Update – Legge sulle armi negli Stati Uniti

Andrea Molle spiega in cosa consiste il disegno di legge denominato Bipartisan Safer Communities Act proposto all’indomani delle stragi di Buffalo e Uvalde.
Corrispondenza del 23 giugno 2022

(Cover Photo by Chip Vincent on Unsplash)


La crisi Ucraina e le nuove prospettive della geospatial intelligence (Formiche)

di Piero Boccardo, DIST/Ithaca, Politecnico di Torino

Articolo originale pubblicato su Formiche n. 180, maggio 2022

Il recente e perdurante conflitto Ucraino ha mostrato in tutta la sua crudezza una serie di conseguenze su di cui è opportuno porre la massima attenzione e proporre, nel contempo, qualche spunto di riflessione. Nell’analisi preliminare e nel monitoraggio giornaliero del teatro bellico, un ruolo fondamentale viene giocato dalla cosiddetta GEOspatial INTelligence (GEOINT) intesa come la disciplina che, mediante l’utilizzo di dati georeferenziati, rappresenta, descrive e analizza fenomeni che si sviluppano in determinate aree geografiche. Nata in un contesto prettamente militare, la GEOINT nel corso degli ultimi anni, si è estremamente sviluppata anche ad altri differenti ambiti di applicazione, dall’energia ai trasporti, dall’agricoltura alle risorse minerarie.

Occorre analizzare i fenomeni complessi

Questa tecnica, caratterizzata dall’impiego massiccio di dati di osservazione della terra acquisiti da sensori posti a bordo delle più svariate piattaforme (satelliti, aerei, droni, veicoli vari), ha permesso, di fornire dati oggettivi da cui potere ricavare informazioni incontrovertibili in modo semplice ed efficace anche da soggetti senza una specifica preparazione nel campo.

Le immagini satellitari ad alta risoluzione geometrica pubblicate dalla quasi totalità dei media, hanno mostrato in un primo momento la concentrazione di mezzi e forze militari lungo le aree di confine Ucraine e poi l’invasione, la documentazione della distruzione (Fig. 1) e delle possibili prove di eccidi di massa a danno dei civili. Questa manifestazione di tipo prettamente documentaristico, in cui l’oggettività del dato (l’immagine satellitare) è facilmente comprensibile a qualsiasi fruitore del dato stesso, non comporta alcuno sforzo di analisi se non una generica localizzazione dell’acquisizione; pochi toponimi, l’indicazione di qualche strada e semplici strumenti di fotointerpretazione, si mostrano molto efficaci nel veicolare l’informazione.

Il problema però si manifesta nel momento in cui si voglia cercare di analizzare fenomeni complessi, in cui i dati necessari per una loro comprensione non siano semplici “frame” che, seppur lecitamente, documentino le atrocità di un conflitto anche per compiacere il voyeurismo del pubblico, ma fonti più complete e stabili nel tempo. In questo caso gli open data che derivano da iniziative nazionali ed internazionali possono giocare un ruolo fondamentale nella comprensione delle reali cause e possibili effetti del conflitto.

Due aspetti chiave: multispettralità e multitemporalità

Tra le diverse fonti, i dati acquisiti nell’ambito del programma europeo Copernicus, è forse la più interessante. La componente upstream, ovvero le diverse costellazioni di satelliti Sentinel che imbarcano sensori sia attivi (radar ad apertura sintetica) che passivi (scanner mutispettrali a diverse risoluzioni geometriche), garantisce l’acquisizione del dato con forti rivisitazioni temporali (da poche ore a qualche giorno); la componente downstream, ossia i servizi basati sui dati satellitari e quelli in-situ, elabora e distribuisce gratuitamente servizi relativi a sei diversi domini di applicazione: atmosfera, ambiente marino, territorio, cambiamenti climatici, emergenze e sicurezza.

Grazie quindi alle diverse tipologie di dati disponibili (sensori in grado di acquisire in tutte le condizioni atmosferiche), alla loro multispettralità (che consente di caratterizzare contenuti tematici quali vegetazione, acqua, incendi, emissioni, ecc.) e la multitemporalità (l’acquisizione ripetuta sulle stesse aree geografiche) è possibile produrre contenuti analitici estremamente interessanti che consentono analisi estremamente efficaci.

