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Il ruolo del Marocco nella lotta al terrorismo

di Aziz Errafi

All’inizio degli anni Duemila, vari fattori hanno causato instabilità e mancanza di sicurezza nell’area mediterranea; ad esempio gli attentati alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, gli attentati di Casablanca del 2003 e quelli di Madrid del 2004, solo per citare i fatti più noti. Di conseguenza la lotta contro il terrorismo e l’estremismo islamico è diventata una priorità per gli USA e per i paesi affacciati al mare del Mediterraneo. Il Marocco, come paese nordafricano dotato di una posizione geografica strategica e di risorse vitali molto importanti nella zona, ha dovuto difendere la propria sicurezza assumendo la responsabilità di affrontare tutte le sfide e i rischi che ne minacciano la stabilità.

In questo articolo tratteremo gli sforzi del Regno del Marocco nella lotta al terrorismo, dimostrando la discreta efficacia delle riforme interne ed esterne in materia di sicurezza nel contesto regionale e internazionale. Vedremo anche il ruolo che ha avuto la cooperazione tra il Marocco e l’Unione Europea in materia di sicurezza per realizzare la stabilità e tentare di bloccare le fonti che alimentano l’estremismo islamico, e come il Regno del Marocco sia diventato un partner strategico molto importante, imprescindibile, per affrontare questo tipo di sfida.

Al livello nazionale il 16 maggio 2003 i terribili attentati suicidi a Casablanca causarono 45 vittime. Dopo questi attentati terroristici il Marocco ha adottato diverse misure per affrontare i movimenti violenti estremisti, concentrate principalmente su questioni relative alla sicurezza, alla disuguaglianza socioeconomica e al controllo statale sul settore religioso. Infatti, due settimane dopo gli attacchi, il Parlamento marocchino ha adottato una legge antiterrorismo che ha permesso l’arresto e la condanna di 3.000 persone tra il 2003 e il 20171. Questa nuova legge criminalizza ogni atto terroristico e stabilisce delle sanzioni penali relative ad ogni tipo di crimine. Il primo articolo della nuova legge indica quali reati costituiscono atti di terrorismo:

•             La partecipazione ad un’associazione formata per la preparazione di un atto terroristico;

•             Nascondere consapevolmente un crimine terroristico;

•             L’attacco intenzionale alla vita delle persone o alla loro sicurezza, alle loro libertà, al rapimento o al confinamento delle persone;

•             La distruzione o il deterioramento di spazi pubblici;

•             La fabbricazione, il possesso, il trasporto, la circolazione  o l’uso illegale di armi, esplosivi o munizioni.

Contestualmente, dopo gli attentati del 2003, il re Mohammed VI ha avviato un processo di riforma del sistema religioso, al fine di combattere gli effetti negativi delle dottrine radicali associate al wahhabismo e al salafismo. L’obiettivo era quello di proteggere il Regno dalla diffusione del terrorismo e dell’estremismo violento e preservare la sua identità nazionale in termini di equilibrio, moderazione e tolleranza.

Nel 2004, in qualità di Comandante dei Fedeli, Mohammed VI ha deciso inoltre di riorganizzare il Consiglio Superiore degli Ulema, sottoposto alla sua guida, con l’obiettivo di proteggere il modello religioso marocchino, contrastare la crescita dell’islamismo radicale nella società marocchina e limitare le dottrine che siano incompatibili con il patrimonio culturale del Marocco, come lo sciismo e il wahhabismo. L’Islam ufficiale marocchino si basa infatti sulla scuola legale malikita e sulla dottrina asha’arita.

La riforma riguarda anche l’istruzione: sono stati fondati dei nuovi istituti universitari sotto il controllo del Ministero degli Affari islamici, come la Dar al-Hadith al-Hasaniyya che è un centro di studi islamici dedicato allo studio della tradizione islamica, in collaborazione con l’Istituto di storia del Marocco, l’Istituto di studi coranici, l’Istituto Muhammad VI per laformazione degli Imam e delle guide religiose e la scuola di scienze islamiche di Casablanca. Nel 2009, è stata creata una nuova istituzione, detta Râbita Muhammadiyya li-l-‘Ulamâ (La Lega Muhammadiana degli Ulema), che si pone come una sorta di think -tank del Ministero degliAffari religiosi che mira ad approfondire le questioni legate alla religione e a promuovere un islam aperto e non radicale che riflette il profilo dei nuovi esperti di scienze religiose.

Per fronteggiare i movimenti terroristici il Marocco ha inoltre adottato una serie di procedure e di politiche di controllo rafforzato contro i predicatori estremisti nelle moschee e i salafiti rimpatriati dall’Afghanistan, puntando soprattutto al controllo delle moschee, dei centri di culto e di educazione coranica.

Nel contesto internazionale, dopo gli attentati terroristici alle Torri Gemelle di New York, l’11 settembre 2001, il Marocco è diventato oggetto di interesse sia per l’Unione Europea che per gli Stati Uniti nel contesto della sicurezza e della lotta al terrorismo, grazie alla sua posizione geografica nel bacino Mediterraneo e la sua prossimità al continente europeo. L’importanza di questo tema risiede nella sua attualità e nella crescente volontà per realizzare la sicurezza nel contesto delle relazioni internazionali contemporanee, data la molteplicità dei rischi per la sicurezza legati agli altri ambiti economici, sociali, politici e culturali. La diffusione di alcune sfide e rischi per la sicurezza transfrontaliera nella regione del Mediterraneo, come il flusso di migranti e rifugiati, e la crescita di movimenti terroristici, in particolare l’ISIS (Islamic State of Iraq and Syria) e le sue estensioni verso l’Ovest mediterraneo che si nutre soprattutto dei conflitti nella regione araba (Iraq, Siria, Libia…), ha fatto sì che L’Unione Europea comprendesse che la cooperazione con i paesi del Mediterraneo meridionale, con il Marocco in particolare, è una delle strategie necessarie per la lotta contro il terrorismo e per garantire la sicurezza regionale.

Si può dire che i rischi per la sicurezza hanno infatti portato al rafforzamento delle relazioni in base all’interesse reciproco, ciascuno secondo le proprie priorità e i propri interessi. Se le fragili condizioni economiche, sociali e politiche del Marocco hanno fatto scommettere più sull’Europa per realizzare i suoi interessi economici e per difendere i suoi interessi vitali in generale, d’altro canto l’Europa – che si è trovata circondata al sud da Stati economicamente fragili e deboli dal punto di vista della sicurezza e delle istituzioni politiche, soprattutto dopo le rivoluzioni della cosiddetta Primavera Araba – ha scommesso sul Marocco, visto che rappresenta un caso eccezionale di stabilità nella regione mediterranea.

