Baji-Caid-Essebsi

Tunisia: un nuovo equilibrio politico dopo Béji Caïd Essebsi?

di Claudio Bertolotti

articolo originale pubblicato su “Osservatorio Strategico” – Ce.Mi.S.S. – Scarica il Report

L’eredità di Béji Caïd Essebsi

Il presidente Béji Caïd Essebsi, il più vecchio presidente in carica al mondo, è morto il 25 luglio all’età di 92 anni. Essebsi è stato prima il leader di transizione della Tunisia dopo la rivolta popolare del 2011 che ha segnato la fine del regime di Zine el-Abedine Ben Ali e, successivamente, eletto presidente nelle elezioni del 2014. Pur appartenendo alla vecchia generazione di politici, è stato l’unico appartenente al “vecchio regime” a ricoprire un ruolo di rilievo nella nuova democrazia nonostante i legami con le dittature di Habib Bourguiba – primo presidente dopo l’indipendenza dalla Francia, e tra i più importanti leader laici e nazionalisti nel mondo di lingua araba – e di Ben Ali. Essebsi ha prima combattuto per l’ottenimento della democrazia in Tunisia, poi ha contribuito ai regimi dittatoriali degli anni ’60 e ’80 e, infine, ha svolto un ruolo di traghettatore per il ritorno della vecchia guardia dopo lo sconvolgimento della “primavera araba” tunisina nel 2011. Già in pensione, grazie alla sue esperienza di governo e alla sua reputazione, nel 2011 ha assunto il ruolo primo ministro ad interim dopo la rivolta popolare che ha rovesciato, dopo 23 anni, Ben Ali, poi rifugiato in Arabia Saudita; una rivoluzione tunisina da cui hanno preso vita i moti di rivolta antigovernativi in tutto il Nord Africa e il Medio Oriente, noti come la “primavera araba”.

Essebsi ha contribuito a fondare il partito politico laico, Nidaa Tounis (Call for Tunisia), portando avanti una campagna politica volta a contrastare l’islamismo politico, in particolare in opposizione al movimento Ennahdha, emanazione dei Fratelli musulmani. Contrariamente all’Egitto, dove Abdel-Fattah el-Sisi ha operato direttamente contro i Fratelli musulmani – e dove i militari hanno preso il potere attraverso la repressione violenta dell’islamismo politico – la Tunisia è riuscita nel 2013-2014 a negoziare con Ennahdha al fine di stabilizzare il paese, combattere il terrorismo e migliorare un’economia in forte difficoltà. Un dialogo nazionale che ha raggiunto un compromesso con gli islamisti e ha riconosciuto la legittimità del loro ruolo di attori politici. Un approccio che ha contribuito a preservare l’esperimento democratico tunisino dopo le elezioni del 2014 attraverso la formazione di una coalizione di governo con Ennahda, nonostante la forti resistenze all’interno del fronte laico.

Sul fronte politico e sociale, per quanto riguarda Youssef Cherif, analista politico presso i Columbia Global Centers di Tunisi, Essebsi “ha cercato di favorire l’educazione e i valori progressisti, ma ha anche incoraggiato il nepotismo offrendo a suo figlio la guida del suo partito e nominando molte persone in posizioni di vertice per il loro grado di fedeltà e non per la loro competenza“. Oggi, dopo 60 anni di dittatura, la società tunisina rimane fratturata. Politicamente, i laici, compresa la sinistra locale e i nazionalisti arabi, competono con gli islamisti. Sul piano sociale invece, una ricca élite vive nelle città costiere che sono molto lontane dalle regioni più interne, povere e sottosviluppate, dove è iniziata la rivoluzione e dove continuano a manifestarsi importanti disordini popolari.

Dinamiche politiche

Il presidente della Tunisia, che viene eletto dal popolo per un mandato quinquennale rinnovabile una volta, ha principalmente autorità sulla politica estera e di difesa e governa affiancato dal primo ministro, scelto dal parlamento, che ha autorità sugli affari interni. Con la morte di Essebsi, il presidente del parlamento Mohamed Ennaceur (85 anni), ha assunto la carica di capo di stato. Sulla base della costituzione del Paese, il presidente del parlamento mantiene la presidenza per un periodo di 45-90 giorni durante il quale viene avviato l’iter organizzativo per l’elezione del nuovo capo dello Stato: originariamente previste per novembre, le elezioni sono state anticipate al 15 settembre, come confermato da Nabil Baffoun, capo dell’Alta Autorità Indipendente per le elezioni. La campagna elettorale è stata fissata nel periodo 2-13 settembre, mentre i risultati è previsto siano annunciati due giorni dopo. Una data per il secondo turno non è ancora stata decisa ma, secondo fonti istituzionali, dovrebbe tenersi entro il 3 novembre. Ciò significa che la Tunisia sarà chiamata al voto tre volte, a settembre e novembre per le elezioni presidenziali anticipate, e ad ottobre per le elezioni parlamentari che erano già in calendario.