Nel caso del conflitto Ucraino, quindi non solo mere documentazioni fotografiche della presenza di mezzi militari o degli effetti della devastazione, ma anche analisi dinamiche relative alle condizioni al contorno; dalla dinamica della vegetazione agricola (che costituirà uno dei più grandi problemi nel corso dei prossimi 2-3 anni, vista la leadership della produzione cerealicola, di girasoli, patate, ecc.), della sicurezza relativa alle infrastrutture di trasporto energetico e della produzione di minerali (con particolare attenzione all’area russofona del Dombass), ma anche alle condizioni dei principali impianti industriali e di produzione di energia da fonte nucleare (fig. 2), non dimenticando tutta la parte relativa alla mobilità sia di merci che di persone (corridoi umanitari).

L’osservazione della terra è uno strumento maturo che permette di estrarre dagli open data disponibili informazione ad alto valore aggiunto; il nostro compito è quello di farlo maturare e divulgarlo con la consapevolezza che guardare dal buco della serratura (semplicemente osservare immagini) può essere utile, ma ciò che veramente risulta indispensabile è avere la chiave per aprire la porta alla geospatial intelligence.


Nrc: le 10 crisi più trascurate al mondo sono tutte africane

di Marco Cochi

L’autorevole Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc) ha pubblicato l’annuale rapporto che elenca le dieci crisi di sfollamento più trascurate, sia a livello politico che mediatico, dalla comunità internazionale. Scorrendo l’infausta graduatoria riferita al 2021, non costituisce una novità che molti paesi africani siano in cima alla lista.

Come dimostra la crisi più dimenticata in assoluto, quella della Repubblica democratica del Congo (RdC), ormai diventata un esempio da manuale di abbandono con una presenza fissa nelle precedenti cinque edizioni del report dell’Ong di Oslo (La RdC è stata in cima alla classifica già due volte nel 2017 e 2020, mentre si è classificata seconda nel 2016, 2018 e 2019).

Il nord-est della RdC è afflitto da tensioni e conflitti intercomunitari, con un drammatico aumento degli attacchi ai campi profughi dal novembre 2021, che uniti all’insicurezza alimentare, che ha raggiunto il livello più alto mai registrato, hanno causato lo sfollamento di oltre 5,5 milioni di persone all’interno del paese.

Secondo lo studio, l’aiuto fornito lo scorso anno alla RdC è stato pari a meno di un dollaro a settimana per persona bisognosa e l’appello umanitario è stato finanziato per meno della metà, non consentendo agli operatori sul campo di decidere a cosa e a chi dare la priorità. Al contrario, l’appello umanitario lanciato dall’Ucraina lo scorso primo marzo è stato quasi interamente finanziato lo stesso giorno.

Non vanno meglio le cose per gli altri paesi africani: in Burkina Faso, seconda nazione della graduatoria, nonostante un forte aumento di persone che fuggono dalle loro case, durante l’intero 2021 la crisi degli sfollati burkinabe ha ricevuto una copertura mediatica sostanzialmente inferiore, rispetto alla media che la guerra in Ucraina ha ricevuto quotidianamente durante i primi tre mesi del conflitto. 

Nella speciale classifica stilata dall’Nrc, la RdC e il Burkina Faso, sono seguite da Camerun, Sud Sudan, Ciad, Mali, Sudan, Nigeria, Burundi ed Etiopia. Così, per la prima volta, tutte e dieci le crisi più neglette dalla comunità internazionale sono nel continente africano. Un triste primato che indica il fallimento cronico dei decisori, dei donatori e dei media nell’affrontare i conflitti e le sofferenze umane nel continente.

L’Nrc ha sviluppato la lista delle dieci crisi più trascurate basandosi su tre criteri. In primo luogo, ha tenuto conto del numero di iniziative politiche e diplomatiche internazionali in corso per trovare soluzioni durature.

