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Radicalizzazione, jihadismo e contrasto al terrorismo. Il punto e le prospettive dopo il COVID19

di Chiara Sulmoni

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Mentre il mondo è ancora alle prese con la gestione di una difficile situazione sanitaria, analisti, ricercatori e professionisti della sicurezza sono in genere concordi nell’affermare che l’impatto sociale, economico e anche psicologico delle misure messe in atto a livello globale per contenere la diffusione del virus abbiano contribuito e stiano ancora contribuendo a creare le condizioni per l’avanzata degli estremismi e l’adesione di un numero sempre maggiore di sostenitori e militanti alle varie cause, incluse le teorie cospiratorie di natura politica, identitaria e anti-tecnologica, che possono trovare eco in movimenti di protesta anti-governativi e azioni dimostrative come le decine di attacchi vandalici nei confronti delle antenne 5G -sospettate di propagare il COVID19- in numerosi paesi europei.

COVID19 and extremism are the perfect storm”, sostiene in un’intervista l’esperto svedese di radicalizzazione Magnus Ranstorp[1]; il coronavirus ha aperto nuovi scenari e fornito slancio e opportunità di proselitismo e reclutamento a gruppi di ogni bandiera. L’isolamento fisico e la maggiore esposizione all’ecosistema virtuale che sta caratterizzando la vita quotidiana in questa fase della lotta alla pandemia, ha moltiplicato le occasioni di entrare in contatto con materiale di natura terroristica (Pro-IS Italian translation group shares explosive making video manual on TikTok[2]), mentre la riduzione di numerose attività educative e sociali ha reso più difficile da un lato la vigilanza e il rilevamento dei segnali di radicalizzazione, dall’altra il sostegno -in altre parole, la prevenzione- soprattutto nelle comunità e presso le persone più vulnerabili, in particolar modo i teenager, favorendo invece l’interconnessione fra individui radicalizzati. Uno studio pubblicato nel Rapporto #ReaCT2020 indica come il tempo di attivazione degli jihadisti si riduca notevolmente quando il processo di radicalizzazione ha luogo online piuttosto che attraverso contatti personali[3]. I tech giants sono impegnati da tempo in una complessa lotta per l’eliminazione del materiale cospirazionista, dello Stato Islamico (e affini), neo-nazista e di altri orientamenti in internet ma la battaglia è tutt’altro che facile a causa dell’abilità degli estremisti nel dissimulare i contenuti di post e account, ingannare algoritmi, migrare di piattaforma in piattaforma e muoversi nelle aree grigie e attraverso app criptate.

L’isolamento fisico e la maggiore esposizione all’ecosistema virtuale hanno moltiplicato le occasioni di entrare in contatto con materiale di natura terroristica, reso più difficile il rilevamento dei segnali di radicalizzazione e favorito l’interconnessione fra individui radicalizzati

Se l’estrema destra in rapida crescita ha essenzialmente militarizzato il COVID19, suggerendo il suo utilizzo come arma biologica contro ebrei e minoranze, e altri gruppi hanno sfruttato le ricadute della pandemia e dei lockdown per promuovere posizioni anti-establishment[4], gli jihadisti hanno visto nel virus un alleato su più fronti[5]; per rinvigorire la comunità militante, interpretandolo come una punizione e una vendetta divina nei confronti di idolatri, Crociati e nemici, ‘prostrati’ da questo inaspettato ‘soldato di Allah’[6] (o ‘dono’, come lo avrebbe definito un adepto italiano[7]); per lanciare offensive e riguadagnare terreno laddove le coalizioni e operazioni anti-terrorismo hanno subito un contraccolpo, soprattutto in Medio Oriente e Nord Africa, e liberare prigionieri e foreign fighters; per incoraggiare gli aspiranti terroristi a non allentare la presa, portando avanti attacchi autonomi in Europa oppure, come ha fatto al-Qaeda, per rivolgersi agli occidentali, invitandoli a riflettere sui mali delle proprie società e a convertirsi all’Islam[8]. Una ricerca che ha preso in esame una serie di account pro-Stato Islamico ospitati su diverse piattaforme dal 20 gennaio all’11 aprile 2020 ha stilato una classifica di undici diverse tematiche ivi trattate; se da un lato mostrano (interessanti) discrepanze rispetto ai contenuti e alle narrative ufficiali -ad esempio lo scambio aggiornato di notizie sulle infezioni o anche consigli su come sconfiggere la noia- ciò che tengono a mettere in rilievo gli autori è come la discussione de-centralizzata sul coronavirus sia sfruttata per coinvolgere un pubblico vario e per socializzare[9].