Gli USA invece vedono nel Marocco interessi economici e strategici per via delle basi militari statunitensi in Spagna. Il Marocco ha acquisito tanta importanza dopo l’11 settembre grazie al suo sostegno agli Stati Uniti nella guerra contro il terrorismo. Infatti, il 27 ottobre del 2001 il Marocco ha organizzato il Forum euro-mediterraneo ad Agadir, con la partecipazione degli Stati Uniti e di altri paesi del Mediterraneo per discutere i temi connessi alla lotta al terrorismo. Durante questo Forum è stata affermata l’importanza della cooperazione internazionale e regionale per combattere il terrorismo e ostacolare le fonti di finanziamento dei gruppi terroristici.

Per sviluppare la cooperazione bilaterale con gli USA il re Mohammed VI nel 2002 ha effettuato una visita negli Stati Uniti per consolidare i rapporti fra i due paesi. Da un punto di vista politico, gli Stati Uniti hanno espresso soddisfazione soprattutto per lo scambio di informazioni e la formazione di quadri marocchini nel campo della sicurezza.

Dopo la primavera del 2002 la DST (Direzione della Sorveglianza del Territorio) marocchina, che si occupa della raccolta delle informazioni per affrontare le minacce terroristiche a livello nazionale ed internazionale, ha potuto cooperare con i servizi segreti degli Stati Uniti e dell’Unione Europea nella lotta al terrorismo; secondo il Ministero degli esteri britannico questa cooperazione ha portato a smantellare una cellula terroristica di Al-Qaida in Marocco che era destinata a distruggere delle navi nello stretto di Gibilterra – con l’obiettivo di ostacolare i movimenti commerciali e la circolazione internazionale – da parte di tre terroristi che avevano rapporti con il gruppo terroristico summenzionato.

Negli anni Duemila dunque il Marocco ha tentato di aprirsi verso il mondo esterno e rompere le vecchie politiche del re Hassan II. Lo Stato cerca da allora di incrementare un processo di democratizzazione e sviluppo, anche attraverso nuove politiche di riforme interne, e ha puntato anche sulla sua immagine all’estero, sfruttando in qualche modo la questione della lotta al terrorismo.

Il paese ha adottato anche recentemente un insieme di strategie per contrastare il terrorismo attraverso la cooperazione con partner regionali ed internazionali, sapendo che le minacce alla sicurezza poste dai gruppi islamisti estremisti e dalle organizzazioni jihadiste non sono cessate. Gli Stati Uniti hanno creato un Programma di Assistenza Anti-Terrorismo (ATA, Anti-Terrorism Assistance Program) che promuove gli sforzi cooperativi tra le forze dell’ordine statunitensi e quelli delle nazioni partner impegnate in prima linea nella guerra globale al terrorismo comeil Marocco.

La politica del Marocco sembra essersi dimostrata efficace nonostante altri attacchi terroristici siano stati compiuti nel 2007 e nel 2011. Le ripercussioni sono state contenute grazie anche alla stabilità del paese e al rafforzamento dei servizi di sicurezza nel contesto della lotta al terrorismo.

Il Marocco ha potuto inoltre assumere un ruolo di leadership in ambito internazionale e regionale, infatti possiede un forte sistema di sicurezza e intelligence, riconosciuto per la sua efficacia a livello africano, arabo ed europeo, e importanti capacità logistiche e umane, che lo qualificano a svolgere ruoli di primo piano per contenere le sfide alla sicurezza e per contribuire alla realizzazione della pace e della sicurezza internazionale, oltre alla sua capacità di gestire e contenere le crisi nella zona, senza dimenticare il suo contributo alle operazioni di pace delle Nazioni Unite nella gestione delle crisi internazionali.

A livello nazionale, il Marocco ha dimostrato la sua capacità di controllare i rischi per la sua sicurezza e stabilità, soprattutto nel periodo delle rivoluzioni della primavera araba, dove il Marocco, a differenza del resto dei paesi del sud del Mediterraneo, è riuscito a contenere senza problemi l’ondata di proteste che lo ha colpito e a mantenerne la sicurezza e la stabilità.

A livello regionale, il crollo del regime di Gheddafi (20 ottobre 2011) ha causato un’ondata di caos nella regione nordafricana – soprattutto nella regione del Sahel – dove le frontiere libiche sono diventate un luogo centrale per attività illegali come il commercio di armi, terrorismo (soprattutto dopo che lo Stato Islamico è riuscito a controllare alcune regioni libiche), droga, creazione di gruppi armati e gestione della immigrazione clandestina. Tutto ciò era una grave minaccia alla sicurezza dell’Europa e di alcuni paesi nordafricani come il Marocco. Quest’ultimo ha rafforzato il suo sistema di sicurezza promuovendo la sua posizione regionale come barriera di sicurezza per i paesi del Nord Mediterraneo (Europa).

Per quanto riguarda la questione di sicurezza nel Sahel, la crescente espansione dei gruppi terroristici in questa regione, particolarmente in Mali, Burkina Faso, Niger e Nord Nigeria, ha creato una minaccia per la sicurezza interna ed esterna per il confinante regno del Marocco. Il pericolo terroristico ha spinto il Marocco a coordinarsi con i Paesi della regione al fine di incrementare la stabilità e potenziare le opportunità di sviluppo. L’instabilità causata dai conflitti interni, le costanti violenze e la fragile situazione economica hanno reso l’area un rifugio adeguato all’installazione di basi di gruppi armati. La debolezza delle frontiere fra i paesi del Sahel facilita contemporaneamente lo spostamento e lo svolgimento delle operazioni terroristiche che riescono così a controllare meglio i territori sotto il loro dominio. Il Marocco come paese, dotato di esperienze e politiche anti-terrorismo avanzate, sta scommettendo sui paesi Saheliani per raggiungere i suoi obiettivi politici, economici e di sicurezza.

Da un punto di vista politico il Marocco ha cercato di aumentare il numero dei partner africani che supportano la “marocchinità” del Sahara Occidentale, sostenere il dialogo politico interno nei paesi del Sahel africano e rafforzare il soft power del Regno, contenendo le minacce transnazionali come i flussi migratori incontrollati, il traffico di droga, di armi e di persone.

