con Israele, ha affermato che sarebbe costretta a rivedere le relazioni con Israele se l’annessione dovesse proseguire. Se l’iniziativa ha trovato il pieno sostegno da parte degli Stati Uniti, forti critiche si sono invece alzate da parte di tutto il mondo arabo. (Fonte BBC, 25 giugno 2020).

Libano: la disperazione a causa della crisi economica

In Libano, l’inflazione è in crescita e l’economia è vicina al collasso. Politiche inadeguate e shock improvvisi hanno portato il Libano a vivere la peggiore crisi economica degli ultimi decenni: crollo della valuta, chiusura delle imprese, prezzi dei beni essenziali alle stelle, livello di povertà in aumento (Fonte The New York Times, 19 maggio 2020). Alla fine del 2019 erano emersi segnali di crisi, resi evidenti dalla scelta delle banche di limitare i ritiri di contanti e dalle crescenti proteste popolari esplose in tutto il Paese. A novembre, la Banca mondiale aveva avvertito che il livello di povertà sarebbe aumentato dal 30% al 50% senza un deciso intervento governativo. Un altro allarme, lanciato ad aprile 2020 da Human Rights Watch, aveva indicato che, in assenza di un massiccio intervento da parte dello Stato, milioni di cittadini libanesi e rifugiati siriani sarebbero stati a rischio di povertà e fame a causa del lockdown legato all’’emergenza COVID19. Il precipitare della situazione economica ha portato a una recrudescenza delle manifestazioni, divenute sempre più violente: numerosi gli episodi di banche incendiate e almeno un morto registrato a Tripoli, provocato dal fuoco delle forze di sicurezza (Fonte The New York Times, 10 maggio 2020).

Siria: la Cina mostra un maggiore interesse per la Siria, tra pandemia e tensioni statunitensi

La Cina sta cercando di aumentare la propria influenza sulla Siria e sta usando la pandemia di coronavirus per accelerare questi piani. La crescente presenza della Cina in Medio Oriente e le tensioni con gli Stati fanno della Siria un obiettivo strategico. Il presidente siriano Bashar al-Assad ha avviato un avvicinamento alla Cina, chiedendo l’aiuto di Pechino per legittimare il suo governo e avviare la ricostruzione del Paese dilaniato da nove anni di conflitto; in cambio Assad potrebbe assicurare alla Cina un ampio spazio di manovra nel dopoguerra. Lo scorso dicembre, Assad ha accolto con favore gli importanti investimenti cinesi in Siria, affermando: “Ora, con la liberazione della maggior parte delle aree, abbiamo avviato discussioni con un certo numero di aziende cinesi (Fonte al-Monitor, 10 giugno 2020).

Tunisia: no a basi militari straniere

Alla fine di maggio, il generale statunitense Stephen Town, comandante di AFRICOM, ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno valutando la possibilità di inviare un’unità di addestratori militari in Tunisia, a causa del coinvolgimento della Russia in Libia. Gli Stati Uniti hanno dichiarato che stanno prendendo in considerazione la possibilità di schierare una brigata di assistenza alle forze di sicurezza per l’addestramento, come parte del suo programma di supporto alla Tunisia. Ma all’inizio di giugno, il ministro della difesa tunisino Imed Hazgui ha ribadito la posizione del suo paese contro le basi militari straniere sul territorio nazionale. Per quanto riguarda la crisi in Libia, Hazgui ha confermato il rifiuto di interferenze straniere in Libia come in Tunisia.




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