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#COVID19: buone notizie, parlano i numeri

La data in cui i decessi giornalieri dovrebbero raggiungere il livello minimo è l’11 di Aprile

di Andrea Molle – START InSight, Chapman University (USA)

ultimo aggiornamento 10.04.2020

Sulla base dei dati diffusi dal Dipartimento della Protezione Civile (3 Aprile), vi presentiamo in anteprima un’importante aggiornamento sulla situazione in Italia. Una sintesi grafica a cura di Andrea Molle, ricercatore presso la Chapman University della California (USA) e ricercatore associato di START InSight.

Il numero dei casi identificati giornalmente in Italia è sempre alto, ma non possiamo leggerlo come un segno che il contagio sia in ripresa.

Se osserviamo infatti la tendenza dell’ultima settimana, ciò sta probabilmente accadendo perché i test sono aumentati. Il numero dei test effettuati è quasi raddoppiato negli ultimi tre giorni rispetto al mese di Marzo. Vengono quindi identificati più casi, ma sin dall’inizio di Aprile i ricoveri e in particolare i pazienti in terapia intensiva sono in costante declino. Anche i tassi di mortalità si sono finalmente stabilizzati al di sotto dell’1% e oggi sono, rispettivamente, allo 0,69% per il CFR a 8 giorni e allo 0,75% per il CFR a 10 giorni . Inoltre, il tasso di positività al test (TPR) è sceso dal 20% a circa 7%. Cio’ suggerisce che le stime di milioni di infetti non identificati prodotte dall’Imperial College e dall’Universita’ di Oxford potrebbero essere estremamente imprecise e pertanto fuorvianti. Abbiamo bisogno di dati migliori per definire politiche pubbliche piu efficaci per la Fase 2.

Il primo grafico illustra il fattore di crescita (Growth Factor) del contagio registrato ufficialmente in Italia. Come si può notare, il fattore di crescita si sta stabilizzando sotto il valore di 1.00 (0.98). E’ una bella notizia perche’ significa che il contagio per COVID19 non cresce piu’ esponenzialmente.

Il secondo grafico – a) e b) – offre la visualizzazione dei decessi giornalieri in Italia nel periodo tra il 1 marzo e il 5 aprile (dati ufficiali Dipartimento della Protezione Civile). Il primo grafico a) riporta i valori assoluti e il secondo b) in versione logaritmica. Il dato giornaliero dei decessi (asse delle ordinate) e’ riportato in relazione al numero dei casi attivi all’ottavo giorno precedente il decesso (asse delle ascisse). Da notare come nelle prime due settimane di marzo il numero dei decessi aumenti in maniera proporzionale all’aumento dei casi.  A partire dal 28 marzo, possiamo osservare un’inversione radicale di tendenza laddove all’aumento dei casi si riscontra una repentina e costante diminuzione della quota di decessi. Una minore proporzione di decessi rispetto ai casi riscontrati puo’ essere attribuita al successo delle misure di quarantena, all’incremento dei test effettuati e al ridursi della pressione sul sistema sanitario nazionale.

Dato l’andamento curvilineo della distribuzione dei decessi giornalieri, e assumendo che il trend sia stabile, abbiamo impiegato un modello di regressione quadratica (R2 = .936) per stimare la data in cui i decessi giornalieri dovrebbero raggiungere il livello minimo possible a fronte della mancanza di una cura e/o di un vaccino efficaci. Il modello indica come giorno piu’ probabile l’11 di Aprile, con un intervallo di confidenza di +/- 2 giorni.

Il terzo grafico illustra l’indice di mortalità: il case fatality ratio a 8 giorni. Considerando una finestra di 8 giorni tra l’onset dei sintomi e il decesso, questo è l’indicatore piu’ attendibile di letalità del virus. La situazione italiana si sta allineando a quelle di altri paesi colpiti dalla pandemia, con un dato a 8 giorni dell’1.24%. Considerando 10 giorni di finestra, il tasso cresce leggermente, pur mantenendosi all’1.52%, pur sempre in linea con altri paesi. Importante evidenziare come i dati riportati da alcuni media italiani (tra il 5% e il 10%) non siano corretti.

Infine, il tasso di mortalità. La proporzione di ricoveri in terapia intensiva si attesta sui livelli medi internazionali. Il terzo grafico illustra che i casi gravi spesso fatali, cui la mortalità specifica si aggira sul 40%, sul totale dei pazienti attivi è oggi inferiore al 5% (4.88%).