Economicamente, questo ha significato anche la firma di una serie di accordi commerciali con i paesi del Sahel, anche nell’ottica di diversificare i partner economici. Contestualmente, il Marocco ha rafforzato le sue partnership con i paesi dell’area (Sahel) anche in relazione alla implementazione di un approccio culturale, che prevenga i percorsi di radicalizzazione, per combattere l’estremismo religioso.

Il 24 giugno 2021, il Ministro degli Esteri della cooperazione africana e quello dei marocchini risiedenti all’estero, Nasser Bourita e Vladimir Voronkov, sottosegretario generale dell’ufficio antiterrorismo delle Nazioni Unite, hanno partecipato a Rabat alla cerimonia di apertura dell’ufficio delle Nazioni Unite per la lotta al terrorismo e la formazione in Africa. L’apertura in Marocco di questa sede attesta il riconoscimento internazionale dello sforzo marocchino per cooperare e rafforzare le capacità nel campo della lotta contro il terrorismo e realizzare la sicurezza nell’area del Sahel, dove i gruppi terroristici minacciano la sicurezza della zona e quella internazionale. Questo ufficio mira a migliorare le conoscenze e le competenze per la lotta contro il terrorismo degli agenti responsabili del controllo delle frontiere, oltre che a garantire la sicurezza e lo scambio delle informazioni. Secondo Nasser Bourita, l’ufficio ha lo scopo principale di cooperare per affrontare tutte le sfide che minacciano la sicurezza dei Paesi africani.

Il regno del Marocco ha effettuato nuovi passi in avanti per affermare la sua leadership e promuovere la cooperazione regionale. Ha stabilito un accordo con la partecipazione dei Ministri degli Esteri di 19 Stat tra cui Francia, Libia e Mali per la creazione di una struttura comune di addestramento per la sicurezza delle frontiere nelle regioni del Sahel e del Maghreb. Questo accordo ha mostrato gli sforzi del Marocco nelle operazioni di sicurezza e anti-terrorismo in Nord Africa, anzi la sua politica estera si è sviluppata attraverso la firma di altri accordi in materia di lotta al terrorismo.

Un altro tentativo marocchino molto importante nel contesto della lotta al terrorismo è la sua partecipazione al Forum globale antiterrorismo (GCTF) come membro fondatore. Si tratta di un Forum internazionale composto da 30 stati membri, tra i quali alcuni paesi dell’UE, come Francia, Paesi Bassi, Spagna, Germania e Italia. Il GCTF ha l’obiettivo di ridurre le minacce del terrorismo per la popolazione mondiale prevenendo e contrastando le azioni terroristiche e combattendo la radicalizzazione e il reclutamento da parte delle organizzazioni jihadiste.

Ovviamente l’Unione europea fornisce gli strumenti di cooperazione e di coordinamento, più un sostegno finanziario per combattere l’estremismo e il terrorismo. Il lavoro dell’Unione europea al di fuori dei suoi confini è diventato una delle sue principali preoccupazioni, infatti ha aumentato la spesa anti-terrorismo negli ultimi anni, al fine di garantire una migliore cooperazione con i paesi affacciati al Mediterraneo (con il Marocco soprattutto) rafforzando gli organismi dell’UE responsabili della sicurezza e della giustizia, come Europol ed Eurojust. Nel contesto delle relazioni euro-marocchine, il Marocco ha beneficiato di 25 progetti di gemellaggio fra il 2014 e il 2020 nei settori dell’agricoltura e della pesca, dell’ambiente, della finanza, del mercato interno, della salute e della protezione dei consumatori, della giustizia etc. Il Marocco ha inoltre beneficiato di strumenti di assistenza tecnica, di scambio di informazioni e di sostegno per le riforme della pubblica amministrazione: ha ricevuto tutti gli strumenti e finanziamenti per la lotta al terrorismo, soprattutto in tema di sicurezza dell’informazione che garantisce lo scambio di informazioni e dati. Infatti la strategia marocchina per combattere il terrorismo si basa su un approccio globale che include la prevenzione, la riabilitazione, l’eliminazione delle cause scatenanti la radicalizzazione.

Il Marocco gioca un ruolo chiave per frenare i flussi migratori soprattutto per la Spagna, la Francia e l’Italia, per via della sua disponibilità a controllare le frontiere marittime e scambiare le informazioni e i dati personali dei membri della comunità marocchina residente in Europa. La cooperazione in materia di sicurezza tra il Marocco e gli Stati europei è stata ulteriormente incrementata negli ultimi anni, soprattutto dopo gli attacchi terroristici avvenuti in Europa. In primo luogo, la Spagna ha un rapporto “privilegiato” di cooperazione con il Marocco nel campo della sicurezza e della migrazione clandestina, cosa che ha portato ad un lavoro congiunto per smantellare delle cellule terroristiche in alcune città spagnole e marocchine: per esempio l’operazione Farwell che ha spinto i due Paesi a bloccare attentati pianificati da gruppi che avevano rapporti con Daesh a Melilla e Nador nel 26 settembre 2014.

Anche la cooperazione con la Francia in materia di sicurezza ha avuto risultati positivi per i rispettivi governi, infatti le autorità francesi sono riuscite ad arrestare i responsabili dell’attacco terroristico del 13 novembre 2015 al Bataclan di Parigi, dopo che le autorità francesi e belghe avevano chiesto (dal gruppo DST) il sostegno marocchino per svolgere le investigazioni necessarie.

Nel 2017 è stato avviato un accordo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco sullo scambio di dati personali tra l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol) e le autorità marocchine competenti per la lotta contro le forme gravi di criminalità e il terrorismo.

Secondo la Commissione Europea: Il Marocco ha sviluppato una stretta cooperazione bilaterale in materia di lotta al terrorismo con alcuni Stati membri dell’UE, tra cui Spagna e Francia, e smantella regolarmente reti terroristiche. Il Marocco è copresidente del Forum globale antiterrorismo (GCTF) e membro della coalizione internazionale contro il Daesh. Ospita uno dei centri di eccellenza regionali sui rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) finanziati dall’UE.