Nidaa Tounes è frammentata e fortemente indebolita, anche a causa della lunga serie di battaglie politiche che hanno visto contrapporsi Essebsi e il suo primo ministro, Youssef Chahed; una confronto energico in cui si è inserito anche Rachid Ghannouchi, leader del partito islamista Ennahda. La morte di Essebsi porterà con buona probabilità a un consolidamento all’interno del partito liberale Nidaa Tounis del ruolo di guida del figlio, Hafedh Caïd Essebsi – che ha assunto la guida del partito politico – in contrapposizione al primo ministro Youssef Chahed, alla guida della fazione separatista Tahya Tounis.

E infatti, Slim Azzabi, segretario generale del partito Tahya Tounis, ha dichiarato che il primo ministro tunisino, Youssef Chahed, si candiderà alla presidenza con buone probabilità di succedere a Beji Caid Essebsi. Il partito Tahaya Tounis è ora il più grande gruppo liberale del parlamento tunisino e governa in coalizione con il partito islamista Ennahda e un partito liberale più piccolo.

Altri candidati che hanno annunciato l’intenzione di candidarsi sono l’ex primo ministro liberale Mehdi Jomaa e Moncef Marzouki, che è stato presidente ad interim per tre anni dopo la caduta di Ben Ali, per poi cedere la posizione ad Essebsi dopo le prime elezioni presidenziali democratiche del 2014.

Ennahda, che non ha ancora nominato il suo candidato alla presidenza, nel 2016 ha avviato un processo di revisione del proprio programma elettorale, limitando il riferimento all’Islam politico, prendendo le distanze dalle sue stesse origini islamiste e riorganizzandosi come movimento politico di riferimento per i musulmani democratici; una mossa strategica che si è concretizzata sul piano comunicativo, più che su quello sostanziale poiché il movimento politico ha mantenuto la propria natura di partito islamico conservatore. Ciò che confermerebbe la realizzazione di un progetto di rebranding avviato di Ennahda, più che un reale cambio ideologico, è l’attività politica svolta dai suoi leader; quando il presidente di Ennahda, Rachid Ghannouchi, annunciò l’allontanamento dall’islamismo tradizionale, proclamò anche una separazione delle attività politiche e religiose del partito: un modo per consentire ai vertici del partito di concentrarsi sulla politica nella capitale tunisina, e agli attivisti di operare sul piano civico e religioso nelle province e nelle lontane aree rurali – dove c’è un maggiore sostegno popolare derivante da una diffusa visione conservatrice e meno liberale della società.

Problemi di sicurezza

Crisi istituzionale ed economica e minaccia jihadista: la morte di Essebsi si verifica in un periodo di potenziale destabilizzazione per il paese nordafricano.

La Tunisia è l’unico paese ad essere emerso dalla cosiddetta primavera araba con una democrazia pagata a caro prezzo me ancora molto instabile. Il paese è sopravvissuto a un’ondata di omicidi politici e ai micidiali attacchi terroristici contro le sue forze di sicurezza e a danno della strategica industria del turismo, ma non è riuscito a contenerne gli effetti sul lungo periodo quali la disoccupazione e l’inflazione. La situazione attuale è quella di un Paese in stato di emergenza.

L’area mediterranea stava cominciando a riprendersi dagli attacchi rivendicati principalmente dal gruppo terroristico Stato Islamico (IS) negli anni e nei mesi precedenti, tanto da indurre un significativo numero di turisti a scegliere la Tunisia come meta per le vacanze estive. Ma gli attacchi suicidi avvenuti nella capitale tunisina a giugno (dopo quello dell’ottobre scorso, sempre nel centro di Tunisi), l’instabilità politica derivante dalla morte del presidente e l’incerto scenario generale hanno inferto un duro colpo a un’economia già fortemente provata.

Da un lato, permane il rischio di una scarsa capacità del paese di far fronte al rientro dei foreign fighter veterani che hanno combattuto nelle fila dello Stato islamico in Libia, come in Siria e Iraq; tra i 5000 e gli 8000 cittadini tunisini si sono uniti al gruppo: alcuni si pensa che stiano rispiegandosi nella vicina Libia, un paese devastato dalla violenza, altri invece hanno già fatto rientro a casa. D’altra parte, sempre più preoccupante è la significativa presenza digruppi di opposizione armata che operano nelle aree montane al confine con l’Algeria.