I rischi maggiori per l’Europa sono legati alle sfide con le quali si stava già confrontando prima della pandemia e che potrebbero subire le  ricadute dell’impatto inevitabile su vari settori del contrasto al terrorismo, in particolare i programmi di prevenzione e de-radicalizzazione

Dal punto di vista operativo, il contesto del coronavirus non sembra aver inciso in modo particolare sullo jihadismo in Europa; fra il marzo del 2019 e il giugno del 2020 il Counter Extremism Group ha registrato una media di due complotti islamisti, tra riusciti e falliti, al mese[10]. I vari episodi di matrice islamista registrati nel database 2020 di START InSight[11] sono 25, e coinvolgono principalmente lone-actors. Il gruppo da tempo non è più in grado di colpire con attacchi coordinati e la maggior parte dei complotti che coinvolge delle cellule viene sventata[12]; tuttavia un riferimento preciso, apparso in una newsletter dello Stato Islamico nel mese di marzo 2020, sembra alludere al ritorno di una minaccia più organizzata (anche se meno immediata): “the last thing they want today is that this critical time of theirs should coincide with preparations of the soldiers of the Caliphate for new strikes on them, similar to the strikes of Paris, London, Brussels and other places[13].

I rischi maggiori per l’Europa sono legati alle sfide con le quali si stava già confrontando prima della pandemia e che potrebbero subire le potenziali ricadute dell’impatto inevitabile su vari settori del contrasto al terrorismo, soprattutto in ambiti che prevedono un impegno a lungo termine, come i programmi di prevenzione e de-radicalizzazione, sui quali si è investito in passato ma i cui risultati, contestati o difficili da misurare, potrebbero decretarne un ridimensionamento[14].

Un forzato ripensamento delle strategie potrebbe fornire l’occasione per tenere conto dei limiti già individuati da ricercatori e practitioners; lavorare a un migliore coordinamento degli interventi nel passaggio cruciale fra detenzione e post-release e a una maggiore efficienza del comparto 

Come sostiene Gilles de Kerchove, coordinatore anti-terrorismo dell’UE, “I acknowledge that allocating the same level of resources to CT and CVE post-COVID-19 might be challenging, but I hope that policymakers will recognize that the prevention of terrorism remains crucially important. Given the probable rise in radicalization resulting from the health and socio-economic crisis, prevention and CVE will be even more important than before[15]. Un forzato ripensamento delle varie strategie potrebbe fornire l’occasione per tenere conto dei limiti già individuati da ricercatori e practitioners; per lavorare a un migliore coordinamento degli interventi (ad esempio nel passaggio cruciale fra detenzione e post-release) e a una maggiore efficienza del comparto (anche dal punto di vista della formazione). Un passo che dovrebbe portare anche ad occuparsi dell’annosa condizione critica nelle carceri -generalmente sovraffollate e in carenza di personale sufficiente e preparato-. Uno studio esteso su dieci paesi europei[16] rileva come il 54% dei detenuti che mostra segni di estremismo, si sia radicalizzato dietro le sbarre. La percezione di una restrizione ulteriore dei diritti dovuta alle misure contro il COVID19 potrebbe oggi peggiorare ulteriormente la situazione, mentre il numero dei condannati per reati legati al terrorismo è il più alto degli ultimi 20 anni; contemporaneamente, anche in vista di un possibile, graduale rimpatrio di foreign fighters (inclusa la componente femminile dello Stato Islamico), manca il consenso attorno al regime carcerario più adatto (raggruppamento o dispersione dei radicalizzati e terroristi). Infine in Francia, il piano preannunciato dal Presidente Macron contro il cosiddetto ‘separatismo’ islamista, aprirà un momento decisivo e delicato per ciò che concerne il senso di inclusione -pur nel principio della laicità- dei cittadini di fede islamica. Il documento emanato dalla Commissione Europea sulla strategia di sicurezza dell’Unione per il periodo 2020-2025 sottolinea come la lotta alla radicalizzazione non possa prescindere dalla promozione della coesione a livello locale, nazionale ed europeo.