Anche l’Italia vede il Marocco come un partner di interesse strategico nel contesto degli obiettivi condivisi della creazione di un’area di sicurezza e prosperità nel Mediterraneo,della lotta contro il terrorismo internazionale e la criminalità organizzata e del contrasto all’immigrazione clandestina. Però la cooperazione bilaterale tra i due paesi in materia di sicurezza risale agli anni Ottanta, all’epoca della guerra fra l’Unione Sovietica e i mujāhidīn afghani. Il primo accordo di cooperazione nella lott contro il terrorismo, la criminalità organizzata ed il traffico di droga tra i due paesi risale infatti al 16 gennaio 1987 ed è stato firmato dal Ministero dell’Interno e dell’Informazione marocchino Driss Basri e dal Ministro dell’Interno Oscar Luigi Scalfaro. Nel 1996 un protocollo aggiuntivo all’Accordo precedente tra i due paesi mirava a rafforzare la cooperazione bilaterale nella lotta al terrorismo.

Sia nel 2004 sia nel 2015, le visite diplomatiche hanno confermato la volontà di una sinergia nella lotta anti-terroristica e in altri ambiti strategici tra i due paesi. Infatti la questione della sicurezza regionale, sia nell’area mediterranea sia nel Sahel, è stata sempre un tema centrale nella diplomaziatra i due partner. L’adozione di un Islam moderato marocchino ha conquistato la fiducia italiana nella nuova politica religiosa del Marocco, come attesta l’ultima visita del ministro degli Esteri Di Maio nel 2019.

Da un punto di vista accademico le riforme religiose adottate dal Ministero degli Affari islamici (l’Islam moderato più aperto) hanno permesso al Marocco di rappresentare per l’Italia e per i musulmani italiani un paese modello per la formazione religiosa islamica. Nel 2017 è stato firmato un accordo di cooperazione tra l’Università di Siena e l’Università di Al Qaraouyine di Fès, che favorisce lo scambio di docenti, ricercatori e studenti al fine di promuovere l’internazionalizzazione della ricerca sui temi dell’istruzione, dello sviluppo locale e delle questioni legate all’interculturalità ed alle relazioni interreligiose27. Questo accordo riconosce all’università marocchina una competenza specifica nell’insegnamento delle scienze islamiche. Inoltre le università diSiena e di Arezzo hanno collaborato a strutturare dei corsi di formazione per predicatori musulmani

Nel 2019, l’Università di Padova ha firmato un accordo con 22 università islamiche tra cui quattro università marocchine: l’Università Internazionale di Rabat, l’Università di Mohammed V di Rabat, l’Università Hassan II di Casablanca e l’Università Moulay Souleiman di beni- Mellal 29 . Questo progetto ha lo scopo di formare imām e murshidāt (guide religiose al femminile) ed è rivolto a coloro che già svolgono il ruolo di guide religiose dentro le moschee, che lavorano nelle organizzazioni sociali e offrono servizi religiosi in scuole, ospedali e carceri. La formazione include varie discipline nel campo delle scienze umane, sociali ed islamiche e tenta di rispondere alle esigenze religiose delle comunità di musulmani in Italia.30 Anche i ministri degli ultimi governi italiani hanno ribadito il partenariato col Marocco, strategico sia per le questioni economiche e commerciali che nelle politiche securitarie e di integrazione culturale.

Le questioni di genere hanno sempre occupato molto spazio sulla scena politica e il re Mohammed VI ha tentato di “onorare la donna religiosamente e culturalmente’’, lasciando spazio alle dotte marocchine. Trentase donne studiose dell’Islam sono state nominate nei consigli scientifici superiori nel 2006 e locali e la predicatrice religiosa Fatuma al-Kabbaj è stata scelta per la prima volta nella storia del paese come membro del Consiglio scientifico supremo. Anche se le attività delle studiose dell’Islam marocchine erano già molto diffuse, seppure in contesti ristretti, era la prima volta che una murshīda religiosa partecipava alle lezioni religiose che gli studiosi islamici svolgono davanti al re in occasione del Ramadan, e questo era l’inizio del cammino verso l’inserimento di altre murshīdāt. Pian piano le guide religiose sono state inserite nelle moschee per aiutare le donne nelle lezioni di alfabetizzazione e di formazione islamica. Fawzia Amnsar è anche divenuta sindaca di Mohammedia nell’ 11 maggio 2012. È una forte indicazione per far capire il significato dell’Islam moderato, orientato verso lo sviluppo economico e culturale, la tolleranza e la pace.

Concludendo si può dire che queste guide religiose, le murshīdāt, diplomate all’istituto per la formazione degli Imam a Rabat, hanno ricevuto sicuramente una formazione che garantisce loro le conoscenze e le capacità adatte, chiare e accurate, per diffondere il pensiero illuminato, nonché la moderazione nei comportamenti sociali e l’influenza positiva sulle persone, attraverso il dialogo, la saggezza, l’esortazione, la discussione di questioni religiose e per aiutare le famiglie a risolvere crisi familiari. L’esperienza marocchina nell’inserimento delle donne nell’inquadrare gli affari religiosi è considerata pionieristica in tutto il mondo arabo e musulmano. Oggi le donne marocchine sono studiose, docenti o guide religiose che contribuiscono a incrementare la consapevolezza religiosa, inquadrare le persone e indirizzarle verso una pratica religiosa moderata, dal punto di vista giurisprudenziale e da quello dei comportamenti pratici, sia a livello familiare che nella vita sociale.