Per esempio, negli ultimi quattro anni, il Camerun è sempre nei primi posti della classifica a causa della mancanza di impegno da parte della comunità internazionale per risolvere gli annosi problemi, che affliggono la popolazione della parte anglofona del paese africano.

Un altro criterio su cui i ricercatori della Ong norvegese hanno basato lo studio è la mancanza di attenzione riservata alle crisi dai media internazionali, che coprono raramente questi paesi, al di là di rapporti ad hoc su nuovi focolai di violenza o malattie. Mentre in diversi Stati africani la mancanza di libertà di stampa aggrava la carenza di attenzione mediatica. 

Per indicare un esempio, dal 2019 i media hanno citato i quasi due milioni gli sfollati in Burkina Faso causati dagli attacchi dei gruppi islamisti, lo stesso numero di volte dei profughi ucraini durante i primi tre mesi del conflitto.

Infine, l’Nrc si è concentrato sulla carenza di aiuti finanziari internazionali caratterizzata da una certa stanchezza dei donatori e il fatto che molti paesi africani sono considerati di limitato interesse geopolitico.

Il basso livello di finanziamento limita un adeguato soccorso

Senza tralasciare, che il basso livello di finanziamento limita in maniera significativa la capacità delle organizzazioni umanitarie sia di fornire un adeguato soccorso alle popolazioni sia di svolgere un’efficace attività di advocacy e comunicazione per queste crisi, attivando un circolo vizioso. 

Le conseguenze sono ben descritte dai numeri, che raccontano come nel 2021, nella RdC erano necessari due miliardi di dollari per coprire i bisogni primari del paese, di cui solo il 44% è stato coperto e nel 2022 si stima che la copertura sarà limitata al 10%.

In risposta alla tragica crisi in Ucraina, abbiamo assistito a un’imponente dimostrazione di umanità e solidarietà, sostenuta dalla rapidità di azione da parte della politica. I paesi donatori, le aziende private e le opinioni pubbliche hanno tutti contribuito generosamente, mentre i media hanno seguito ininterrottamente lo scoppio della guerra prodotta dall’aggressione militare della Russia. Allo stesso tempo, la situazione si sta deteriorando per milioni di persone afflitte da crisi, che si stanno profilando all’ombra del conflitto in corso in Ucraina.

I livelli di malnutrizione sono in aumento nella maggior parte dei dieci paesi presenti nell’elenco delle crisi trascurate, aggravate dall’aumento dei prezzi del grano e del carburante causati dalla guerra in Ucraina. Le organizzazioni umanitarie hanno lanciato costantemente l’allarme dall’inizio del 2022, ma la comunità internazionale stenta a intraprendere l’azione necessaria.

Inoltre, i finanziamenti per queste crisi trascurate sono in pericolo. Diversi paesi donatori stanno ora decidendo di ridurre gli aiuti all’Africa e di reindirizzare i finanziamenti verso la risposta dell’Ucraina e l’accoglienza dei rifugiati in Europa.

Una situazione perfettamente descritta dal segretario generale dell’Nrc, Jan Egeland, che alla presentazione del report ha affermato che «la guerra in Ucraina ha dimostrato l’immenso divario tra ciò che è possibile fare quando la comunità internazionale si unisce e la realtà quotidiana di milioni di persone che soffrono in silenzio nel continente africano, che il mondo ha scelto di ignorare».


Inchiesta sull’insurrezione al CapitolHill / aggiornamento sul conflitto ucraino

Dalla serie di LIVE streamings a cura del team di analisti di START InSight. 20 minuti di approfondimento sui fatti d’attualità.
In questo video:
Insurrezione del 6 gennaio al Capitol Hill: cosa sta emergendo dall’inchiesta e dalle audizioni? Take-aways nella corrispondenza dagli States di Andrea Molle.
Segue un aggiornamento sul conflitto in Ucraina con Claudio Bertolotti.
Conduce Chiara Sulmoni
Tutte le puntata si possono rivedere per intero sul canale YOUTUBE di START InSight