L’Italia dovrebbe dotarsi di una strategia interna di prevenzione e de-radicalizzazione in società e nelle carceri in modo da poter definire e coordinare azioni, approcci e interventi

Dal punto di vista securitario, l’Italia è stata meno interessata dal terrorismo jihadista rispetto ad altri paesi europei grazie a un meticoloso lavoro di polizia e intelligence maturato (anche) nel contesto della lotta alle mafie e a un severissimo meccanismo di espulsione -possibile in quanto la maggior parte dei simpatizzanti di ideologie islamiste è di altra nazionalità-; da un punto di vista sociale, come sostiene il Prof. Renzo Guolo, per una minor presenza di seconde generazioni di immigrati (cui appartengono in gran parte gli jihadisti homegrown), la mancanza di banlieux problematiche e la presenza di un Islam plurale.[17] Tuttavia, nonostante la dimensione più contenuta del fenomeno, alla luce di un contesto che come detto, è caratterizzato dall’ascesa degli estremismi e da una crescente connessione transnazionale, sarebbe opportuno che il paese, al di là di quelli che sono progetti ed esperimenti virtuosi, si dotasse di una strategia interna di prevenzione e de-radicalizzazione in società e nelle carceri (per gestire anche il ritorno di foreign fighters o militanti dell’ISIS come Alice Brignoli e la presenza in prigione di reclutatori come il Mullah Krekar, recentemente estradato dalla Norvegia[18]) in modo da poter definire e coordinare azioni, approcci e interventi. Le proposte di legge finora presentate alla Camera[19], sono un punto di partenza.

Una mancanza di attenzione o di investimenti oculati in questi settori, insieme all’emergere di una violenza sempre più sganciata dalle ideologie e quindi più difficile da individuare, rappresentano i pericoli maggiori che si stagliano all’orizzonte.

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[1] P. Cruickshank, D. Rassler, A View from the CT Foxhole: A Virtual Roundtable on COVID-19 and

Counterterrorism, CTC Sentinel, Vol.13, Issue 6, June 2020, West Point, p.3 

[2] https://ent.siteintelgroup.com/Jihadist-News/pro-is-italian-translation-group-shares-explosive-making-video-manual-on-tiktok.html

[3] F. Pettinari, Radicalizzazione jihadista: il tempo di attivazione dei radicalizzati, #ReaCT2020, N.1, Anno 1, Edizioni START InSight, Lugano, gennaio 2020, p.23

[4] Site Intel Group, Italian QAnon connects lockdowns to US elections and deep state control, 22 October 2020 https://ent.siteintelgroup.com/Far-Right-/-Far-Left-Threat/italian-qanon-connects-lockdowns-to-us-elections-and-deep-state-control.html

[5] A.J. Al-Tamimi, Islamic State Editorial on the Coronavirus Pandemic, March 19, 2020   http://www.aymennjawad.org/2020/03/islamic-state-editorial-on-the-coronavirus

[6] Espressione utilizzata dai sostenitori e simpatizzanti

[7] “Covid dono di Allah”, così l’italiano che incitava alla Jihad, AdnKronos, 8 luglio 2020

[8] M. Barak, Dawa’ in the Shadow of Covid-19: Al-Qaeda Leadership and the Western Civilians, International Institute for Counter-Terrorism, IDC Herzliya; T. Joscelyn, How Jihadists Are Reacting to the Coronavirus Pandemic, Foundation For Defence of Democracies, April 6, 2020

[9] C. Daymon, M. Criezis, Pandemic Narratives: Pro-Islamic State Media and the Coronavirus, CTC Sentinel, Vol. 13 Issue 6, June 2020, West Point

[10] R. Simcox, Europe and the Fall of the Caliphate, Counter Extremism Group, Report NO. 0002, London, September 2020, p. 1

[11] A cura di C. Bertolotti. Il database non è pubblico. Per informazioni: www.startinsight.eu

[12] Europol, TE-SAT 2020, p.33

[13] Islamic State Editorial on the Coronavirus Pandemic, cit.

[14] R. Pantucci, Key Questions for Counter-Terrorism Post-COVID-19, https://raffaellopantucci.com/2020/04/24/key-questions-for-counter-terrorism-post-covid-19/

[15] R. Pantucci, A View From the CT Foxhole: Gilles de Kerchove, European Union (EU) Counter-Terrorism Coordinator, CTC Sentinel, Vol. 13, Issue 8, June 2020, West Point, p. 14

[16] P. Neumann, R. Basra, Prisons and Terrorism: Extremist Offender Management in 10 European Countries, ICSR, London, 2020

[17] Nessun Luogo è Lontano, Radio24, 19 ottobre 2020

[18] La Repubblica, Terrorismo, estradato in Italia il mullah Krekar, 26 marzo 2020

[19] “Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento di matrice jihadista” e per l’“Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni di estremismo violento o terroristico e di radicalizzazione di matrice jihadista”

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