Principali eventi nell’area del Maghreb e del Mashreq – Settembre

Algeria: la crescente importanza delle relazioni Algeria-Turchia
Algeria e Turchia mirano entrambe a costruire una relazione reciprocamente vantaggiosa, pur a fronte delle sfide legate all’instabilità regionale e alla crisi economica. L’instabilità dell’area mediorientale e nord-africana, in particolare in Libia, e il desiderio di ampliare i legami politici ed economici, hanno avvicinato l’Algeria e la Turchia. L'”Accordo di amicizia e cooperazione” firmato nel 2006 in Algeria dal governo allora in carica (Partito AK di Erdogan), di cui l’attuale esecutivo rappresenta la prosecuzione, segna uno dei primi tentativi di Ankara di ricalibrare le sue relazioni con l’Occidente e il sud del mondo. Da allora, ci sono state altre tre visite di stato di Erdogan, l’ultima nel gennaio 2020, a seguito della partenza del presidente algerino Abdelaziz Bouteflika che è stato deposto dal potere e costretto alle dimissioni nell’aprile 2019 (Gjevori, 2020).
Egitto: taglio dei tassi di interesse a causa della bassa inflazione
Il 24 settembre la banca centrale egiziana ha inaspettatamente tagliato di 50 punti i suoi principali tassi di interesse, giustificando la scelta sulla base di un’inflazione eccezionalmente bassa che ha consentito il rilancio dell’economia. Il Comitato per la politica monetaria (MPC) della banca nazionale ha ridotto il tasso sui prestiti al 9,75% e il tasso sui depositi all’8,75%. L’inflazione è rimasta ben al di sotto dell’obiettivo indicato dalla banca centrale, dal 6% al 12% (MPC, 2020).
Israele: un nuovo accordo di pace con gli Emirati Arabi Uniti
Il 15 settembre il presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si sono uniti ai ministri degli esteri degli Emirati Arabi Uniti e del Bahrain alla Casa Bianca per firmare gli storici accordi di normalizzazione tra Israele e i due paesi arabi. Israele ha ufficialmente stabilito pieni legami diplomatici con il Bahrein e gli Emirati Arabi Uniti. Da un lato l’accordo è presentato come un passo verso la pace in Medio Oriente, dall’altro potrebbe essere letto come istituzione di un nuovo fronte contro Iran e Turchia.
Libano: Macron accusa Hezbollah per il tracollo politico del Libano
In meno di un anno, il Libano è stato colpito da un tracollo economico e finanziario, crescenti proteste di massa, una pandemia incontenibile a cui si sommano le conseguenze dell’enorme esplosione del 14 agosto che ha di fatto distrutto il principale porto del paese, uccidendo più di 190 persone e provocando fino a 4,6 miliardi di dollari di danni nella capitale Beirut.
Il 26 settembre, dopo più di un mese dall’esplosione e in piena empasse politica, il primo ministro designato Mustapha Adib si è dimesso, non essendo riuscito a formare un governo di emergenza per affrontare le più gravi crisi che il Libano si sta trovando ad affrontare dalla fine della guerra civile durata 15 anni.
A fronte di tale desolante quadro, il presidente francese Emmanuel Macron ha recentemente evidenziato il rischio di una nuova “guerra civile”’ e invitato i politici libanesi a trovare una soluzione mediata e di compromesso che consenta di formare un governo con cui avviare la ricostruzione del paese: Macron ha incolpato Hezbollah di aver sabotato il processo sponsorizzato dalla Francia per formare un governo. Hezbollah è il partito politico al governo in Libano, sostenuto dall’Iran e legato all’ala militare nota per aver combattuto in Siria al fianco delle unità siriane e iraniane (Cornish, Abboud, 2020).
Marocco: contrazione economica, crisi e disoccupazione
Il capo della sicurezza marocchina Abdelhak Khiame, capo del Central Bureau of Judicial Investigation (BCIJ), ha lanciato l’allarme sul pericolo rappresentato dal gruppo terroristico Stato islamico che si è consolidato “nella regione del Sahel-Sahara, sfruttando l’insicurezza legata al conflitto in Libia e in paesi come il Mali”. Nel Sahel – ha dichiarato Khiame – “si sviluppano cellule terroristiche e terrorismo, ma anche reti di criminalità organizzata, traffico di droga, armi ed esseri umani”.
Sul piano economico, il ministro dell’Economia, delle finanze e della riforma amministrativa Mohamed Benchaâboun ha dichiarato che l’economia nazionale dovrebbe crescere del 4,8% nel 2021. Considerato lo scenario previsto dal Fondo monetario internazionale (FMI) relativo alla ripresa dell’economia mondiale (+5,2 %), in particolare nella zona euro (5,3%), «la crescita economica marocchina dovrebbe attestarsi al 4,8%». Una crescita che però, ha proseguito il ministro, «non ha potuto compensare completamente la contrazione economica del 2020, prevista a -5,8%, a causa della.. [mancata] ripresa di alcuni settori come il turismo e attività connesse, nonché il deterioramento del mercato del lavoro e degli investimenti delle imprese ».
Siria: Carabinieri rimpatriano la “sposa dell’ISIS” italiana Alice Brugnoli
Il 29 settembre, il Raggruppamento Operativo Speciale (ROS) dei Carabinieri ha dichiarato di aver arrestato in Siria Alice Brignoli, una “sposa dell’Isis” italiana. Brignoli era la moglie di Mohamed Koraichi, un marocchino naturalizzato italiano attraverso il matrimonio e diventato militante dello Stato islamico(IS). La coppia aveva lasciato l’Italia nel 2015 per unirsi al gruppo terrorista in Siria, portando con sé i loro tre figli. Koraichi, che si pensa sia morto, ha preso parte alle operazioni militari dell’IS, mentre Brugnoli ha avuto un “ruolo attivo nell’insegnare ai bambini la causa del jihad”. È accusata di associazione a delinquere per terrorismo. L’unità ROS ha rintracciato Brignoli e i suoi quattro figli – ha dato alla luce il suo quarto figlio in Siria – e li ha riportati in Italia (ANSA).
Attacco hacker al ministero degli esteri britannico: fuga di informazioni sulla Siria.
Hacker sono penetrati nei sistemi informatici del ministero degli Esteri del Regno Unito e hanno preso centinaia di file che descrivono dettagliatamente i controversi programmi di propaganda siriani. In una violazione della sicurezza di proporzioni enormi, gli hacker sembrano aver deliberatamente preso di mira file che definiscono le relazioni finanziarie e operative tra il minister degli Esteri, il Commonwealth and Development Office (FCDO) e una rete di appaltatori del settore privato che hanno gestito e gestiscono in maniera occulta piattaforme multimediali in Siria (Middle East Eye, 2020)
Tunisia: Tunisi si oppone all’ipotesi di una soluzione militare per la Libia
Il 28 settembre il premier tunisino Hichem Mechichi ha confermato il rifiuto della Tunisia all’ipotesi di qualsiasi soluzione militare in Libia e di intervento nei suoi affari interni. Rivolgendosi ai capi delle missioni diplomatiche tunisine, ha ribadito che la soluzione per la Libia si basa sullo sforzo comune per una soluzione politica basata sul dialogo intra-libico sotto la supervisione delle Nazioni Unite.
Inoltre, in relazione agli accordi siglati dagli Emirati Arabi Uniti e dal Bahrein e sponsorizzati dagli Stati Uniti per stabilire relazioni diplomatiche con Israele, Mechichi ha ribadito la ferma posizione della Tunisia nel sostenere i diritti legittimi del popolo palestinese sulla base della “Arab Peace initiative” del 2002 (Thabeti, 2020).


