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#ReaCT2021 – L’attacco di Vienna e la pista balcanica

di Enrico Casini, Europa Atlantica – Direttore

L’attacco terroristico a Vienna, del 2 novembre 2020, rivendicato dal gruppo terrorista Stato Islamico, ha riportato l’attenzione, oltre che sull’organizzazione terroristica, anche sulla sua presenza in Europa e i possibili legami nei Balcani. L’attentatore ucciso, secondo quanto rivelato dalle autorità austriache, era un giovane ventenne di nazionalità austro-macedone, che già nell’aprile del 2019 era stato condannato a 22 mesi di carcere per aver cercato di raggiungere la Siria e unirsi alle milizie di ISIS. Fejzulai Kujtim, definito secondo quanto riportato dalle agenzie un “soldato del califfato”, viene identificato dagli organi di propaganda dello Stato islamico con il nome di battaglia “Abu Dujana al-Albani”. Nei giorni successivi alla sua morte sono emersi altri elementi su di lui, non solo relativi al suo processo di radicalizzazione, ma anche i suoi presunti legami con un network di jihadisti di origine balcanica i “Leoni dei Balcani”. Infatti, non solo aveva già cercato di unirsi alle milizie jihadiste in Siria in passato, ma avrebbe avuto legami con il Kosovo e con questa presunta rete di jihadisti presente in Europa.

Questa vicenda ha riproposto il tema della presenza jihadista nell’area dei Balcani, tema noto da tempo alle agenzie di intelligence europee e agli esperti della materia. I paesi della penisola Balcanica, Bosnia-Herzegovina, Macedonia del Nord, Albania, Kosovo, Montenegro, sono da tempo interessati dal fenomeno e dalla presenza di soggetti jihadisti, tanto da aver fatto temere, per la loro posizione geografica nel cuore dell’Europa, di poter diventare una sorta di potenziale hub logistico per il jihadismo verso il Vecchio continente. Del resto, la presenza di veterani del jihad nei Balcani è datata fin dai tempi delle guerre jugoslave degli anni Novanta, ed è confermata sia dai flussi e dai numeri di foreign fighters partiti da questi paesi, che dalle inchieste che hanno rivelato la presenza di reti e di legami tra jihadisti di origine balcanica in Europa.

Secondo uno studio del Combating Terrorism Centre di West Point, “Western Balkans Foreign Fighters and Homegrown Jihadis: Trends and Implication”, di Adrian Shtuni, i foreign fighters partiti dalla regione tra il 2013 e il 2016 sarebbero stati circa 1070, tra cui un alto numero anche di donne e bambini: di questi sembrerebbe che circa 460 abbiano fatto ritorno. La presenza di jihadisti balcanici nella fila dello Stato Islamico era nota, anche tra le unità di combattenti monoetniche. Non a caso lo Stato islamico aveva in passato investito con campagne ad hoc, anche nel reclutamento di jihadisti balcanici, si ricordi il celebre video “Honor is in Jihad” cercando di soffiare sul fuoco del risentimento e delle fratture storiche presenti in questa regione da secoli, più volte sconvolta da confliti di matrice religiosa, e sempre pronte a innescare reazioni violente o forme di estremismo diverse.  Preoccupa molto la diffusione dell’ideologia jihadista nell’area insieme ad altre forme di estremismo violento, che con l’attuale crisi sanitaria potrebbero essersi accresciuti affondando sul terreno fertile dato da crisi economica e risentimento, favorendo altre nuove tensioni.  A prescindere dal caso di Vienna, e dalle inchieste che hanno coinvolto anche il nostro paese in passato, indubbiamente la minaccia della presenza di jihadisti e della diffusione di forme di radicalismo islamista violento in alcune zone della regione balcanica, a partire anche da zone meno attenzionate, è un tema con cui fare i conti e che riguarda non solo i paesi balcanici.

Come la storia ci ha insegnato in più occasioni, i Balcani restano un crocevia strategico nel cuore dell’Europa, ma anche terra di incontro e confronto tra culture, popoli, religioni diverse, attraversata però anche da rivalità su cui spesso, nella storia, si sono inserite anche le mire e le ambizioni di potenze medie e grandi. Potenze rivali che anche oggi, su questa regione, cercano di allungare la propria influenza, talvolta approfittando anche delle sue divisioni e delle sue fragilità. In questo contesto, la minaccia jihadista nei Balcani è oggi ancora viva e presente e potrebbe covare, come fuoco, sotto la cenere, in attesa di mostrarsi e colpire, mettendo a rischio la sicurezza dell’area e del resto d’Europa.

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