Analisi, valutazioni, previsioni

La dipartita di Essebsi è importante non solo per quanto da lui fatto in termini di avvio del processo democratico, ma lo è in particolare perché avviene in un momento di grande difficoltà che il Paese sta attraversando.

Se è verosimile che ciò non inciderà profondamente sulla stabilità generale della Tunisia, poiché nel Paese è radicata la convinzione della legittimità del processo politico in corso, va però posta attenzione sulle future implicazioni poiché la morte del vecchio presidente, da un lato, lascia un vuoto in termini di leadership ampiamente riconosciuta e, dall’altro, apre al rischio di maggiori divisioni e frammentazioni all’interno del fronte politico laico – con tutte le conseguenze di capacità di attirare il consenso elettorale da parte dei candidati alla presidenza.

Inoltre, dobbiamo considerare due importanti fattori: il primo è la disaffezione politica e la sfiducia nella democrazia che aprono a un crescente malcontento sociale – lo dimostrano le numerose manifestazioni di protesta – spesso contrastato con misure repressive di sicurezza; il secondo fattore è la competizione tra i gruppi di potere, che si collocano sulle linee di faglia tra i partiti politici Ennahda e Nidaa (e all’interno dello stesso partito Nidaa). A causa della situazione di stallo politico e delle differenze ideologiche all’origine della divisione del fronte laico, Ennahda si presenta come l’unico partito coeso e stabile.

In conclusione, l’instabile situazione generale potrà influire sul processo elettorale, anche spostando i voti di una parte significativa di elettorato deluso a favore di alcuni candidati indipendenti.


Tunisia: è morto il presidente Essebsi

di Giampaolo Cadalanu
articolo originale pubblicato su La Repubblica

Forse alla fine l’omaggio più sincero per Beji Caid Essebsi, scomparso ieri a 92 anni, lo ha reso Hatem Karoui, l’uomo di teatro che aveva sbeffeggiato il presidente, giocando sull’assonanza fra il suo nome e la parola “sexy”. Niente Alzheimer, niente prostata, cantava l’alfiere della musica “slam”, confermando in arte che l’unica vera conquista della rivoluzione tunisina è stata la libertà di parola, e di satira, anche a spese dell’uomo più potente.
La sua morte imporrà nuove elezioni prima del previsto, ma soprattutto lascia un vuoto difficile da colmare nella guida del Paese. Perché “sexy” il presidente della Repubblica lo era davvero: non per le donne tunisine, che pure avevano apprezzato le sue posizioni sulla parità fra generi. Essebsi era attraente per chi voleva sul Mediterraneo un Paese aperto ma legato alla sua identità, religioso ma non integralista, e soprattutto stabile, in una regione dove le aspirazioni di libertà spesso si trasformano in cariche esplosive.
E il primo capo di Stato liberamente eletto doveva fornire questa garanzia, ai suoi e alla comunità internazionale, che ne ha apprezzato gli sforzi, almeno a giudicare dalla lunga lista delle onorificenze straniere. Poco importava l’età avanzata: il “vecchio lupo”, come qualcuno lo chiamava, era in grado di far avanzare il Paese senza scosse. Era questo il senso di una storia politica cominciata a 15 anni nel partito Liberale neo-costituzionale, cioè nazionalista, ai tempi del protettorato francese. Le biografie parlano di un uomo per tutte le stagioni, guidato dal pragmatismo forse ereditato dal bisnonno sardo Ismail, rapito dai corsari ottomani all’inizio del XIX secolo ma capace, dopo la conversione all’islam, di arrivare a un seggio in Parlamento.
Delfino di Habib Bourghiba, per cui era stato ministro della Difesa, degli Interni e degli Esteri, Essebsi cambiò cavallo dopo il golpe di Zine el Abidine Ben Ali, diventando prima ambasciatore a Bonn e poi presidente del Parlamento. Dopo la rivolta del 2011 fu capace di gestire la transizione democratica, come premier e poi come presidente. Fondatore di un partito laico che doveva essere la barriera anti-islamici, proprio con i musulmani di Ennahdha aveva trovato un’alleanza robusta.
Per uno di quei paradossi che fanno la Storia, a difendere almeno in parte la Rivoluzione è stato proprio l’uomo simbolo della continuità. Ma anche se evitano sconvolgimenti, la bandiera del realismo e il mito del progresso graduale non nutrono i sogni. Così i figli più giovani della Tunisia di oggi, strozzati dalla crisi economica, continuano a cercar fortuna lontano, a costo di rischiare la vita su un barcone.