Principali eventi nell’area del Maghreb e del Mashreq – Agosto

La Redazione

Algeria: risposta alla crisi. L’Algeria apre al settore privato: banche, compagnie aeree, società di trasporto marittimo

L’Algeria apre al settore privato che potrà dar vita a banche e società di trasporto aereo e marittimo di merci e passeggeri: una scelta volta a ridurre la spesa, ormai non più sostenibile, di uno stato storicamente onnipresente nell’economia del paese. Una scelta che dovrebbe portare da una fallimentare e non sostenibile economia monopolistica di stato a un’econimia aperta al mercato: queste le intenzioni annunciate il 18 agosto dal presidente Abdelmadjid Tebboune. La decisione è parte di riforme più ampie per far fronte ai problemi finanziari causati dal forte calo dei proventi delle esportazioni di energia, la principale fonte di finanziamento statale. Eletto a dicembre 2019, Tebboune vuole incoraggiare gli investitori privati ​ nel tentativo di sviluppare il settore non energetico e ridurre la dipendenza da petrolio e gas. Le riserve di valuta estera dell’Algeria sono scese a 57 miliardi di dollari da 62 miliardi di gennaio, mentre i ricavi delle esportazioni di energia dovrebbero raggiungere 24 miliardi di dollari alla fine del 2020 rispetto ai 33 miliardi nel 2019. I guadagni energetici rappresentano attualmente il 94% delle esportazioni totali e il governo mira a portare tale cifra all’80% dal prossimo anno, aumentando il valore delle esportazioni di prodotti non energetici a 5 miliardi dagli attuali 2 miliardi. Per raggiungere questo obiettivo, il governo stanzierà circa 15 miliardi di dollari per aiutare a finanziare progetti di investimento (MEMO – Middle East Monitor, 2020).

Egitto: accordo con la Grecia per la designazione di una nuova zona economica esclusiva (EEZ)

Il 6 agosto al Cairo, Grecia ed Egitto hanno firmato l’accordo per la designazione parziale di una zona economica esclusiva (EEZ) nel Mediterraneo orientale. Per Atene, l’accordo ha effettivamente annullato un accordo marittimo tra la Turchia e il GNA dello scorso anno. Questo accordo fa parte di una più ampia strategia di risoluzione di questioni bilaterali, volta a costruire alleanze con terze parti in modo da promuovere gli interessi nazionali dei due paesi, nel rispetto del diritto internazionale. È al tempo stesso un accordo che vuole porsi in linea con il diritto del mare delle Nazioni Unite, un atto di diritto internazionale in cui la Turchia è uno dei 15 paesi al mondo a non avere firmato o ratificato. L’accordo con l’Egitto è arrivato dopo che la Grecia ha firmato un precedente accordo con l’Italia, il 9 giugno, che ha di fatto esteso un accordo del 1977 tra i due stati in merito alle piattaforme continentali nel Mar Ionio.

Israele: un accordo di pace con gli Emirati Arabi Uniti

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti (UAE) Mohammed bin Zayed hanno siglato un accordo di pace: Israele “sospenderà” temporaneamente l’estensione della sovranità israeliana sulla Cisgiordania, come parte di un nuovo accordo di pace. L’accordo è stato annunciato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Gli Emirati Arabi Uniti e Israele, in base all’accordo, scambieranno proprie ambasciate e ambasciatori. Gli UAE saranno così il terzo Paese arabo ad avviare relazioni ufficiali con Israele, dopo Egitto e Giordania. Netanyahu ha formalmente ringraziato il presidente egiziano Adel-Fattah el-Sisi e i governi di Oman e Bahrain per il loro sostegno alla normalizzazione delle relazioni tra Abu Dhabi e Gerusalemme.

Ma il presidente dell’Autorità Palestinese (AP) Mahmoud Abbas ha rigettato l’accordo di pace definendolo “un tradimento di Gerusalemme”. In una dichiarazione letta alla televisione palestinese, il portavoce di Abbas, Nabil Abu Rudeineh, ha detto: “La leadership palestinese rifiuta quanto fatto dagli Emirati Arabi Uniti e lo considera un tradimento di Gerusalemme, della moschea di Al-Aqsa e della causa palestinese. Questo accordo è un riconoscimento de facto di Gerusalemme come capitale di Israele”. L’AP ha anche annunciato che avrebbe ritirato immediatamente il proprio ambasciatore negli Emirati Arabi Uniti (Fonte: agenzia di stampa palestinese Wafa). Funzionari dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) hanno respinto l’accordo, così come il gruppo militante palestinese Hamas.

Libano: l’esplosione di Beirut una svolta per il Libano?

Nel pomeriggio del 4 agosto 2020, due esplosioni sono avvenute nel porto della città di Beirut, capitale del Libano. La seconda esplosione è stata estremamente potente e ha causato almeno 177 morti, 6.000 feriti e 10-15 miliardi di dollari di danni, lasciando circa 300.000 persone senza casa. L’incidente è stata provocato dall’esplosione di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio – un materiale altamente combustibile utilizzato per produrre fertilizzanti e bombe. La spaventosa negligenza che ha lasciato più di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio immagazzinate nel porto in condizioni climatiche inadatte, senza la supervisione di esperti, per più di sei anni è la conferma di un paese afflitto da corruzione endemica e incompetenza, devastato da decenni di conflitti settari, assenza di governance e cinici giochi politici la cui regia è nelle mani degli Stati regionali in collaborazione con gli attori interni. Aggravata dalla pandemia, la corruzione endemica e il malgoverno hanno portato l’economia nazionale alla rovina: l’ormai cronica crisi economica e sociale ha inevitabilmente portato verso il fallimento dello Stato, anche se il Libano è già da anni uno stato fallimentare.

Per mesi i prezzi dei beni sono aumentati vertiginosamente e la classe media è sprofondata nella povertà e nella disperazione. Per settimane, prima dell’esplosione, i residenti della capitale hanno manifestato contro la cattiva gestione e l’incertezza economica. Dal giorno dell’esplosione, i manifestanti hanno poi cercato di superare con la forza i cordoni della polizia e dell’esercito; in tale situazione, il parlamento libanese ha approvato lo stato di emergenza che concede ampi poteri all’esercito: limitazione di libertà di parola, di riunione e di stampa, nonché libertà per le forze armate di entrare nelle abitazioni private e arrestare chiunque sia considerato una minaccia alla sicurezza. Ma ciò non è bastato a contenere le manifestazioni di protesta; manifestazioni che hanno indotto il premier Hassan Diab e il suo gabinetto a dimettersi: ma la crisi è troppo profonda per essere risolta con un cambio di gestione.

