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Proxy War: il ruolo di Teheran nello scacchiere mediorientale

Proxy War: il ruolo di Teheran nello scacchiere mediorientale

Attualmente, chiunque osservi il coinvolgimento dell’Iran nel Medio Oriente non può ignorare le complesse dinamiche in atto. Nel corso degli anni, Teheran ha sostenuto diversi gruppi regionali, influenzando gli sviluppi nel teatro mediorientale senza farsi coinvolgere direttamente in operazioni militari. Con astuzia, l’Iran ha tessuto una rete intricata di proxies in vari paesi, utilizzandoli come strumenti per perseguire i propri interessi strategici a medio e lungo termine.

Medioriente: attacco mirato statunitense in Siria contro obiettivi iraniani.

Medioriente: attacco mirato statunitense in Siria contro obiettivi iraniani.

Il presidente Joe Biden ha ordinato attacchi alle due strutture utilizzate dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane e dai gruppi di milizie da queste sostenuti, avvertendo che gli Stati Uniti sono pronti ad adottare ulteriori misure se gli attacchi da parte dei proxy dell’Iran dovessero continuare. Un chiaro segnale di posizionamento statunitense in funziona di deterrenza all’ipotesi di escalation orizzontale del conflitto in Medioriente.

Il richiamo di Hamas e il rischio di terrorismo. Il commento del direttore C. Bertolotti a TGCOM 24

Il richiamo di Hamas e il rischio di terrorismo. Il commento del direttore C. Bertolotti a TGCOM 24

Dopo gli attacchi terroristici operati da Hamas e il Jihad Islamico nel sud di Israele, e dopo la violenza inaudita utilizzata contro civili inermi, sembra che si stia riproponendo il metodo jihadista utilizzato all’epoca aurea del Califfato. Questo ha riacceso gli animi dei così detti lupi solitari in Europa. Che rischi di emulazione si corrono sulla base di quanto accaduto in Francia e Belgio?
Il terrorismo jihadista, così come l’abbiamo conosciuto nel corso degli ultimi anni, ha avuto la sua massima espressione di violenza nel periodo 2015-2017, in concomitanza con l’espansione dello Stato islamico in Siria e in Iraq. Anche grazie all’amplificazione massmediatica, lo Stato islamico riuscì ad attirare una serie di reclute, di adepti, ma anche semplicemente a ispirare soggetti che poi colpirono in suo nome, pur senza fare parte dell’organizzazione. Dal 2018, gli attacchi terroristici sono diminuiti e si sono stabilizzati su numeri comunque importanti per l’Europa. Parliamo di 18, 20 attentati all’anno, spesso fallimentari e con una bassa attenzione mediatica. Azioni che non hanno alimentato l’effetto emulativo.
Oggi, al contrario, ci troviamo di nuovo in una situazione simile a quella del 2015-2017: non c’è più lo Stato islamico che si impone mediaticamente, ma c’è la guerra, la contrapposizione fra israeliani e Hamas.
La guerra tra Israele e Hamas è un grande evento che, purtroppo, alimenta la minaccia potenziale – sempre in attesa di essere attivata – di singoli soggetti emulatori, i quali aspirano a essere riconosciuti come mujaheddin ed eventualmente shahid (martiri) imponendo, attraverso la violenza, il messaggio jihadista del “noi contro voi”.
La fabbrica dell’odio – se così possiamo chiamarla – è però sempre rimasta attiva, non si è mai fermata, con riferimento a ciò che avviene in un mondo parallelo, quello virtuale del Web dove la fabbrica dell’odio non soltanto esiste, ma si consolida lentamente. Un mondo parallelo, nel quale tutto viene inteso e interpretato in maniera assoluta e trasformato in una visione del mondo a senso unico. Chi entra in questa bolla virtuale, alla fine crede di essere portatore di un’istanza di massa contro l’Occidente, che inevitabilmente diventa il nemico da abbattere. Più dei luoghi fisici, cioè più delle moschee e più dei centri sociali di incontro dei radicalizzati, il Web è così diventato da molto tempo il terreno di confronto e di raccolta di informazioni degli estremisti.

Israele: una guerra diversa. Il punto della situazione e l’analisi

Israele: una guerra diversa. Il punto della situazione e l’analisi

Questa guerra sarà diversa da quelle affrontate negli anni precedenti Perché a differenza delle precedenti rischia di sfociare in una guerra regionale in grado di coinvolgere l’Iran, la Siria, il Libano e gli Stati Uniti, e di allargarsi ulteriormente con strascichi di lungo periodo difficili da prevedere.
L’allargamento regionale del conflitto, da un punto di vista razionale in realtà non è auspicato da nessuno, in primo luogo da Hezbollah e dal Libano a causa del rischio di implosione economica e sociale dello stato libanese, con il rischio di una nuova guerra civile. Ma neanche l’Iran vuole dare il via a un’escalation che allarghi il conflitto. Ma da un punto di vista emotivo c’è sempre il rischio che le parti siano spinte o si lascino trascinare verso una crescente partecipazione alla guerra contro Israele e questo rappresenterebbe un punto di non ritorno che determinerebbe la ridefinizione violenta degli equilibri dell’intero vicino e medioriente.

Israele: la risposta e lo scenario di guerra

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Nelle intenzioni di Hamas, è l’escalation di violenza il risultato fortemente voluto e ricercato dal gruppo terrorista palestinese. E questo perché è l’unica opzione per far rivoltare le opinioni pubbliche dei paesi arabi nei confronti delle rispettive leadership di governo