Aggiornamenti al 17 giugno 2022
(Photo by little plant on Unsplash)


Stati Uniti, stragi e armi – Guerra in Ucraina

L’appuntamento con i LIVE streaming a cura del team di analisti e ricercatori di START InSight. Puntata del 10 giugno 2022 con Claudio Bertolotti, Andrea Molle, Chiara Sulmoni

(Cover: Photo by Colin Lloyd on Unsplash)


Ucraina: Cosa succede a Severodonetsk? Il commento di C. Bertolotti

Il commento del Direttore Claudio Bertolotti sull’evoluzione della guerra in Ucraina. TV2000, TGTG del 6 giugno 2022.

Gli effetti della guerra di logoramento e attrito

A oltre 100 giorni di guerra entrambi i fronti stanno mostrando segni di stanchezza e vulnerabilità: le forze russe sono stanche, ma quelle ucraine sono esauste e logorate. Questi sono gli effetti di una guerra di logoramento e attrito che si è imposta a partire dal secondo mese.

La battaglia del #Donbas, e ancora di più i combattimenti di #Severodonetsk ci confermano ancora una volta come il combattimento nei centri abitati sia l’opzione che gli eserciti cercano di evitare e che affrontano solamente quando non vi sono alternative. E il controllo di Severodonetsk è essenziale per poter condurre operazioni ad ampio raggio nel settore meridionale: per gestire lo schieramento delle forze, per costringere in una morsa mortale gli ucraini e per avere libertà di movimento, logistico e operativo, lungo le principali strade e autostrade.

Il conflitto nel Donbas ha raggiunto la massima intensità da quando è cominciata. Dopo un periodo di vantaggio tattico sostanziale da parte delle forze russe, due giorni fa si è registrato il contrattacco, limitato, circoscritto ma efficace, da parte delle unità ucraine su Severodonetsk che hanno saputo imporre gravi danni e perdite alle unità russe, tra questi una componente rilevante di miliziani filo-russi e unità associate alla compagnia privata Wagner.

Un ruolo importante è stato giocato dall’artiglieria ucraina nella vicina Lysychansk che ha colpito i reparti russi e le loro retrovie. Un’azione cruenta ma simbolica poiché le aree della città in precedenza sotto il controllo dei russi sono tornate nelle loro mani riportando la situazione al punto di partenza.

Sono gli effetti della guerra di logoramento e attrito, che definiscono i confini di un conflitto di più bassa intensità ma dalla durata indefinita.

Cosa succede a Severodonetsk?

Ad oggi (7 giugno) possiamo appurare che le forze russe mantengono il controllo su gran parte della città di Severodonetsk. Le forze ucraine non possono far altro che rallentare le unità russe che provano a realizzare l’accerchiamento della provincia di Luhansk e al tempo stesso, contengono gli assalti frontali russi a Severodonetsk attraverso contrattacchi locali, limitati e non risolutivi. Al contempo, sempre a Severodonetsk, gli ucraini insistono con una rigida e al momento efficace azione di difesa della riva occidentale del fiume Siverskyi Donets dove i russi starebbero tentando di avanzare in direzione di Slovyansk.

Nel complesso, riporta l’ISW, le forze russe nell’area di Izyum hanno mantenuto la posizione, mentre – a conferma di un sostanziale vantaggio tattico – muovono verso ovest da Lyman su Shchurove e Staryi Karavan e starebbero “ripulendo” Sviatohirsk (il che significa che sono probabilmente impegnati in combattimenti urbani all’interno della città).

Nel settore di Kharkiv i piccoli e limitati contrattacchi ucraini del 5 giugno hanno indotto le truppe russe a mantenere una postura difensiva a nord della città.

Non risolutivi sarebbero stati i tentativi russi di interrompere le linee di comunicazione ucraine a nord-est di Bakhmut.

Infine, la Marina ucraina sarebbe impegnata in azioni di disturbo nel tentativo di limitare la capacità di manovra della flotta russa del Mar Nero, con probabile intento di ridurre la pressione del blocco russo sui porti meridionali dell’Ucraina.