L’impatto della crisi è forte, soprattutto nelle aree urbane. Le persone cercano di andarsene o di sopravvivere grazie al sostegno economico di parenti all’estero; altri stanno ricorrendo al sostegno di Hezbollah. Le sanzioni economiche hanno reso l’Iran meno generoso, ma Hezbollah continua a mantenere una capillare rete di clientelismo. La principale conseguenza a breve termine è la frammentazione e la criminalizzazione, alimentata da un tasso di disoccupazione tra i più elevati della regione, anche a causa dell’oltre milione e mezzo di profughi siriani (su una popolazione di 4 milioni di abitanti) che si aggiungono agli arabi palestinesi. A lungo termine, resta da vedere in quale sfera di influenza finirà il Libano:

  • l’Iran sta cercando di sfruttare la situazione di stallo, ma non può alleviare il suo bisogno finanziario;
  • Hezbollah ora guarda sempre più alla Cina, come il governo che sta cercando di attirare investimenti cinesi;
  • la stessa Cina guarda con grande interesse alla possibilità di un ulteriore hub nel Mediterraneo orientale (oltre alle teste di ponte che ha già in Egitto e Grecia), (Holslag, 2020).

Libia: un cessate il fuoco? E la Turchia si prende Misurata

Fajez Al Sarraj ha annunciato il 21 agosto il cessate il fuoco in tutto il Paese e ha chiesto la smilitarizzazione della città di Sirte, controllata dalle forze del generale Haftar. Al Sarraj ha anche ha annunciato elezioni a marzo con “un’adeguata base costituzionale su cui le due parti concordano”. Dopo le dichiarazioni del GNA, anche Aguila Saleh, portavoce della Camera dei rappresentanti di Tobruk, ha annunciato il cessate il fuoco. “Il nuovo stop taglia la strada a ogni ingerenza straniera e si conclude con l’uscita dei mercenari dal Paese e lo smantellamento delle milizie” ha detto Saleh aggiungendo: “Cerchiamo di voltare la pagina del conflitto e aspiriamo ad un futuro di pace e alla costruzione dello Stato attraverso un processo elettorale basato sulla Costituzione“.

Secondo Ahval News, Turchia e Qatar hanno firmato un triplice accordo di cooperazione militare con il governo libico destinato a rafforzare la difesa del governo contro le forze di Khalifa Haftar e, di conseguenza la presenza e il ruolo della Turchia e del Qatar (e dunque dei gruppi islamisti) nella regione. L’accordo, annunciato il 17 agosto dal vice ministro della Difesa libico Salam Al-Namroush, realizzerà strutture militari e avvierà programmi di addestramento all’interno del Paese. Questa cooperazione includerà il finanziamento da parte del Qatar dei centri di addestramento militare e la creazione di un centro di coordinamento trilaterale e di una base navale turca nella città di Misurata. Il supporto e la consulenza saranno anche fornite alle forze governative libiche come parte dell’accordo. L’Italia, da anni presente a Misurata con un proprio ospedale militare, è stata allontanata dall’area, rendendo vani gli sforzi fatti sino a ora. Lo stesso personale italiano sarà dislocato nei pressi della capitale Tripoli.

Siria: In riduzione le truppe statunitensi in Iraq e Siria

Il comandante militare americano in Medio Oriente ha dichiarato che i livelli delle truppe statunitensi in Iraq e Siria si ridurranno molto probabilmente nei prossimi mesi, pur ammettendo di non aver ricevuto l’ordine per avviare il ritiro delle unità. Il generale Kenneth F. McKenzie Jr., capo del comando centrale del Pentagono, ha detto che le 5.200 truppe in Iraq impegnate a combattere ciò che rimane del gruppo Stato islamico e ad addestrare le forze irachene “saranno adeguate” dopo le consultazioni con il governo di Baghdad. Il generale McKenzie ha detto che si aspetta che le forze americane e le altre forze della NATO mantengano “una presenza a lungo termine” in Iraq – sia per aiutare a combattere gli estremisti islamici che per controllare l’influenza iraniana nel paese. Non è stata confermata l’entità delle forze che rimarranno in teatro, ma fonti non ufficiali riportano un totale di forze residue non inferiori a 3.500 unità statunitensi. Nonostante la richiesta del presidente Donald J. Trump, orientate a un ritiro completo di tutte le 1.000 forze americane dalla Siria, il presidente ha confermato la permanenza di circa 500 soldati, per lo più nel nord-est del paese, che assistono gli alleati curdi siriani nella lotta contro i combattenti del gruppo Stato islamico (Schmitt, 2020).

Marocco: Il Marocco e il Portogallo si impegnano a combattere la migrazione irregolare

Il Portogallo e il Marocco si sono impegnati a unire gli sforzi per frenare la migrazione irregolare: Rabat e Lisbona hanno annunciato la decisione a seguito di una videoconferenza tra il ministro degli Interni portoghese, Eduardo Cabrita, e il ministro degli Interni del Marocco, Abdelouafi Laftit. I due ministri hanno discusso di cooperazione tra il Marocco e l’Unione europea sui temi della sicurezza e hanno manifestato la disponibilità dei loro governi a “intensificare” la cooperazione in materia di sicurezza all’interno del più ampio programma UE-Marocco di prevenzione e lotta contro la “migrazione illegale e la tratta di esseri umani”. Il progressivo spostamento del flusso migratorio verso il Portogallo è direttamente collegato all’azione di contrasto attuata dal Marocco nella tratta verso la Spagna, che è stata a lungo la rotta tradizionale delle ondate di migranti irregolari (Tamba, 2020).

Tunisia: Stop alle partenze dei migranti verso l’Italia. Intanto la crisi economica peggiora

Migliaia di migranti sono sbarcati a Lampedusa e in Sicilia nei mesi di luglio e agosto. Il governatore della regione siciliana ha chiesto di proclamare lo stato di emergenza a causa degli hotspot per l’accoglienza ai migranti irregolari che hanno superato la capacità di contenimento e dal numero di migranti risultati positivi al COVID19. La maggior parte dei migranti sbarcati a Lampedusa e in Sicilia proveniva dalla Tunisia: nel 2020 quasi la metà delle oltre 16.000 persone sbarcate sulle coste italiane è partita dalla Tunisia.

A seguito delle pressioni del ministero degli Esteri italiano, il 6 agosto la Tunisia ha annunciato di aver messo a disposizione più mezzi per contrastare le partenze irregolari di migranti, in particolare: unità navali, dispositivi di sorveglianza e squadre di ricerca in prossimità dei punti di imbarco (ANSA).

Il 18 agosto, il ministro dell’Interno italiano Luciana Lamorgese e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio hanno visitato Tunisi, accompagnati dal Commissario europeo per gli Affari interni Ylva Johansson e dal Commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato Oliver Varhelji; al termine del’incontro il ministero dell’Interno italiano ha donato 11 milioni di euro (13 milioni di dollari) al governo tunisino da utilizzare negli sforzi per arginare il flusso di migranti.

La decisione è arrivata in un momento critico per il Paese sia a livello economico che politico. Numerose proteste sono scoppiate nel paese quest’anno a causa della diffusa e crescente disoccupazione, la mancanza di sviluppo e la carenza di servizi pubblici nel settore sanitario, elettrico e idrico. La situazione economica sta peggiorando anche in uno dei principali settori trainanti dell’economia tunisina, quello turistico dove i ricavi sono scesi del 56% a fine luglio a 1,2 miliardi di dinari contro i 2,6 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno (ANSA). La crisi economica è un fattore di spinta per i migranti tunisini.

A livello politico, il primo ministro designato della Tunisia Hichem Mechichi ha detto che formerà un governo puramente tecnico a seguito delle dispute tra i partiti politici sulla formazione della prossima amministrazione del paese. La decisione porterà probabilmente il primo ministro designato a confrontarsi con il partito islamista Ennahdha, il più grande gruppo politico in parlamento, che ha annunciato che si sarebbe opposto alla formazione di un governo non politico. Tuttavia, la proposta di un governo di tecnici indipendenti da partiti politici otterrà il sostegno del potente sindacato UGTT e di alcuni altri partiti, tra cui Tahya Tounes e Dustoury el Hor.


I principali eventi nell’area del Maghreb e del Mashreq – luglio

di Claudio Bertolotti

articolo originale pubblicato sull’Osservatorio Strategico – Ce.Mi.S.S. Scarica l’analisi completa dal Report

Algeria

Continuano le proteste nelle piazze algerine, nonostante il risultato ottenuto ad aprile con le dimissioni del presidente Abdelaziz Bouteflika. In questo incerto periodo di transizione, importanti aspetti interessano due gruppi chiave per il futuro politico dell’Algeria: i giovani manifestanti e il personale militare. Secondo un nuovo rapporto del Brookings Institute – intitolato “Algeria’s uprising: A survey of protesters and the military” – cresce il sostegno militare verso i manifestanti, e aumenta il divario tra i ranghi superiori e inferiori dell’esercito algerino a sostegno del movimento di protesta. Mentre l’80% dei ranghi inferiori sosterrebbe le istanze dei manifestanti, la percentuale dei sostenitori tra gli ufficiali superiori, al contrario, sarebbe non superiore al 60% afferma.

Israele ed Egitto

A novembre Israele inizierà a esportare gas naturale in Egitto, con volumi stimati in sette miliardi di metri cubi all’anno. Le forniture segneranno l’avvio di un accordo di esportazione di 15 miliardi di dollari tra Israele – Delek Drilling e il partner statunitense Noble Energy – e l’Egitto: un accordo di collaborazione che i funzionari israeliani hanno definito come il più importante dagli accordi di pace del 1979. L’accordo garantirà l’immissione nella rete egiziana del gas naturale israeliani proveniente dai campi offshore Tamar e Leviathan.

Libano

Possibile disputa tra il presidente Michel Aoun e il primo ministro Saad Hariri a causa della sparatoria mortale che ha coinvolto due membri del Partito democratico libanese nell’area drusa di Aley. Le ripercussioni politiche dell’evento hanno paralizzato il governo in un momento critico e rischiano di complicare gli sforzi volti ad attuare le riforme necessarie per risolvere il problema del debito pubblico aggravato dalla crisi finanziaria.

Libia

La compagnia petrolifera nazionale libica ha sospeso le operazioni nel più grande giacimento petrolifero del paese a causa della chiusura “illegale” di una valvola del gasdotto che collega il giacimento petrolifero di Sharara al porto di Zawiya, sulla costa del Mediterraneo. La National Oil Corporation ha annunciato la decisione senza attribuire formalmente la responsabilità dell’atto definito “illegale”. Il giacimento petrolifero di Sharara, che produce circa 290.000 barili al giorno per un valore di 19 milioni di dollari, è controllato da forze fedeli a Khalifa Haftar, capo del cosiddetto esercito nazionale libico (LNA) artefice dell’offensiva lanciata ad aprile contro la capitale libica.

Morocco

Nel suo discorso per la “Giornata del trono” di quest’anno, il 30 luglio il re marocchino Mohammed VI ha annunciato nuovi programmi di sviluppo nazionale e un rimpasto del governo interessante i dicasteri per la politica interna. In termini di politica estera, Mohammed VI ha nuovamente invitato l’Algeria al dialogo e auspicato “l’unità tra le popolazioni nordafricane”. Per quanto riguarda il Sahara occidentale –m ha ribadito –la posizione del Marocco rimane “saldamente ancorata all’integrità territoriale”. Infine, per celebrare i suoi 20 anni di regno, Mohammed VI ha graziato 4.764 detenuti, inclusi alcuni detenuti per terrorismo.

Siria

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha affermato che il suo paese è determinato ad eliminare quello che ha definito il “corridoio del terrore” nel nord della Siria; una decisione, ha ribadito Erdogan, indipendente dal fatto che la Turchia e gli Stati Uniti siano o meno d’accordo sulla creazione di una zona sicura. Ankara vuole una zona lungo il confine con la Siria che sia libera dalla presenza di combattenti curdi. La Turchia ha avvertito dell’intenzione di avviare una nuova offensiva in Siria se non venisse raggiunto un accordo; in tale quadro sono stati recentemente inviati rinforzi militari nella zona di frontiera

Tunisia

Il 25 luglio è morto, all’età di 92 anni, il presidente tunisino Béji Caïd Essebsi. Il presidente del parlamento, Mohamed Ennaceur (85 anni), ha assunto la carica di capo di stato sino alla conclusione del processo elettorale, in calendario per il prossimo 15 settembre. Crisi istituzionale ed economica e minaccia jihadista: la morte di Essebsi si verifica in un periodo di potenziale destabilizzazione per il Paese nordafricano.